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    UN DRAGHI TRA DUE LETTA: IL FUTURO DI GOVERNO E QUIRINALE PASSA DA ZIO GIANNI E ENRICHETTO. L’EMINENZA AZZURRINA E IL NIPOTE SEGRETARIO DEM HANNO IDEE OPPOSTE SULLA SUCCESSIONE DI MATTARELLA – E’ IN OGNI CASO PROBABILE CHE IL 31 DICEMBRE DRAGHI POSSA DECRETARE LA FINE DELLO STATO D’EMERGENZA. IL SUCCESSO DELLA CAMPAGNA VACCINALE, IL PNRR CON LE ULTIME RIFORME COLLEGATE, LA LEGGE DI BILANCIO CONSENTIRANNO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI METTERE IN SICUREZZA I CONTI PUBBLICI E DI CENTRARE IN MENO DI UN ANNO TUTTI GLI OBIETTIVI. A QUEL PUNTO…


     
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    Max Weber per Mf- Milano Finanza

     

    draghi draghi

    Mesi fa, su questo giornale, fummo tra i primi ad affermare che «Con Draghi al Quirinale l'Italia entrerà nella Quinta Repubblica alla francese». Si può, oggi, affermare ancora lo stesso? In marzo, si argomentava che l'elezione di Draghi al Colle avrebbe costituito l'unico e necessario modo per dare continuità all'azione del suo governo e assicurare alle cancellerie europee e atlantiche, agli investitori globali, alle istituzioni economiche e finanziarie che, per almeno sette anni, l'Italia sarebbe stata guidata al meglio; dal Quirinale, con l'autorevolezza di un de Gaulle, anche dopo che gli elettori avrebbero eletto il nuovo Parlamento.

     

    I quattro mesi che ci separano dalla prima convocazione del Parlamento in seduta comune metteranno alla prova protagonisti, kingmaker e comprimari. Innanzitutto Sergio Mattarella e Mario Draghi. Il presidente in carica già da molto tempo esclude una sua rielezione, ma è stato il primo protagonista, con la designazione di Draghi lo scorso 2 febbraio, dello scenario che si va delineando.

     

    Mario Draghi Mario Draghi

    In quella occasione, una volta fallito il tentativo Fico, Mattarella affermò che le Camere non potevano essere sciolte perché «entro il mese di aprile dovrà essere presentato in Commissione il piano di utilizzo dei fondi europei ed è fortemente auspicabile che avvenga prima di tale scadenza per non rischiare di perdere queste risorse. Non possiamo mancare questa occasione fondamentale per il nostro futuro». E ancora: «Ci troviamo nel pieno della pandemia. Il contagio del virus è diffuso e allarmante; e se ne temono nuove ondate nelle sue varianti. Va ricordato che le elezioni non consistono soltanto nel giorno in cui ci si reca a votare ma includono molte e complesse attività precedenti per formare e presentare le candidature».

     

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    Draghi nell'accettare la designazione affermò invece che «è un momento difficile, la consapevolezza dell'emergenza richiede risposte all'altezza della situazione. Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai cittadini sono le sfide che ci confrontano», aggiungendo: «Abbiamo a disposizione le risorse straordinarie dell'Ue, abbiamo la possibilità di operare con uno sguardo attento alle future generazioni e alla coesione sociale».

     

    E' importante ricordare esattamente i termini del mandato conferito da Mattarella e accettato da Draghi. È un mandato che, probabilmente, si esaurirà il prossimo 31 dicembre, perché gli unici due obiettivi, che erano anche i due ostacoli allo scioglimento delle camere, saranno stati raggiunti. Il Pnrr è stato presentato in tempo, le ultime riforme collegate, giustizia civile, fisco, concorrenza e antitrust, saranno varate entro ottobre e la legge di bilancio consentirà al presidente del Consiglio di consolidare il robusto percorso di crescita ormai avviato, mettendo così in sicurezza i conti pubblici. Il deciso impulso a una campagna vaccinale comunque di successo potrebbe anche decretare la fine dello stato di emergenza al 31 dicembre, con la pandemia messa sotto controllo in pieno inverno.

    angela merkel mario draghi angela merkel mario draghi

     

    A quel punto le forze politiche dovrebbero prendere atto che gli obiettivi posti a base del governo istituzionale di larghe intese voluto da Mattarella sarebbero stati raggiunti, in meno di un anno, da Draghi e dalla sua coalizione. Alcuni pensano perciò che avrebbe poco senso costringere Draghi, il principale artefice di tutto ciò, a rimanere a Palazzo Chigi in un anno elettorale in cui l'attuale maggioranza sarebbe preda di scontri e divisioni continue, per poi farlo accomodare ai giardinetti. Lo si può mandare al Quirinale e sarebbe cosa buona e giusta e una robusta assicurazione per il Paese; ma arriverà comunque l'ora di ridare la parola ai cittadini. Altri credono invece che il premier dovrebbe rimanere in carica fino al 2023. Comunque vada a finire, non sarebbe male che le forze politiche raggiungessero presto un'entente cordiale per riprofilare gli schieramenti in vista della campagna elettorale nazionale. E lavorare alla leadership delle coalizioni, ai programmi, alle classi dirigenti, ai candidati. Per essere all'altezza di quanto abbiamo visto in meno di un anno a Palazzo Chigi.

    mario draghi 1 mario draghi 1

     

     

    UN DRAGHI TRA DUE LETTA

    Estratto dell'articolo di Carlo Tecce per espresso.repubblica.it

     

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    Ben saldo nella sua posizione migliore, a quattro mesi dalla nomina del presidente della Repubblica, a Draghi capita il momento Letta, doppio Letta, il nipote Enrico, lo zio Gianni. L’ultimo segretario del Partito democratico. L’ultimo custode di Forza Italia. Una coppia eterogenea seppur imparentata, dai metodi più felpati dell’indossatore di felpe, già in auge il secolo scorso, e pazienza, qui in Italia le repliche fanno ascolti sicuri.

     

     

    draghi enrico gianni letta draghi enrico gianni letta

    In modo diverso, Enrico e Gianni hanno vinto alle urne. Enrico si è candidato a Siena alle suppletive per la Camera e, per la forma, ha candidato i sindaci dem già eletti di Napoli, Milano, Bologna. Gianni non si candida mai e perciò ha un mandato senza scadenze nei luoghi di accordi e trattative. Come spiegare Gianni Letta ai ventenni per abbattere il limite dei millecinquecento lettori che per Enzo Forcella ingabbia i giornalisti quando scrivono di politica. Ci si prova.

     

     

    maurizio landini mario draghi maurizio landini mario draghi

    (...) Gianni Letta, che ha ripreso a frequentare Palazzo Chigi, ha un’antica consuetudine con Mario Draghi, un rapporto attuale che va oltre la sempre citata indicazione di Draghi per la Banca centrale europea. Anche Enrico Letta ha una profonda conoscenza di Draghi, ai ventenni va ricordato che il giovane Enrico classe ’66 era ministro per le politiche comunitarie nel governo di Massimo D’Alema nel 1998, e quindi non ha quella postura deferente, di pelosi ossequi, che ha contaminato gran parte dei politici e dei cosiddetti opinionisti alla sola apparizione di Draghi. 

     

    (...)

     

    Questa lunga premessa serve a decifrare il futuro del governo Draghi e del prossimo successore di Sergio Matterella: Gianni Letta agirà per Draghi, Enrico Letta non agirà contro Draghi. Però calma: è vero che nelle vicende di Enrico e Gianni ci sono dei punti che sanno di replica, ma il racconto non può cominciare dai titoli di coda. Dal Colle.

     

     

    MARIO DRAGHI - FILIPPO ANDREATTA - ENRICO LETTA MARIO DRAGHI - FILIPPO ANDREATTA - ENRICO LETTA

    Enrico Letta non controlla ogni anfratto del Pd. Nessuno ci è riuscito mai e si inizia a pensare che la stessa composizione del Nazareno imponga le correnti, i capetti e gli aspiranti tali. Enrico Letta ha conquistato totalmente la sensazione che ogni anfratto del Pd sia sotto il suo più rigido controllo. L’esatto contrario di ciò che era successo a Zingaretti, dimissionario per sfinimento da impotenza.

     

     

    Il controllo dei gruppi parlamentari è totale, e la guerriglia interna si è risolta con un graduale e coordinato disarmo. Per dire, Letta ha gestito una campagna elettorale corale che ha coinvolto l’estremo Stefano Bonaccini e l’estremo Nicola Zingaretti. Le prefiche renziane, come l’ex capogruppo Andrea Marcucci, recitano la propria nenia senza suscitare un fastidio eccessivo. La decadenza di Salvini libera il Pd di Letta da un equivoco: non è più sufficiente ripetere che «il governo di Draghi è il nostro governo», va dimostrato. Non è facile. Si deve essere convinti per convincere gli altri. Adesso conviene al Pd di Letta intestarsi un governo popolare che si muove fra denaro e speranze dopo la pandemia. Però il voto di Milano e Napoli non ha cambiato la distribuzione dei parlamentari e i dem rappresentano circa il 12 per cento.

    ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA

     

     

    Letta vuole insistere con i temi sociali e civili, spingere il Nazareno più a sinistra, anche rischiare, perché non gli si potrà rinfacciare di essere un ex comunista: presidia un territorio politico che può ospitare i Cinque Stelle e Sinistra Italiana e le associazioni, e i movimenti, e il volontariato. Vuole mettere su una coalizione per guidare l’Italia. Rientrare a Palazzo Chigi dopo la traumatica uscita con Matteo Renzi. Un piano ambizioso di lenta maturazione: Giuseppe Conte cresce e non evapora nei 5S, sparisce l’anarchia nel Pd, si fondono nostalgici e progressisti. Enrico il tempo lo guadagna se la legislatura arriva al termine previsto del 2023 e il governo di Draghi dura fino al 2023 e poi il medesimo Draghi espatrierà per offrire il suo blasone all’Unione europea con qualche incarico di prestigio.

     

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    Questo esclude Draghi dalla corsa al Colle e lo inchioda a Palazzo Chigi nella terrificante parentesi che va dalla scelta del presidente della Repubblica (febbraio 2022) allo scioglimento delle Camere (marzo 2023) con i partiti in assetto da propaganda feroce. Cosicché alla fine del biennio di governo Draghi sarà talmente consunto che non gli resterà che riporsi nella teca dei grandi d’Italia fra Camillo Benso di Cavour e Alcide De Gasperi.

     

     

    A sorreggere il programma di Enrico Letta ci ha pensato Giorgia Meloni, ancora turbata per l’esito elettorale di Fratelli d’Italia, discreto, diluito in una pessima prestazione del destracentro: portiamo Draghi al Quirinale e poi votiamo. Letta può ribattere: no, grazie, la destra vuole indebolire il governo. «È necessario per L’Italia e l’Europa che Draghi completi la legislatura e faccia le riforme. Dopo sarà fondamentale», precisa all’Espresso, «ripristinare la dinamica bipolarista con il centrodestra e il centrosinistra. Non abbiamo paura che Salvini e Meloni se ne approprino».

    gianni letta foto di bacco gianni letta foto di bacco

     

     

    Questo argine regge se il centrosinistra immaginato dal nipote Enrico è capace di formulare una proposta unitaria per il Quirinale con i 5S di Conte: per affetto e simboli - lavare l’onta dei 101 traditori del 2013 - è Romano Prodi il principale indiziato. Invece a zio Gianni spetta il compito di organizzare il futuro più comodo per Draghi: il trasloco al Quirinale con un governo che conduca al voto nel 2023 oppure un prolungamento del settennato di Sergio Mattarella per una staffetta (complessa) con Draghi in un giorno del calendario non indicato. Il nipote Enrico e lo zio Gianni divergono su Draghi, non sul modello di Italia: un governo con ampie intese e varietà che lascia all’addiaccio i sovranisti Salvini e Meloni e dentro, al caldo, l’intera stirpe Letta. Per gustarsi ancora la replica vincente.

    gianni letta foto di bacco (4) gianni letta foto di bacco (4)

     

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