Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
URSULA VON DER LEYEN BENJAMIN NETANYAHU
C’è una parola chiave nei dialoghi in corso tra il governo di Israele e gli alleati occidentali, gli Usa e gli europei. Si tratta della parola «deterrenza». […]
Il concetto base su cui tutti concordano è: Israele deve difendersi e far capire a tutti gli stati confinanti ostili che ad ogni attacco ci sarà sempre un contrattacco. Il confronto si basa su un’altra domanda: qual è in questo momento la risposta migliore per garantire l’effetto deterrente?
OLAF SCHOLZ BENJAMIN NETANYAHU
Dopo la visita del presidente americano Biden, infatti, i partner europei – quelli dell’Ue e la Gran Bretagna – hanno messo in moto una sorta di “staffetta” continua verso Gerusalemme. Dal britannico Sunak al tedesco Scholz, dal francese Macron alla presidente della Commissione europea von der Leyen fino a Giorgia Meloni.
Con due obiettivi primari: trasmettere il messaggio che Israele non è isolato e anche esercitare una prudente moral suasion nei confronti del primo ministro Netanyahu. Impedirgli, come aveva suggerito la Casa Bianca, di non commettere gli stessi errori precipitosi degli States dopo l’11 settembre.
EMMANUEL MACRON BENJAMIN NETANYAHU
Insomma la reazione va concordata e anche condivisa. Almeno […] In tutti i contatti, poi, i capi di Stato e di governo europei hanno evidenziato due aspetti. Il primo è connesso con la guerra in Ucraina. Tutta la fascia del mondo che va da Kiev alla Mauritania si trova ormai in una fase di destabilizzazione. Un’area gigantesca che di fatto confina con l’Unione europea o è molto vicina ad essa. Il rischio di uno “sconfinamento” dei problemi diventa di giorno in giorno più alto.
[…]
Il secondo aspetto riguarda gli effetti sull’emergenza migratoria e sul mercato del gas. Fattori che stanno assumendo un’importanza decisiva per l’Unione europea. Un conflitto più largo, dunque, significherebbe più clandestini e prezzo dell’energia più alto.
RISHI SUNAK BENJAMIN NETANYAHU
Non è un caso che dalla bozza del documento finale del Consiglio europeo che si riunisce oggi, è scomparso il riferimento all’Onu di Guterres e si insiste sulla pausa umanitaria ma non sul cessate il fuoco. In questa ottica Washington e i governi europei hanno iniziato ad avviare i contatti con alcuni paesi del Golfo Persico.
L’obiettivo è far capire – anche al Qatar, uno dei principali finanziatori di Hamas – che allargare lo scontro non conviene a nessuno. Il punto, allora, è trovare una exit strategy che preservi la deterrenza israeliana. Una sorta di “scalpo” da mostrare e utilizzare al fine di frenare la regionalizzazione della guerra e preservare per Israele l’immagine di un Paese che non si può colpire o invadere.
CORAGGIO, FATTI HAMASSARE - MEME BY EMILIANO CARLI
La ricerca dello “scalpo” è allora il cuore di una trattativa riservata e sotterranea. Uno “scalpo” che può riguardare la struttura di Hamas o la striscia di Gaza. Il filo del dialogo che parte dagli Usa, arriva a Gerusalemme, attraversa Ankara e passa per il Golfo Persico si dipana lungo queste direttrici.
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU joe biden bibi netanyahu in israele joe biden bibi netanyahu in israele GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU 1 biden netanyahu 2