Giusi Fasano per www.corriere.it
STEFANIA CROTTI
Visto con il senno del poi quel messaggio vocale è grottesco: «Grazie ancora dell’aiuto per la festa. È andato tutto bene» dice la voce di Chiara all’amico Angelo, l’uomo che senza saperlo l’ha aiutata a uccidere Stefania. «Tutto bene», ha avuto il coraggio di dire quella donna alle ore 17.50 del 17 gennaio, il giorno dell’omicidio. E probabilmente mentre lo diceva aveva ancora in macchina il cadavere della rivale in amore.
I 13 giorni di preparazione
Calcolatrice, manipolatrice, spietata. Nel provvedimento di fermo c’è scritto che Chiara preparava la sua vendetta da almeno tredici giorni anche se continua a negare la premeditazione. L’ha uccisa il 17 gennaio ma i messaggi vocali mandati ad Angelo per chiedergli di farle da spalla nel famoso inganno della festa sono del 4 gennaio. Tredici giorni prima del delitto, appunto. «È agevole ricostruire il movente» scrive il pubblico ministero Teodoro Catanati spiegando che Chiara «non aveva saputo accettare la fine della relazione extraconiugale con Del Bello (Stefano, il marito della vittima, ndr) e la riappacificazione di quest’ultimo con la moglie Stefania».
«Deve essere bendata. Altrimenti, niente»
STEFANIA CROTTI
Non poteva permettersi di saperlo di nuovo felice con la moglie. Quella donna alla quale un tempo aveva concesso l’amicizia via Facebook e qualche scambio di messaggi divertenti, ora era diventata la sua nemica numero uno. Lei che tornando a vivere con suo marito l’aveva condannata a essere infelice, doveva pagarla. E così Chiara ha messo a punto la trappola della finta festa.
Ha chiamato l’amico Angelo con il quale aveva avuto una relazione e che non sentiva da un po’: era perfetto perché lui non è di Gorlago e non conosceva Stefania né poteva sapere della rivalità fra le due donne. Gli ha detto: «Con questa donna io ho cattivi rapporti e questa festa serve non solo a suo marito che vuole riconciliarsi con lei ma anche a me per chiarirmi. Se vede dove la stai portando non viene, quindi dev’essere per forza bendata. Se non vuole bendarsi non se ne fa niente».
chiara alessandri e il marito di stefania crotti
«Non l'ho bruciata io»
Il suo piano aveva considerato anche il depistaggio. Chiara ha raccontato durante l’interrogatorio di aver recuperato dalla borsetta di Stefania le chiavi dell’auto e quelle di casa, di averle infilate in una busta e di averle spedite all’indirizzo di casa assieme a una breve lettera che dice in sostanza «non vi preoccupate per me, sto bene». Tanto era presa dalla sua determinazione da non rendersi nemmeno conto di quante tracce stesse seminando mentre attirava Stefania nel suo tranello, mentre la uccideva, mentre caricava il corpo in macchina per abbandonarlo lungo la stradina isolata fra i vigneti della Franciacorta (nel Bresciano).
CHIARA ALESSANDRI
Quando il pm e gli uomini del colonnello Paolo Storoni le hanno messo sotto il naso l’elenco degli indizi lei ha negato, ostinatamente, per ore. Finché non ha parlato con il suo avvocato, Gianfranco Ceci. Poi le ammissioni: la trappola organizzata perché «volevo un chiarimento»,la lite degenerata «perché lei mi ha colpita», la colluttazione, Stefania che «ha battuto la testa contro lo spigolo della porta» e il corpo «abbandonato lì ma io non l’ho bruciato».
Una versione «del tutto inverosimile», valutano gli inquirenti. Che contano sui tabulati telefonici, le tracce di sangue trovate sull’auto, le ferite di Chiara in volto e sulle braccia, i colpi in testa di Stefania «non compatibili» con il racconto dello spigolo. E molto altro ancora. Ce n’è abbastanza per tracciare la personalità di una donna, come dice il fermo, dalla «spiccata pericolosità sociale», tale da rendere «assai probabile» che commetta altri gravi delitti della stessa specie».
Chiara Alessandri CHIARA ALESSANDRI