Federico Ercole per Dagospia
DRAGON QUEST XI ECHI DI UN’ERA PERDUTA, L’EPOPEA DEL VENTUNESIMO SECOLO 4
Tutte le grandi storie richiedono tempo per essere lette, viste e ascoltate, anche se si tratta di una breve favola o di una novella esemplare. Non si tratta solo del tempo necessario per la loro effettiva fruizione ma di quello che serve per interiorizzarle, adattarle alla propria esperienza di vita e viverle ancora nel proprio intimo, nei sogni.
Dragon Quest XI Echi di un’Era Perduta è invece un’epopea elettronica giapponese dalla lunghezza smisurata e trattandosi di un videogame, appena uscito per Playstation 4, la sua assimilazione nel profondo è più immediata e contemporanea allo svolgimento dell’esperienza interattiva di gioco, poiché sono necessari pochi minuti per agirvi all’interno, esservi catturati con una potente suggestione ipnotica e vagare nel suo rigoglioso immaginario beatamente convinti di vivere in un altrove alternativo e magico. Potenza astrattiva del gioco di ruolo e dei ruoli.
E’ ovvio che non sia sempre così quando si tratta di intrattenimento elettronico, ma la grandezza pittorica, ludica, musicale e diegetica di Dragon Quest XI, che vi farà viaggiare per oltre cento ore nel suo mondo favoloso, è innegabile e vi proietterà lieti in una dimensione epica, talvolta illuminata da una comicità che non esclude tuttavia dolorosi apici tragici.
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L’ARTE MANGA DI AKIRA TORIYAMA
Prodotto da Square-Enix e creato da Yuji Hori, Dragon Quest XI -la cui numerazione è da intendere in senso sinfonico perché si tratta di un’opera originale e condivide solo rarissimi aspetti con i videogiochi che la precedono- è ancora una volta disegnato con maestria nipponica da Akira Toriyama. Il maestro di Arale e Dragon Ball dall’estetica inconfondibile, così sensuale e sublime, a tratti tenera e spesso mostruosa, ha disegnato con il suo studio centinaia di modelli, oltre quelli dei personaggi principali, e capita di restare ad osservare meravigliati la comparsa di una nuova creatura, senza agire sul controller della Playstation, deliziati o inorriditi dalla sua originalità e dalla fantasia che illumina le sue fattezze.
DRAGON QUEST XI ECHI DI UN’ERA PERDUTA, L’EPOPEA DEL VENTUNESIMO SECOLO 1
Il bestiario dell’undicesimo Dragon Quest è immenso, di una varietà travolgente, e dai nemici più buffi e risibili vira verso creature orripilanti oppure maestose, animate con arte e realismo fantastico. Dalle gelatine ridenti con gli occhioni allucinati agli aracnidi titanici e scarificati da cicatrici secolari, dagli “ejzenstejniani” cavalieri pseudo-templari agli zombi bavosi, dai petrosi golem torreggianti alle tigri licantropo con un umano e bestiale viso scarlatto che emerge dalle fauci spalancate. Ogni nuovo incontro è una sorpresa.
DECAMERONE FANTASY
L’intreccio di Dragon Quest XI comincia con un luogo comune dell’epica fantasy che possiede tuttavia il suo fascino ancestrale, addirittura biblico: un neonato principe, riconosciuto come il novello eletto per scongiurare una prossima apocalisse delle tenebre a causa del simbolo sul suo braccino di infante, è il bersaglio di un esercito di demoni che rade al suolo il regno dove è nato e massacra il suo popolo. La madre, sacrificandosi, riesce comunque a salvare il bimbo ponendolo su una culla lasciata a galleggiare sulla superficie placida di un fiume. Un pescatore troverà il bambino e lo alleverà amorevole dopo qualche anno.
Nel giorno della maggiore età dell’orfano il gioco comincia davvero. Inizia così un viaggio attraverso un mondo immenso alla ricerca delle proprie origini, inevitabilmente vittime del male sorgente, la cui cronaca numerica si svincola quasi subito dai clichés del genere per sconvolgere chi la esperisce con imprevisti ed efficaci colpi di scena. Una storia che è una gigantesca cornice per innumerevoli racconti, così che Dragon Quest XI, nella tradizione trentennale dei suoi predecessori, compone un prezioso “nippo-decamerone” fantastico.
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Non siamo soli durante questa epopea salvifica ma ci accompagnano personaggi iconici per il loro carisma e la raffinatezza della loro ideazione: le belle maghe gemelle dalle trecce bionde Serena e Veronica, salvo che quest’ultima per incanto è divenuta una bambina; l’acrobata e meraviglioso giullare Sylvian; il ladro galantuomo Erik dai capelli blu; la bellissima Jade lottatrice di arti marziali, erotizzante malgrado la sua severità, e il vetusto ma gagliardo, saggio Rab.
CLASSICISMO SFRENATO
Dragon Quest XI, malgrado il suo contemporaneo fulgore grafico, è un gioco di ruolo giapponese classico. Quindi richiede pensiero strategico e abnegazione per viverlo al suo meglio e può risultare di una lentezza soverchiante per chi è abituato alla frenesia dell’oggi videoludico. Ci sono da combattere migliaia di battaglie rigorosamente a turni e quindi mai scervellate, bisogna esplorare a fondo spazi immensi ma sempre comunque suggestivi e trascorreremo molto tempo nelle pagine delle statistiche dei personaggi per potenziarli ed equipaggiarli. Sono necessarie ore per dialogare con gli abitanti delle molte città che raggiungeremo, ma è rara che dicano banalità. Se amate il genere, Dragon Quest XI è uno dei migliori giochi di ruolo del Sol Levante mai realizzati; sicuramente, assieme a Octopath Traveler e Xenoblade Chronichles 2, forse oltre questi, il migliore di questa generazione di hardware da gioco.
DRAGON QUEST XI ECHI DI UN’ERA PERDUTA, L’EPOPEA DEL VENTUNESIMO SECOLO
“Anime” interattivo per la qualità grafica del suo disegno, musicato da Koichi Sugiyama con il solito chimerico piglio straussiano-rossiniano e suonato dall’orchestra sinfonica di Tokyo, Dragon Quest XI Echi da un’Era Perduta (quella del gioco di ruolo giapponese nell’età d’oro della sua classicità?) è un’opera d’arte elettronica che si inserisce nel fiume pop dell’epica oltre-moderna, un racconto universale sul bene, il male e i loro ingannevoli confini, godibile e amabile, come quasi tutte le opere più alte, sia da un pubblico di adulti che da quello dei bambini; a chiunque lo ami lascerà qualcosa che egli potrà ritrovare successivamente, una volta conclusa l’avventura, durante il sonno o la veglia. Il ricordo di un’immagine, di una parola, di un luogo, di una piccola storia, di donne, uomini e creature, fittizie è vero, solo numeri, eppure così vive nel loro (nostro) mondo.