simona cavallaro con il padre
Fulvio Cerutti per www.lastampa.it
La tragedia di Simona Cavallaro ha riacceso le paure nell’incontrare branchi di cani in libertà. Pochi casi, ma che possono trasformarsi in tragedie.
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Lorenzo Niccolini, educatore cinofilo e presidente di Stray Dogs Aps, andiamo subito al punto: il cane randagio è davvero pericoloso?
«No, in generale il cane randagio proprio perché deve sopravvivere, tende a evitare situazioni di pericolo.
LORENZO NICCOLINI
Nei rapporti con l’essere umano, a meno che non sia una risorsa perché gli porta da mangiare, lui cerca di evitarlo perché potrebbe essere un rischio. Poi il concetto di pericolosità dipende molto dall’osservatore: dall’abbaio al ringhio, se si fraintendono i suoi segnali la situazione può complicarsi».
Quindi più che il cane, può essere più pericoloso il comportamento umano…
«Quando si incontra un cane randagio è bene capire se c’è della diffidenza da parte sua: se non ci viene incontro scodinzolando, ma è guardingo bisognerebbe capire che non ha così tanta voglia di incontrarci.
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Il problema nasce, per esempio, quando l’uomo crede che con il suo amore per gli animali possa interagire e rendere malleabile il rapporto. Se così non avviene e l’uomo scappa, nell’animale si attiva la motivazione predatoria, istinto innato che il cane stesso ha difficoltà a controllare. E da lì possono nascere i problemi: magari la persona cade per terra ed espone all’animale parti del proprio corpo molto vulnerabili».
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E quindi che cosa fare?
«È meglio allontanarsi senza mai dare le spalle all’animale. Meglio farlo mantenendo un angolo di 45 gradi o rimanendo frontali. Bisogna farlo in maniera molto lenta facendo attenzione a non inciampare. Ancora meglio, se si riesce, rimanere vicino a qualcosa a cui aggrapparsi, come un albero o un muretto, per poter restare solidi e stabili in caso di attacco»
Sono così frequenti questi attacchi?
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«No, sono situazioni rarissime, stiamo parlando di un caso che avviene ogni tanto e per circostanze che vanno approfondite. Spesso non sono cani randagi, ma cani vaganti, ossia animali che girano, che possono avere qualcuno che li accudisce, che li raduna in branco per nutrirli o, come nel caso della Calabria, cani da pastore a guardia del gregge».
Come funzionano le logiche del branco?
«Esiste un leader, ma spesso non è lui ad agire in prima “persona”: rimane dietro e dice agli altri che cosa fare, manda all’attacco gli altri esemplari, spesso quelli “adolescenti”, che devono fare esperienza, che nel pieno del vigore di fronte a un abbaio si buttano senza ragionare»
Torniamo ai cani vaganti, quali problemi comportano?
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«Il punto cibo è uno dei più dolenti: quando si nutrono i cani vaganti non si considera che si finisce per radunarli in branchi, dove si possono generare dei conflitti fra i diversi gruppi che si avvicinano alla stessa risorsa. Queste tensioni si vanno a scaricare sulle ruote della auto o, peggio ancora, arrivare a uccidere un bambino come nel caso di Scicli del 2009. Non erano cani del tutto randagi, qualcuno si occupava di loro».
È possibile recuperare un cane che ha aggredito una persona fino a ucciderla?
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«Si, è possibile. Come Stray Dogs c’è capitato proprio con i cani di Scicli. Non sono animali che per forza di cose aggrediscono con l’intento di uccidere, bisogna sempre considerare il contesto in cui le cose capitano. Mi sono occupato di un cane che ha morso al viso tre persone, con competenza e pazienza è stato riabilitato: ora vive a casa mia e gioca con mia figlia di un anno e mezzo senza alcun problema»
Un’ultima domanda: c’è soluzione al randagismo?
«In alcune realtà la convivenza di cani liberi con l’uomo credo che sia una cosa ancora possibile: esistono città dove gli animali imparano ad attraversare la strada, sanno dove procurarsi il cibo e diventano mascotte degli abitanti del posto. In questi casi, la soluzione sta in buon lavoro a livello culturale e adeguate politiche di sterilizzazione.
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Nelle situazioni problematiche, invece, bisognerebbe fare un adeguato monitoraggio e controllo perché non basta rinchiudere gli animali dentro le gabbie andando a ingolfare i canili senza che questi esemplari abbiano realmente possibilità di venire adottati. Stray Dogs agisce in alcune piccole realtà dove con un’app inseriamo le informazioni e le foto dei cani e poi orientiamo le nostre attività: dalla sterilizzazione delle femmine alla cattura degli esemplari difficili, azioni mirate che permettano di mantenere il giusto equilibrio dentro la comunità».
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