mario draghi joe biden
Alessandro Barbera per “la Stampa”
Tralasciamo per un momento le cerimonie, gli incontri utili a pensare al futuro, le parole di elogio di chi sta per lasciare il palco. Il viaggio di Mario Draghi a New York si consuma negli ultimi giorni di una campagna elettorale che ha ormai valicato i confini nazionali. Da una parte «la pacchia è finita» di Giorgia Meloni e il voto in Europa di Lega e Fratelli d'Italia a favore dell'Ungheria di Viktor Orban.
DRAGHI SALVINI
Dall'altra le dichiarazioni avventate di un funzionario dell'amministrazione americana e ora l'augurio della Spd tedesca che teme l'avvento della destra al potere. Il premier è stretto con qualche imbarazzo fra due fuochi. Da un lato deve garantire la continuità istituzionale dell'Italia agli occhi del mondo, dall'altra è tenuto a difendere l'autonomia di un Paese che va al voto fra molti tentativi di condizionamento. Quelli russi forse, di certo quelli delle cancellerie che temono l'approdo della destra a Palazzo Chigi.
SALVINI DRAGHI
L'ultima conferenza stampa del premier a Roma - giovedì scorso - è stata tutto fuorché cauta nei toni. E però parlare in Italia è cosa molto diversa dal farlo all'estero, soprattutto nelle ore che precedono il voto. Non ci si può concedere battute sui «pupazzi prezzolati» (leggasi Matteo Salvini) o verso Giuseppe Conte, l'altro leader mai granché tollerato da Draghi, né prima, né durante l'esperienza da premier.
I toni ora devono essere felpati, composti, di chi sa che fuori dei confini si mette in gioco l'interesse nazionale del Paese. Nel discorso che ha preceduto la consegna del "Appeal of Conscience Foundation" guidata dal rabbino di New York Arthur Schneier, Draghi ieri ha fatto una lunga e retorica digressione sull'importanza del dialogo e della cooperazione come unica strada «per affrontare i problemi globali».
mario draghi joe biden g20 9
Ora, poiché si parla di cooperazione fra democrazie, non può che essere fondata sui valori: «Democrazia, stato di diritto, rispetto dei diritti umani, solidarietà». La battuta rappresenta perfettamente l'imbarazzo del premier pro tempore: non può criticare apertamente il voto in Europa dei due partiti di destra a favore di Orban e contro il rispetto dello stato di diritto, dall'altra ne prende apertamente le distanze.
Draghi in queste ore non è l'unico a farlo. Le parole fredde del Cavaliere sul voto di Lega e Fratelli d'Italia a Strasburgo la settimana scorsa, l'insistita adesione ai principi dell'Unione e alla fedeltà all'Alleanza atlantica sono la cartina di tornasole di quanto quel voto abbia alimentato le preoccupazioni delle altre cancellerie sul governo che verrà.
CONTE DRAGHI
Ma mentre Meloni cerca di minimizzare e tenta di tenere in piedi il doppio registro - di lotta e di governo, si sarebbe detto una volta - Salvini si mostra sfrontato. Ieri ha fatto sapere di aver ricevuto un messaggio «affettuoso» di Marine Le Pen, la più filorussa dei leader europei dopo Orban. Da lunedì, risultati alla mano, la destra dovrà decidere da che parte stare e in nome di quali equilibri. Una cosa è certa: più aumentano le preoccupazioni dei partner europei e americani per la continuità italiana in politica estera, più aumentano le voci - a Roma e non solo - per un futuro incarico a Draghi.
Tralasciamo l'ipotesi del bis a Palazzo Chigi, se non nella remota ipotesi che il centrodestra non ottenga una maggioranza chiara e si divida subito dopo il voto. L'agenda di incontri (non ancora resa pubblica) del premier lascia spazio alle congetture su possibili approdi internazionali. Lo staff di Palazzo Chigi annuncia incontri ed eventi "a margine dell'Assemblea generale" delle Nazioni Unite. Forse con Joe Biden, o il francese Emmanuel Macron. Per essere un leader prossimo al riposo, l'impressione è viceversa di un certo attivismo.
GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI
C'è chi lo vede già al posto di Charles Michel al Consiglio europeo, altri sono convinti non disdegnerebbe la guida della Nato o ipotizzano un incarico alla Banca mondiale (tradizionale appannaggio americano) o ancora al Fondo monetario, non appena scadrà il mandato di Kristalina Georgieva. Finché non sarà nuovamente l'ora per altro, a Draghi resterà comunque l'ingrato compito di fare da scudo all'immagine dell'Italia in giro per il mondo. Un po' quel che sperava di fare al posto di Sergio Mattarella al Quirinale, se non si fosse trovato davanti il muro dei partiti che, alla prova dei fatti, non sostennero la sua candidatura.-