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    E MENO MALE CHE DOVEVAMO SCEGLIERE TRA PACE E CONDIZIONATORI! - ALLA FINE ABBIAMO AVUTO SIA LA GUERRA CHE I BLACK OUT IN SERIE A MILANO E TORINO PROVOCATI DA UN SOVRACCARICO DELLA DOMANDA DI ELETTRICITA' - COLPA DEL CALDO, CHE HA FATTO AUMENTARE I CONSUMI, CON UN EFFETTO DOMINO SUI CAVI ELETTRICI - "E' L'EFFETTO JOULE: SE AUMENTI LA CORRENTE DEL 10%, I CAVI SI RISCALDANO DEL 20%" - PER RISOLVERE BISOGNEREBBE...


     
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    Elena Dusi per repubblica.it

     

    MEME DRAGHI CONDIZIONATORE MEME DRAGHI CONDIZIONATORE

    Alla fine abbiamo avuto sia la guerra che i condizionatori spenti. Il dilemma che il premier Draghi ci ha presentato per l’invasione ucraina si è risolto così, con una serie di black out che venerdì hanno colpito per alcune ore vari quartieri di Torino e Milano. Anche gli ascensori del Duomo sono stati fermati, per paura che i turisti vi restassero bloccati.

     

    Il gas russo non c’entra: la produzione nazionale di elettricità è sufficiente. La rete di distribuzione di Terna venerdì ha smistato 52 gigawatt di potenza in Italia, lontano dalla soglia di allarme di 60. Il problema è il caldo: la temperatura che sentono gli uomini, che si rifugiano azionando i condizionatori, e quella che sentono i cavi elettrici, riscaldati in parte dal sole diretto e in parte dal sovraccarico della domanda, causato proprio dai condizionatori.

     

    MEME SU DRAGHI E IL CONDIZIONATORE MEME SU DRAGHI E IL CONDIZIONATORE

    I consumi aumentano, le reti non reggono

    Milano venerdì ha succhiato dalla rete 25 gigawattora: il 10% in più rispetto al giorno prima, il 25% in più rispetto a una settimana prima e il 35% in più rispetto a un mese fa. Torino ha fatto un balzo dell’11% in sette giorni. Le reti che trasportano l’energia, realizzate decenni fa, possono non sopportare i carichi attuali. L’appetito di elettricità in Italia aumenta poco meno dell’1% ogni anno. Nel 1980 ci bastavano 200 gigawattora, nel 2000 abbiamo toccato i 300, ora siamo a 320. Subito, quest’anno, abbiamo recuperato il livello pre-pandemia: giugno 2022, complice il caldo, è a +4% rispetto a giugno 2019.

     

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    Più si immette elettricità nei cavi, però, più si scaldano. «È l’effetto Joule» spiega Carlo Alberto Nucci, professore di sistemi elettrici per l’energia all’università di Bologna. «Se aumenti la corrente del 10%, i cavi si riscaldano del 20%». Per non bruciare, alla fine, le protezioni di cui sono munite le reti interrompono il flusso. «Nelle città i cavi sono tutti interrati. Possono arrivare a 100, anche 105 gradi, ma non oltre» spiega Paolo Tenti, docente di reti elettriche moderne all’università di Padova. Questo spiega perché i black out riguardano solo dei quartieri: a cedere sono singoli cavi locali. «Bisognerebbe rifare le reti cittadine, ma non è facile», ammette Tenti. Torino è attraversata da 5mila chilometri di cavi, gestite da Ireti del gruppo Iren, Milano da 7mila, gestite da Unareti.

     

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    Sempre più condizionatori

    Che i condizionatori siano la causa dell’aumento di domanda non è evidente solo dall’afa di questi giorni. È anche documentato da Eurostat, l’ufficio di statistica europeo. Mentre l’energia consumata per scaldare le case nel continente è diminuita dell’11% in 40 anni, quella usata per raffreddarla è cresciuta del 300%. In Italia, per ragioni di latitudine, facciamo un uso dei condizionatori triplo rispetto a quello europeo. A superarci sono Malta, Cipro e Grecia, ma ieri anche la Germania è stata colpita dai black out da caldo, e proprio durante la gara di MotoGp sul circuito di Sachsenring, con le prove rinviate di alcune ore.

     

    Siccità e calo di produzione elettrica

    In più, nel Nord Italia, ci si è messa la siccità. I laghi artificiali hanno livelli di riempimento minimi e non possono essere sfruttati appieno per produrre energia idroelettrica. La secca del Po impedisce anche alle centrali termoelettriche di prelevare l’acqua per il raffreddamento. La centrale di Sermide, tra Mantova e Ferrara, è completamente ferma. Quella di Ostiglia, poco più a monte, funziona solo in parte.

     

    Una soluzione dal fotovoltaico

    MARIO DRAGHI MARIO DRAGHI

    Se il riscaldamento climatico è qui per restare, e se i black out estivi stanno diventando la norma, una soluzione presto o tardi andrà trovata. «Non credo che potenziare le reti attuali sia la scelta migliore» ragiona Tenti. E non solo perché bisognerebbe sbancare intere città. «Avrebbe più senso produrre autonomamente energia con il fotovoltaico, anche con batterie per l’accumulo» suggerisce Tenti. Nucci concorda: «Incentivare le comunità energetiche sarebbe una buona idea. Se i cavi sono un punto debole del nostro sistema, produrre energia dove la si consuma può essere una soluzione. Ad alimentare i condizionatori, quando di giorno fa molto caldo, ci penserebbe il pannello sul tetto».

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