Michele Monina per tag43.it
amadeus fiorello. 5
È cominciato il Festival della Canzone italiana numero 72. Il terzo targato Amadeus. Amadeus che, conscio che ripetere «Questo sarà il Festival della rinascita e della ripartenza» avrebbe scatenato legittime accuse di essere uno che in fondo ce la tira dietro, ha tenuto più volte a ripetere, nei giorni e le ore precedenti l’inizio della kermesse canora più famosa d’Italia che l’edizione del 2022 sarebbe stata «l’edizione della gioia».
L’edizione della gioia. Strana scelta di parole, a partire dai look messi in scena, praticamente una lunga carrellata di total black, sempre che si possa definire total anche il torso nudo di Achille Lauro, impegnato da anni a cercare di stupire andando a pescare nel repertorio altrui, quest’anno in quello di Iggy Pop e di San Giovanni Battista, uniche eccezioni al nero il rosa lieve di Noemi e quello un po’ più acceso di Dargen D’Amico.
dargen d'amico
Per continuare con le canzoni portate in gara, si segnalano un paio di guizzi: il già citato Dargen D’Amico, a cantare sì di ripartenza con la sua Dove si balla, con lo stesso atteggiamento di chi canta le osterie al quinto litro di vino, e La Rappresentante di Lista, portatori sanissimi di un funkettone in salsa queer che a sua volta prova a raccontare l’oggi in mezzo a un filotto di canzoni d’amore.
E per finire alle gag di Fiorello, sempre e costantemente nel déjà-vu di quando faceva l’animatore turistico, con il punto più alto quando, per giocare su canzoni tristissime qui riproposte su musiche allegre ha tirato in ballo anche Luigi Tenco, che giusto 55 anni fa in riviera ci si è ammazzato, vedi tu le risate. Discorsi a parte meriterebbero Gianni Morandi, in una cover non dichiarata di Sono tremendo di Rocky Roberts e Ana Mena, cantante spagnola di tormentoni estivi che abbandona il reggaeton per sposare la neomelodica, della serie a volte è possibile toccare un fondo più fondo del fondo.
fiorello amadeus 1
In mezzo Amadeus che prima si prende gioco di noi, infilando una dietro l’altra le prime quattro canzoni, salvo poi iniziare a chiamare dentro ospiti a caso, lasciando che la gara si dilati. L’ultimo passaggio è quello di Miele di Giusy Ferreri, chiamata a cantare circa un’ora dopo il concorrente precedente. Strepitoso lo scambio di battute col presentatore. Lui a chiedere: «La tua bambina ti starà vedendo»; lei che risponde: «A quest’ora credo sia a dormire».
Dormire, del resto, è dove vorremmo essere stati noi, devastati da esibizioni discutibili come quelle di Rkomi, a presentare in gara una versione italiana di Personal Jesus di Gahan e Martin, vestito come un mashup tra Batman e un motociclista, seppur nel brano dice di guidare una coupé, con addirittura Massimo Ranieri che è riuscito nell’impresa di cantare male, stasera, come a voler ammantare di tristezza quella che alla fin fine si è dimostrata una menzogna bella e buona.
MASSIMO RANIERI
Perché se è vero che nessuno si è azzardato di parlare di ripartenza, a parte il sindaco di Sanremo, poco avvezzo alle telecamere, vedere l’Ariston ballare sulle note dei superospiti Meduza, quelli che davvero sono campioni di vendite in giro per il mondo alla faccia dei Maneskin, 2 mila persone a muoversi a ritmo mentre tutte le discoteche sono chiuse da agosto 2020, vedi tu le risate, anche parlare di gioia ci è sembrato davvero fuori luogo.
Mestizia, forse, malinconia, anche, struggimento, pure, immane rompimento di palle, pure, ma gioia proprio no. Dire #maiunagioia, a questo punto, farebbe di me un bimbominkia, almeno potrei dire di essere un fan di Blanco o di uno dei tanti ragazzini in gara quest’anno, senza per questo risultare un boomer che prova a fingersi giovane.
Ma forse, a dirla tutta, aveva proprio ragione Franco Califano, uno che non ha mai escluso il ritorno, un po’ come il Fiorello che dopo aver giurato di non tornare quest’anno si è piazzato sul palco e non voleva saperne di scendere, costringendoci tutti a fare notte. Aveva ragione Califano quando ormai una vita fa, quando la musica era ancora musica, cantava: «Tutto il resto è noia, no, non ho detto gioia, ma noia, noia, noia, maledetta noia».
rkomi
dargen d'amico