CORONAVIRUS, UN RISTORATORE ITALIANO DA DIECI ANNI A MAURITIUS: "NON VENGO IN ITALIA DA DUE ANNI, MA QUI MI GUARDANO MALE. IL MIO RISTORANTE STA PERDENDO TANTISSIMI CLIENTI. C'E' RAZZISMO VERSO GLI ITALIANI, CI GUARDANO MALE. MI FANNO MOLTE BATTUTE BRUTTE E MI CHIEDONO IN CONTINUAZIONE SE HO LAVATO LE MANI"
Da I Lunatici Radio2 https://www.raiplayradio.it/programmi/ilunatici/
"Io vivo alle Mauritius da dieci anni e manco dall'Italia da due anni. Eppure il mio ristorante di cucina italiana nel sud di Mauritius sta perdendo tantissimi clienti negli ultimi giorni. Molti clienti mi fanno battute perché sono italiano. C'è razzismo verso di noi, mi fanno battute brutte, mi chiedono se mi sono lavato le mani o cose del genere. Il razzismo c'è in Italia contro i cinesi ma c'è anche qui contro gli italiani".
mauritius 1
Fa riflettere lo sfogo di Giuseppe, ristoratore italiano che da dieci anni vive alle Mauritius e che questa notte ha chiamato i Lunatici di Rai Radio2, Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta ogni notte dal lunedì al venerdì dalla mezzanotte e trenta alle sei del mattino.
Giuseppe dopo aver composto lo 063131 si è sfogato: "Che c'entro io con il Coronavirus? Sono due anni che non vengo in Italia", ha ripetuto. "La clientela del mio ristorante in questi giorni è molto diminuita e quelli che vengono quasi mi guardano male".
CORONAVIRUS: ITALIANO TORNATO DA MAURITIUS, 'È STATO INCUBO'
(ANSA) - "E' stato un incubo. Sono emotivamente distrutto, arrabbiato; un gran dispiacere. E' stata una presa di posizione assolutamente non di buon senso. Vacanza di una settimana buttata alle ortiche per i miei 60 anni, festeggiati praticamente in aereo, con le mie figlie in lacrime che si sono viste portar via un sogno. Un gran danno emotivo. Ho visto scene di pianto, di urla, di disperazione perché non sapevamo che fine avremmo fatto. Devo ringraziare il comandante dell'Alitalia, che ha saputo gestire la situazione, a fronte di una zero ospitalità locale: mi sono sentito 'cittadino di Alitalia'".
AEREO ALITALIA
E' la testimonianza all'aeroporto di Fiumicino di un milanese rientrato dalle Mauritius con il gruppo di 40 connazionali originari della Lombardia e del Veneto che hanno scelto di tornare in Italia dopo aver rifiutato l'opzione della quarantena disposta dalle autorità locali. "Non so neanche con chi devo prendermela per quello che è successo. Mi piacerebbe che ora, non so chi, qualcuno facesse un gesto nei nostri confronti. E mi auguro di non perdere i miei soldi, sarebbe una beffa tremenda - ha raccontato ancora -. Ci hanno fatto solo scendere in un corridoio di approccio all'aeroporto; siamo stati seduti per terra, non ci hanno neanche fatto accedere ai bagni, al bar; solo tempo dopo ci hanno dato dei tramezzini con dell'acqua.
C'erano bimbi piccoli, una di un anno e mezzo che, povera stella, non aveva neanche i pannolini di ricambio, e che è diventata la mascotte del gruppo; isolati per ore, le notizie rimbalzavano ed in pratica siamo stati sull'aereo per più di 24 ore, avremmo fatto il giro del mondo. Ad un certo punto, colpo di scena, le autorità locali hanno chiesto chi fosse della Lombardia e del Veneto e che dovevamo rimanere a bordo. Abbiamo capito che la vacanza sarebbe saltata. Nessuno di noi ha fatto il furbo, facendo finta di non essere di tale provenienza e provando quindi a scendere".
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"Ciò che è successo, e ce ne siamo accorti solo dopo un paio di ore di attesa prima di poterci imbarcare, è alquanto strano e da un punto di vista microbiologico, assurdo - ha detto invece uno dei passeggeri, diversi dei quali con indosso le mascherine, rientrati dalla vacanza alle Mauritius e che hanno viaggiato con i 40 connazionali lombardi e veneti - perché se sono dei passeggeri che l'Italia ha lasciato uscire, vuol dire che non sono dei passeggeri contagiati e quindi avevano tutto il diritto di poter sbarcare. Ed invece li hanno sottoposti ad una specie di 'ricatto': o scendete e state in quarantena o ve ne tornate, creando un clima di paura pure tra di noi. Molti passeggeri, infatti, che stavano alle Mauritius e che dovevano tornare a casa, hanno preferito non prendere questo aereo".
“BLOCCATI, CHE SCELTA ASSURDA”. IN 40 RITORANO DALLE MAURITIUS
Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera”
Si preparavano a una vacanza di sole e mare, di relax.
Hanno rischiato di finire in quarantena per quattordici giorni, in un ospedale a 8 mila chilometri da casa. Sono le 7 e tre quarti del mattino, ora italiana, quando l' Airbus dell' Alitalia partito la sera prima da Fiumicino atterra all' aeroporto di Mauritius, nell' Oceano indiano. A bordo del volo AZ772 ci sono 212 passeggeri e 12 membri dell' equipaggio.
Il messaggio nella cabina di pilotaggio era arrivato pochi minuti prima, quando il comandante aveva appena iniziato la discesa verso quella settimana di mare d' inverno che è la vera destinazione di questo volo.
biches beach nelle mauritius
Dicono dalla torre di controllo che, una volta atterrati, tutti i passeggeri dovranno rimanere a bordo in attesa di istruzioni. All' inizio il comandante pensa che ci sia qualche problema nell' aeroporto di arrivo. Anche perché la sera prima, al momento del decollo, tutto era regolare, non c' era stata nessuna comunicazione particolare. Le autorità di Mauritius non avevano detto nulla a quelle italiane, zero comunicazioni anche ad Alitalia. E invece il problema è proprio quello, il coronavirus, il contagio che si è diffuso in Italia, al momento solo in alcune regioni del Nord. In un primo momento, come comunicato dalla torre di controllo, tutti i passeggeri e i membri dell' equipaggio vengono trattenuti a bordo. E subito la questione diventa un caso diplomatico. Viene coinvolta l' ambasciata di Pretoria, in Sud Africa, competente per Mauritius. E quindi l' Unità di crisi del ministero degli Esteri.
Ci sono momenti di tensione, diciamo così. Non solo per il caso specifico, che comunque coinvolge più di 200 persone. Ma anche perché sono tutti consapevoli che quell' Airbus fermo sulla pista di Mauritius rappresenta un precedente, il primo caso di quella che potrebbe essere una lunga serie di stop ai voli in arrivo dall' Italia, in questo momento il terzo Paese al mondo per numero di contagi. E con l' aggravante che siamo stati proprio noi, in Europa, i primi a chiudere i voli con la Cina dopo l' inizio dell' epidemia di coronavirus.
un soldato con la mascherina in piazza duomo a milano
Dopo un' ora buona di negoziato viene trovato un compromesso. Possono scendere tutti i passeggeri, tranne quelli che subito prima del volo partito da Fiumicino ne avevano preso un altro dagli aeroporti lombardi o veneti, in sostanza Milano o Venezia.
Quelli che rimangono sull' Airbus sono in tutto 40. E hanno davanti due strade: 14 giorni di quarantena in due ospedali a Mauritius, prima di cominciare una vacanza che però a quel punto sarebbe già finita perché i pacchetti sono di solito di una settimana. Oppure essere rimpatriati subito, con lo stesso volo Alitalia, già programmato nel pomeriggio per Fiumicino.
La scelta non rasserena gli animi. Anzi. «Gli italiani residenti a Roma o Bologna sono potuti entrare, noi no. Una decisione assurda» dice Daniele Tagliapietra, imprenditore di Mestre, intervistato dal Corriere del Veneto , in vacanza con la figlia di 15 mesi.
«Che senso ha? Abbiamo viaggiato per dieci ore sullo stesso aereo». Ma da Mauritius non vogliono sentire ragioni. Dopo qualche momento di confusione, i quaranta posti vengono trovati sull' aereo di ritorno.
MAURITIUS
Tutti i 40 i passeggeri bloccati decidono di ripartire. Meglio evitare una quarantena dall' altra parte del mondo.