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    DULCIS IN FONDI - DA TIM AD ATLANTIA, I GRANDI FONDI SI PRENDONO LA SCENA FINANZIARIA: 17 MILIARDI DI EURO DI INVESTIMENTI IN UN ANNO TRA TELEFONI E AEROPORTI, CON LE QUOTAZIONI A PIAZZA AFFARI CHE SPINGONO VERSO NUOVE OPERAZIONI - LE MIRE DI KKR, I FONDI CVC E APAX CHE ALLUNGANO GLI OCCHI SULLA PARTE DEI SERVIZI CHE SARÀ SEPARATA DALLA RETE, LA FAMIGLIA BENETTON CHE HA APPENA ANNUNCIATO UN'OPA SU ATLANTIA CON IL FONDO BLACKSTONE…


     
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    Carlotta Scozzari per “La Stampa

     

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    Da Tim ad Atlantia, i grandi fondi si prendono la scena finanziaria. Così, se per ora il gruppo telefonico ha chiuso la porta a Kkr sulla manifestazione d'interesse «non vincolante» di novembre, lo stesso private equity, che già condivide con Telecom Fibercop, potrebbe rientrare dalla finestra nel progetto di rete unica ora nuovamente allo studio tra Tim e Open Fiber attraverso Cassa depositi e prestiti (socia di entrambe e controllata per oltre l'80% dal Tesoro).

     

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    Il tutto mentre i fondi Cvc e Apax allungano gli occhi sulla parte dei servizi che sarà separata dalla rete. E mentre il private equity Ardian ha raggiunto un accordo da 1,3 miliardi di euro per comprare da Tim il 41% della "scatola" che possiede il 30,2% dell'azienda delle torri di trasmissione Infrastrutture Wireless Italiane (Inwit).

     

    Poi c'è la famiglia Benetton, che ha appena annunciato un'Opa (offerta pubblica di acquisto, ndr) su Atlantia con il fondo Blackstone. Quest' ultimo è lo stesso soggetto che, in cordata con Cdp (al 51%) e Macquarie (già socia di Open Fiber), si appresta a pagare 8 miliardi per rilevare Autostrade per l'Italia (Aspi) proprio da Atlantia.

     

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    Senza contare che Blackstone, l'estate scorsa, guidava il consorzio che ha comprato da Autogrill le attività autostradali statunitensi, operazione che ha fruttato all'azienda controllata al 50,1% dalla famiglia di Ponzano Veneto una plusvalenza di 130 milioni di euro.

     

    L'assalto di Perez

    La mossa per blindare il controllo di Atlantia è arrivata subito dopo che sulla società si era allungata l'ombra di un'offerta da parte del gruppo di infrastrutture spagnolo Acs di Florentino Perez, con i fondi di investimento Gip e Brookfield.

     

    florentino perez florentino perez

    «L'interesse per le società italiane - commenta Innocenzo Cipolletta, presidente dell'Aifi, Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt - è una prova ulteriore che il private equity cresce ed è entrato a pieno titolo nelle grandi operazioni mondiali. In questo momento, i deal maggiori si contano proprio nei settori delle infrastrutture e dei trasporti, perché si ritiene abbiano forti prospettive di crescita».

     

    La fotografia Aifi

    Non a caso, dalla fotografia dell'Aifi emerge che, sui 16,9 miliardi totali investiti in Italia nel 2021 dai fondi, ben 7,67 miliardi siano stati diretti verso le infrastrutture, anche telefoniche e stradali.

     

    ATLANTIA AUTOSTRADE ATLANTIA AUTOSTRADE

    Del resto, Tim fa gola perché ha in pancia attività considerate sensibili come la rete, i cavi sottomarini di Sparkle o la cybersicurezza di Telsy. Mentre Atlantia, dopo la vendita di Aspi con annesso "tesoretto", potrà comunque contare sulla rete autostradale estera, spagnola soprattutto, e sulle attività aeroportuali, che una volta rientrata la pandemia dovrebbero riprendersi.

     

    alessandro benetton alessandro benetton

    Il quadro generale

    In questo contesto, complici anche quotazioni di Borsa che hanno risentito del clima di guerra, gli appetiti dei grandi fondi potrebbero allargarsi ad altre società italiane ritenute strategiche. Ferma restando la possibilità per il governo di «proteggerle» con i poteri speciali del "Golden Power" (cosa tra l'altro già fatta in Tim con i primi soci francesi di Vivendi), c'è chi guarda, per esempio, alla società di ingegneria per petrolio ed energie rinnovabili Saipem: penalizzata dal recente allarme sui conti, oggi vale sul mercato circa 1,1 miliardi di euro.

     

    Ma c'è chi indica anche il gruppo della difesa Leonardo, che, se in Borsa ha beneficiato dei venti di guerra e oggi presenta una capitalizzazione di oltre 5,7 miliardi di euro, viaggia comunque al di sotto dei prezzi prima della pandemia.

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