Tommaso Ciriaco e Fabio Tonacci per repubblica.it
VERDINI BERLUSCONI 2
Denis Verdini è uomo di passioni forti e spietata ironia. E infatti, così comincia la lunga email che il 12 gennaio scorso scrive a Dell'Utri e Confalonieri, due amici della prima ora: “Caro Marcello, Caro Fedele, è stata davvero una bella mattinata nella quale alcuni ‘vecchietti arzilli’, come quelli di Cocoon, hanno ritrovato il gusto del sogno. Ed è stato bello sognare di mandare Silvio al Quirinale e pensare agli innumerevoli suicidi dei vari Travaglio, Gruber, Zagrebelsky…”.
E' solo il primo di una serie di impietosi passaggi contenuti in uno dei suoi celebri “memo” riservati, spediti ogni settimana ad amici selezionati. Usanza che neanche gli arresti domiciliari per il crac del Credito cooperativo fiorentino hanno interrotto.
VERDINI BERLUSCONI 2
Di fronte allo scenario del Cavaliere al Quirinale, il fu gran cerimoniere degli intrighi berlusconiani, accarezza l’emozione del riscatto. Paragrafo dopo paragrafo, nell'email pubblicata dal Tirreno l'ex senatore di Ala si cala nei panni di Berlusconi, alla ricerca disperata di voti dell’altra sponda. E quasi ringiovanisce, mentre dispensa i trucchi del mestiere, con generosità figlia dell’antico legame. “Mi permetto di suggerirvi di passare dai numeri garantiti da sedicenti portatori di voti, ai nomi. Questo servirà a far scoprire le carte e ad evitare che vi vendano due volte la stessa merce. E di assegnare a costoro una ‘firma’ riconoscibile”.
Sostanzialmente è un lungo e dettagliato vademecum per una sfida che lui stesso considera complessa, ai limiti dell'impossibile. Da combattere, ma ben sapendo che bisogna evitare al Cavaliere l’onta della sconfitta e ai moderati la disfatta ingloriosa: “In trent’anni – ricorda - il centrodestra mai è stato così vicino, nei numeri, a poter conseguire un risultato che mai ha ottenuto”.
dell'utri verdini confalonieri
L’appunto inizia come un flusso di coscienza. Riga dopo riga, emerge una tensione che quasi porta a spezzare la corda, l’eterno pendolo tra le ragioni del cuore e l’imperativo della famiglia: l’affetto per Silvio e quello per Matteo (nel senso di Salvini, fidanzato con la figlia di Verdini). “Il nostro Presidente ha la legittima ambizione di coronare il suo straordinario percorso”, premette, e “nessuno nel centro-destra può negargli questa opportunità”. Pd e 5S, ragiona Verdini, hanno già alzato barricate e “potrebbero essere tentati dalla soluzione dell’Aventino”, che già nel 2013 fece implodere il Nazareno con lo psicodramma dei 101 franchi tiratori. Berlusconi può provarci, anche perché “il Presidente ha dato informalmente ‘certezze’ su presunte disponibilità di voti o pacchetti di voti in suo favore, al di fuori del centrodestra”. Tutto questo a un patto, ed è qui che entra in gioco la famiglia: “Credo che in questa fase si possa pretendere la lealtà degli alleati, a condizione che nessuno (e soprattutto Salvini) si veda sottratto il proprio ruolo”.
verdini berlusconi
Ecco il punto, provare la scalata ma senza irritare il sovranista e provocare una slavina. “Quello cioè che non si può pretendere da Salvini è che rinunci al tentativo di esercitare un ruolo da king maker. Gli si può chiedere dunque lealtà, ma non fedeltà assoluta, senza se e senza ma. Perché un’eventuale sconfitta sul Quirinale pregiudicherebbe anche la sua carriera politica”. Insomma, “il nostro Presidente” non può vestire i panni del candidato e del king maker. “Già non è mai esistito qualcuno che si è autocandidato al Quirinale. Non credo che la storia ci consentirà di fare entrambe le cose”.
RENZI VERDINI BERLUSCONI
Il memo qui, come un sussulto, si fa d'un tratto pragmatico, quasi brutale. Si cala nel sangue e fango della contesa parlamentare. Dal cuore alla ragione. Anzi, al rigore del professionismo, forgiato da anni di retroscena, conteggi d'aula, strategie. Verdini consiglia di “segnare” i voti, come per altre elezioni presidenziali. In cambio, Berlusconi deve assicurare lealtà agli alleati in casi di fallimento. “Passando quindi alla pratica, alla quarta chiama ciascun gruppo politico del centro-destra si farà ‘riconoscere’ firmando le schede.
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A Fratelli d’Italia sarà detto di votare Silvio Berlusconi, alla Lega di votare on. Silvio Berlusconi e così via… Nel caso che alla quarta votazione non si palesino i voti aggiuntivi in numero sufficiente a far eleggere il Nostro, il Presidente dovrà rassicurare gli alleati della propria disponibilità a concordare SOLO con gli alleati le mosse successive che dovranno andare nella direzione di eleggere comunque un nominativo indicato dal centro-destra”.
Verdini, alla tastiera del suo computer nel domicilio dove ha scelto di scontare la condanna definitiva a sei anni e sei mesi (secondo i suoi legali, senza limitazioni nell'incontrare persone), va oltre. Sintetizza in dieci punti il senso della partita politica in ballo: “E’ giusto che Berlusconi alla quarta votazione provi a diventare Presidente”. Senza però scoprire le carte: “Trattandosi di rapporti personali e particolari Silvio non può, per evitare sputtanamenti, comunicare i nomi da lui conquistati agli alleati”.
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Preso atto che “è tutto nelle mani di Silvio”, però, Verdini delinea un secondo, più probabile, scenario. “Se ciò sfortunatamente non dovesse accadere, Silvio deve permettere a Salvini di portare a termine l’obiettivo di eleggere un presidente di centrodestra, fornendogli tutto il suo appoggio”, eliminando “tutto il chiacchiericcio dai giornali sul fatto che Berlusconi, dopo un eventuale esito negativo della quarta votazione, potrebbe spaccare il centrodestra votando Draghi, Amato o chissà chi altro”. Un patto tra gentiluomini, detta altrimenti. Anche perché, “se Salvini o Meloni capissero che il Nostro ha seconde carte o piani B, sarebbe l’intero centrodestra a saltare per aria. Fuori da questo schema è evidente che chi smania di votare Draghi (la Meloni) o chi vuole legittimamente far pesare i suoi 215 grandi elettori (Salvini) si sentirebbe libero di fare come gli pare”.
L’ultimo passaggio è impregnato di nostalgia per i tempi che furono, quando Verdini ribaltò i numeri parlamentari a favore di Berlusconi schiacciando in un angolo Gianfranco Fini. Gli valse l'imitazione di Maurizio Crozza, trasformato dal comico in un taxista capace di traghettare frotte di peones da un gruppo all’altro dell’emiciclo.
VERDINI BERLUSCONI
Stavolta è diverso, e l’antico amico non sconsiglia di valutare anche un gesto che eviti l’azzardo della conta. “Se Berlusconi ha i voti di tutto il centro-destra, potrà comunque fare autonomamente la scelta di ritirarsi ancora con dignità all’esito della quarta votazione. Ma se non dovesse portare a casa neppure i voti del centro-destra, sarebbe un disastro. Se fosse un disastro annunciato, sarebbe ancora peggio per chi lo ha portato a questo punto”.
BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS