1 - I GENITORI STANNO CON LA PROF CHE HA BENDATO LA STUDENTESSA
Miriamo Romano per "Libero Quotidiano"
RAGAZZINA BENDATA IN DAD
Il caso è esploso nei giorni scorsi e prima di arrivare alle reazioni, che sono forse il nocciolo della questione, riepiloghiamo in breve i fatti. Sull'altare della cronaca è salita un'insegnante di tedesco di un liceo del centro storico di Verona, il Montanari, alle prese con la contestatissima Dad (didattica a distanza, per chi ancora non ha assimilato l'acronimo). La professoressa in questione, prima delle vacanze di Pasqua, si sarebbe macchiata della colpa di aver fatto bendare una studentessa durante un'interrogazione a distanza per verificare che non stesse "barando".
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L'alunna, rispondendo ai quesiti da casa, stava andando "troppo bene", dimostrandosi ben più capace e preparata rispetto alle performance a cui era abituata l'insegnante in classe.
Da qui la richiesta della docente e la solerzia nel voler sondare con accuratezza la preparazione della studentessa. «Prenda una sciarpa e si bendi, voglio vedere se ha studiato davvero».
didattica a distanza
La giovane ha obbedito: si è coperta gli occhi. Un'immagine, quella della quindicenne bendata di nero, che, solo pochi giorni fa, ha fatto il giro del web, dei social, arrivando a strappare commenti e giudizi anche dalla politica. Chi ha parlato di mancanza di rispetto, di lesione della dignità della giovane.
La platea si è schierata quasi interamente contro l'insegnante, colpevole di aver provocato disagio nella ragazza. Dalle chat di classe, ai rappresentanti degli studenti, fino alla direzione generale della scuola.
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L'Ufficio scolastico regionale del Veneto ha avviato accertamenti mirati. La direttrice Carmela Palumbo ha contattato il preside del liceo veronese, chiedendogli di sentire i ragazzi e i docenti, per ricostruire l'accaduto e prendere provvedimenti: «Un eccesso di zelo che porta a una richiesta discutibile, il tutto dovuto dalla difficoltà a gestire i momenti di verifica con la didattica a distanza. Abbiamo aperto un procedimento, stiamo verificando».
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Carmela Palumbo ha perfino definito la pratica «lesiva della dignità umana», ribadendo però l'intenzione di conoscere il contesto in cui è maturata questa situazione, anche sentendo i compagni di classe della quindicenne.
Addirittura i rappresentanti degli studenti hanno alzato l'asticella dell'allerta, parlando di altri episodi simili. «Riceviamo altre segnalazioni da chi viene interrogato con il viso contro il muro, chi con le mani alzate, chi con il viso schiacciato sullo schermo», hanno spiegato.
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La parte del coro stonato l'hanno fatta i genitori: questa volta, madri e padri hanno preso le distanze dai figli. Non solo non hanno partecipato alla "lapidazione" virtuale, ma hanno scritto una lettera in difesa dell'insegnante che «si è sempre preoccupata del bene dei nostri ragazzi».
Gli unici ad aver posto l'attenzione sul dovere della docente, intenta a smascherare una furberia, come sono soliti fare gli insegnanti, per assegnare correttamente i voti.
«In questo anno particolare, che ha messo a dura prova studenti e professori - si legge - anche noi ci siamo ritrovati a condividere spazi in casa con i nostri figli. Era proprio giovedì 8 aprile e quando si è collegata con la sua classe ha realizzato che doveva interrogare ben tre studenti, non una. Eravamo presenti e sappiamo che ha cercato di mettere a proprio agio gli studenti, pur chiedendo di chiudere gli occhi».
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Dunque per i genitori non si sarebbe trattato di un metodo "inquisitorio", ma di un modo "concordato" per evitare imbrogli. «Si era notata - spiega uno dei genitori a l'Arena, - una differenza sostanziale nel rendimento di alcuni studenti tra le interrogazioni in classe e quelle in Dad ma la richiesta di chiudere gli occhi era indirizzata a tutti».
Nessun dubbio sulle qualità della professoressa. «È un'ottima insegnante e non ha teso tranelli - concludono - tant'è che anche quella di giovedì era un'interrogazione programmata».
2 - DAD È SBAGLIATO BENDARE GLI ALUNNI, MA NON SI POSSONO GIUSTIFICARE I FURBI
Da "il Fatto Quotidiano"
Gentile redazione, sono rimasta quasi scioccata dalla foto della studentessa veronese bendata davanti al suo pc per evitare che sbirciasse durante l'interrogazione Mi chiedo: ma quello adottato dalla prof. - un'orrida benda sugli occhi - è ancora un metodo educativo?
Cecilia Mazzucchelli
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Risposta di Filippomaria Pontani
Gentile Cecilia, il gesto è stato senz'altro sgradevole in sé, e ovviamente nessun allievo va criminalizzato "ex ante" - meglio, alle brutte, chiedere a tutti gli studenti di rispondere a occhi chiusi, come so avvenire da tempo in diversi esami universitari italiani e nelle interrogazioni di alcuni licei durante la tanto magnificata "didattica a distanza"; del resto, in un caso simile mesi fa a Scafati il preside aveva sostanzialmente difeso l'insegnante.
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A Verona invece un delirio: gli studenti denunciano "metodi da inquisizione" e invocano "comprensione" per chi copia (!), si indignano i genitori (magari gli stessi pronti a lamentarsi perché al ritorno in classe i docenti osano somministrare verifiche ai poveri rampolli); la sottosegretaria all'Istruzione deplora la "cultura del sospetto", la dirigente dell'Usr Veneto mette in dubbio tout court che i docenti debbano saggiare l'apprendimento di nozioni.
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Gli occhi chiusi sono un gesto meno grave dell'esame-farsa in cui si risponde "a libro aperto" (pardon, open book), o con sotto Wikipedia, docsity, o gli appunti. Da sempre alcuni studenti (inclusi i miei, più volte) provano a copiare o ad "aiutarsi", un gioco più semplice davanti a uno schermo dove si trova tutto in un clic - versioni di greco, formule, date -.
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È una prassi non solo d'intralcio per chi deve valutare i ragazzi, ma anzitutto dannosa per loro stessi e la loro preparazione, e un insulto terribile all'etica della collettività.
La scuola deve "innescare il desiderio", fornire "competenze", levigare curricula (il "curriculum dello studente", fatto di attività extrascolastiche e di abilità relazionali, entra ahimé da quest'anno nella valutazione dell'esame di Stato)?
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Primariamente la scuola pubblica deve dare a tutti l'opportunità di conoscere e digerire contenuti che altrimenti nessun altro offre o presidia. Se "tanto le nozioni sono tutte in Rete" allora smettiamo anche di insegnare l'ortografia tanto c'è il correttore automatico, o le tabelline, tanto c'è la calcolatrice.
Ma non è solo il produrre somari: la scuola è per molti il primo luogo (se non l'unico) in cui si apprendono modelli di comportamento sociale condivisi: purtroppo tra le dinamiche sociali rientra anche che alcuni provino a fare i furbi, e se saremo tolleranti su questo tipo di inganni e frodi produrremo evasori, furbetti, saltafila.