Marco Carta per ''Il Messaggero''
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Un tentato suicidio nella zona del Golden Gate a San Francisco. La roulette russa con una calibro 32. E la boxe «per sentirsi più uomo». Senza dimenticare le droghe. A Elder Finnegan serve «un trattamento psicologico e psichiatrico». Ma, al momento dell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, il giovane americano «si rendeva conto di quello che stava facendo». Quindi è «imputabile». Al processo in Corte d'Assise ieri è stato il turno dei professori Stefano Ferracuti e Vittorio Fineschi, che hanno illustrato la perizia psichiatrica disposta dal tribunale di Roma nei confronti di Finnegan Lee Elder, accusato insieme con Gabriel Natale Hjorth, dell'omicidio del vicebrigadiere, ucciso con 11 coltellate il 26 luglio dello scorso anno a Roma.
cocaina a forma di croce sull ipad
Un documento di circa 170 pagine dove viene sintetizzata la situazione clinica e psicologica del giovane americano, che secondo i due esperti presenterebbe una «familiarità» con i disturbi psichiatrici. Dall'ossessione per le armi, fino ai diversi tentativi di suicidio. «Il nonno si è suicidato, come anche uno zio» ha confidato ai periti il giovane, venuto in Italia per superare uno dei tanti momenti difficili della sua tormentata vita: «Ha giocato alla roulette russa con una calibro 32 - hanno detto i periti - senza uno specifico motivo, facendo più di un tentativo».
Per questo «la madre gli avrebbe suggerito di fare un viaggio in Europa per distrarsi». A determinare i comportamenti antisociali di Elder, i cui genitori «sarebbero alcolisti», sarebbe un «sentimento cronico di rabbia», tanto che quando aveva 16 anni aveva ferito una persona venendo condannato a due settimane di carcere e 2 anni di messa alla prova. Per ricostruire il tentato suicidio del Golden Gate del giugno 2018, invece, la Corte d'Assise ha disposto l'acquisizione di altri documenti clinici, circa 1600 pagine, inviate alla difesa dagli Usa.
finnegan lee elder
«Elder dice di avere un piano B qualora le cose si dovessero mettere male in seguito alla sentenza», senza però precisare quale sia. «Si rende conto che si è rovinato la vita e che gli dispiace» per il carabiniere, «ma lo dice adesso che sta assumendo psicofarmaci». Secondo i periti, il giovane sarebbe stato capace di intendere e di volere: «Ha più volte affermato - si legge nella perizia - che se avesse avuto cognizione che coloro che li hanno aggrediti erano operanti delle forze dell'ordine, non avrebbe avuto una simile reazione violenta».
Intanto, in attesa della prossima udienza, prevista il 9 settembre, a un anno dall'omicidio, venerdì alle 21 si terrà una fiaccolata in memoria di Cerciello, in via Pietro Cossa, zona Prati. A organizzarla è il Sindacato Italiano Militare Carabinieri «per mantenere vivo il ricordo di Mario, della sua generosità e del suo altruismo».
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