Roberto Bordi per www.ilgiornale.it
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Fermati, arrestati, portati "in una cella puzzolente di urina senza neanche un bicchiere d'acqua" e poi rilasciati con la minaccia di "un anno e mezzo di galera. Ma noi che ne sappiamo se un passaporto o un visto sono validi oppure no?". È scontro tra Italia e Francia dopo che due autisti italiani di un pullman della compagnia Flixbus sono stati fermati a Nizza e portati in cella con l'accusa di trasportare in territorio transalpino una famiglia di origine pakistana senza documenti in regola.
A raccontare la storia è Repubblica, che riporta la testimonianza del segretario della Filt Cgil di Genova, Andrea Gamba, per il quale "il trattamento" subìto dai due autisti italiani è stato "assurdo e vergognoso. Lo segnaleremo al Governo affinché intervenga con una protesta formale".
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Gamba si riferisce a quanto accaduto nella notte di sabato 9 marzo, con l'ennesima provocazione francese nei confronti dell'Italia sulla questione migranti dopo gli episodi di Bardonecchia e Clavière, oltre al recente blitz della polizia francese a Mentone su di un treno proveniente da Ventimiglia. Gabriele Giani e Mario Catani sono due autisti genovesi della compagnia low-cost Flixbus.
Sabato scorso erano partiti da Firenze per raggiungere Barcellona. Nessun problema fino alle 23, quando hanno attraversato il confine tra Francia e Italia. A quel punto è cominciata la loro esperienza da "detenuti in attesa di giudizio".
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Subito dopo avere imboccato l'Escota, l'autostrada della Costa Azzurra, il pullman è stato fermato nei pressi di La Turbie per un controllo della gendarmerie. "Una verifica di routine: i passeggeri che non sono in regola con i documenti vengono presi in consegna dalla polizia. A quel punto l'autobus può riprendere la sua corsa", racconta Catani. Ma quella sera, secondo l'autista, i gendarmi erano stranamente nervosi. A bordo c'è una famiglia pakistana di quattro persone: non hanno i documenti in regola. "Dovete scendere, venite con noi".
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L'abuso di potere della gendarmerie
Ma qualcosa va storto. Il bus rimane fermo diverse ore e sul mezzo l'aria si surriscalda. Una signora s'innervosisce, con lei il figlio di due anni. È a quel punto che scatta il sequestro. "Alle due e mezza siamo stati scortati fino all’aeroporto di Nizza. I passeggeri sono stati fatti scendere per poi entrare in una sala mentre io e il mio collega siamo stati ammanettati e portati in un altro ufficio. Ci hanno perquisito e tolto tutti gli effetti personali, anche i cellulari.
Ci hanno dato un foglio dove era scritto che potevamo fare una telefonata ma non ci è stato concesso. Per fortuna avevamo avvisato i nostri colleghi del gruppo Whatsapp", spiega Catani. Inizia l'incubo, per lui e per il collega Giani.
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"Siamo stati chiusi in due celle distinte, non potevamo neppure parlarci. Né acqua né cibo. Poi all’alba di nuovo le manette e ci hanno caricato su un furgone e portati in una caserma. Sono rimasto fino alle 15 in una cella che puzzava di urina, neppure un bicchiere d’acqua da bere.
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Quando ci hanno rilasciato ci hanno spiegato che eravamo sospettati di aver favorito l’immigrazione illegale. Roba da pazzi, mica siamo poliziotti: non siamo in grado di capire se un passaporto o un visto sono validi", l'incredibile - e condivisibile - racconto dell'autista genovese. Intanto, per fortuna sua e del collega, il sindacato era stato avvertito dell'accaduto mentre Flixbus chiedeva spiegazioni alle autorità francesi.
"Non ci possono trattare così"
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Alle 15, finalmente, Catani e Giani sono stati liberati e hanno potuto fare ritorno a casa. Ma non si capisce se siano stati denunciati per qualche reato legato all'immigrazione clandestina. "Ci hanno solo detto - precisa Catani - che per questa volta non ci sarebbe capitato nulla ma se in futuro dovessero trovare altri clandestini su un nostro bus rischiamo un anno e mezzo di galera.
La nostra società ha avvertito la Farnesina e il consolato a Nizza. Non è possibile che trattino in questo modo dei lavoratori. Senza parlare del disagio creato ai nostri passeggeri che hanno perso appuntamenti e aerei".
Aggiunge Giani: "L’unico compito che spetta all’autista è quello di far salire a bordo persone con un documento. Ma noi non abbiamo né le conoscenze né le competenze per capire se passaporti o visti siano regolari o fasulli. È la polizia che deve accertarlo, non chi guida un pullman".
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