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    E LA PILLOLA VA GIÙ - UN ITALIANO SU DUE USA FARMACI SCADUTI, SOPRATTUTTO ANALGESICI - FANNO MALE? SECONDO ALCUNI IL PRINCIPIO ATTIVO RESTA INALTERATO DOPO ANNI SE I PRODOTTI SONO CONSERVATI BENE - LA “FOOD AND DRUG ADMINISTRATION” ACCUSA: LE CASE FARMACEUTICHE FISSANO IN TRE MESI DI ANTICIPO IL TERMINE DI SCADENZA DEL FARMACO PER FAR LIEVITARE IL GIRO DI AFFARI…


     
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    Alfredo Arduino per “la Verità”

     

    La metà degli italiani (il 48% per la precisione) assume medicinali da banco scaduti. Si tratta nella maggior parte dei casi di analgesici. I dati dell' ultima ricerca condotta da Altroconsumo dimostrano come nel nostro Paese sia sempre più diffusa, complici motivi economici, la tendenza a ignorare la data di scadenza. Ma le domande sono: le medicine scadute fanno male? E continuano a essere efficienti?

     

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    Ci sono pareri diversi, anche diametralmente opposti, e c' è pure chi accusa le case farmaceutiche di anticipare la data limite solo per vendere di più. Decisamente contrario all' uso di medicine «stagionate» è il segretario della Federazione italiana medici di medicina generale, Silvestro Scotti: «Moltissime persone pensano che prendere una medicina dopo la scadenza non sia pericoloso, perché sono convinte che nel peggiore dei casi semplicemente non abbia effetto.

     

    Ma occorre invece prestare molta attenzione», mette in guardia, «molto dipende infatti dal tipo di prodotto, dal suo principio attivo e dal modo di conservazione. Ci sono delle molecole che, una volta degradate, perdono solo il loro effetto. Ma esistono anche molecole che con il tempo diventano tossiche. Inoltre ci sono medicinali che vanno conservati in frigo o lontano da luce o fonti di calore. Se queste regole non vengono rispettate il prodotto può diventare dannoso anche se non è scaduto».

     

    Non tutti sono però d' accordo. A cominciare dalla Food and drug administration. L'autorità americana dei farmaci contesta il sistema con il quale le aziende fissano la deadline: il limite temporale è anticipato di tre mesi rispetto al fisiologico degradamento dei prodotti. Un espediente che sarebbe usato per far lievitare il giro d' affari. Accade così che, negli Stati Uniti ogni, anno finiscano nella spazzatura fra i 60 e i 70 miliardi di dollari di medicinali ancora validi.

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    Sulla stessa lunghezza d' onda anche Melania Rizzoli, medico e scrittrice: «Numerosi studi», spiega, «hanno comprovato che il 90% dei medicinali, soprattutto in pillole e compresse, se correttamente conservati, funzionano per molti anni e non comportano rischi, smentendo gli allarmi diffusi dalle case farmaceutiche».

     

    Quindi a chi dobbiamo dare retta? Bisogna soprattutto usare il buonsenso. La tossicità dei farmaci scaduti non è stata dimostrata e così neppure un' indicativa riduzione di efficacia. Per esempio l' aspirina è accreditata per due anni, ma i test indicano che dopo sei le proprietà sono inalterate. Ma in alcuni casi, quando si tratta di medicinali indispensabili, è più prudente non correre rischi. Ci sono infatti regole, condivise dalle più autorevoli università al mondo, alle quali ci si può attenere.

     

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    1 Non ci sono problemi a utilizzare farmaci non critici, come antinfiammatori, antistaminici e antidolorifici. Esperimenti hanno confermato che funzionano anche dopo 50 anni dalla produzione.

     

    2 Meglio non assumere dopo la scadenza i «salvavita», ovvero quelli indispensabili per la sopravvivenza, come ad esempio i farmaci antitumorali, gli anticoagulanti o l' insulina per i diabetici. Lo stesso vale per gli antidoti a veleni o sostanze tossiche. La loro azione deve essere massima, quindi, anche se non fanno male potrebbero, non raggiungere l' effetto.

     

    3 Uno studio dell' American medical association stabilisce che amoxicillina, ciprofloxacina e antibiotici di nuova generazione sono sicuri fino a decine di anni dopo il termine stampato sulla confezione. L' unico caso in cui è sconsigliata l' assunzione riguarda la tetraciclina, che potrebbe provocare danni renali. Va però sottolineato che questo antibiotico non è più sul mercato.

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    4 Pur non essendo stata rilevata alcuna tossicità, meglio non prendere i cosiddetti farmaci critici, ovvero a basso indice terapeutico. In questo caso anche minime diminuzioni dell' attività farmacologica potrebbero inficiare il risultato. A questa categoria appartengono gli anticonvulsivi, gli anticoagulanti, i contraccettivi e gli ormoni tiroidei.

     

    5 Ci sono poi i medicinali per neonati e bambini. Fermo restando la tossicità nulla, i piccoli hanno un sistema immunitario meno attrezzato. Quindi potrebbero verificarsi eventuali reazioni allergiche dovute alla degradazione di componenti del farmaco.

     

    6 Un ultimo aspetto da prendere in considerazione riguarda alcuni medicinali fluidi: colliri e sciroppi. L' apertura della confezione può infatti ridurne l' azione terapeutica. Si raccomanda di osservare bene se il liquido è torbido o presenta sedimenti. Le compresse e le pillole restano stabili fino a 24 mesi dopo la scadenza, lo stesso non può dirsi per soluzioni liquide o sospensioni.

     

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    In generale, per quasi tutti i tipi di medicine non ci sarebbe alcun rischio in caso di assunzione dopo la deadline: il principio attivo continua a funzionare, la tossicità non è provata e non si registrano effetti collaterali. Fondamentale però è che siano conservati «lontano da umidità, luce diretta, fonti di calore e alte temperature», raccomanda Altroconsumo. «I farmaci devono essere riposti in luoghi freschi e asciutti come salotto o camera da letto. Vanno tenuti a temperature tra i 20 e i 25 gradi. Attenzione a insuline o vaccini: vanno in frigorifero a una temperatura compresa tra i 2 e gli 8 gradi».

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