CATHERINE SPAAK
1 - MORTA CATHERINE SPAAK, AVEVA 77 ANNI
E' morta a 77 anni Catherine Spaak, attrice, cantante, conduttrice televisiva e ballerina belga naturalizzata italiana. A luglio era stata colpita da un'emorragia cerebrale.
Nell'ultima intervista, a ottobre 2020, aveva confessato: "Ho avuto un'emorragia cerebrale, ho perso la vista e non riuscivo a camminare.
Ora ne rido, bisogna prendere le cose con leggerezza". E ancora: "La malattia, il dolore non sono una vergogna". Aveva poi ringraziato medici e infermieri che l'avevano rimessa in piedi, definendoli 'angeli' perché l'avevano rimessa in piedi da condizioni gravissime, " a gennaio non vedevo più, non sapevo più camminare, avevo perso la vista".
catherine spaak fabrizio capucci
2 - "HO SUBITO BULLISMO SUL SET DE L'ARMATA BRANCALEONE, FU UN PERIODO ATROCE” - ANCHE CATHERINE SPAAK TIRA FUORI MATERIALE BOLLENTE PER IL #METOO: “ERANO TUTTI UOMINI, MI PRENDEVANO IN GIRO. POI GLI UOMINI QUANDO SONO IN GRUPPO DIVENTANO ANCHE PEGGIO…LO SCANDALO MOLESTIE? NE PARLAI TANTI ANNI FA, MA C'ERA OMERTA'" - I RICORDI SUL SET DI “FEBBRE DA CAVALLO”, GIGI PROIETTI CHE ROMPE UN SOFFITTO, MONICA VITTI, CLAUDIA CARDINALE, ALBERTO SORDI E STEFANIA SANDRELLI
3 - MORTA CATHERINE SPAAK: L’ATTRICE AVEVA 77 ANNI
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Maurizio Porro per www.corriere.it
La prima vera Lolita, la prima vera ninfetta italiana, la prima scapigliata degli anni 60 fu Catherine Spaak, parola di Alberto Lattuada e dei suoi «Dolci inganni», preso di mira dalla incattivita censura del 1960. L’attrice è mancata a 77 anni dopo una vita tumultuosa sentimentalmente (4 mariti, 2 figli), avventurosa professionalmente, essendo attrice, cantante, conduttrice tv, ballerina, giornalista.
CATHERINE SPAAK DOLCI INGANNI
Nata in Belgio, a Boulogne Billancourt, il 3 aprile 1945, figlia del famoso sceneggiatore Charles Spaak e di Claudie Clèves, attrice come la sorella Agnes, nipote di un primo ministro, Catherine fu la vera diva ma anche la pecora nera di una famiglia borghese di cui aveva minato le certezze trasferendosi con tutte le sue irrequietezze in Italia.
Il primo a notarla, solo 14enne, fu Jacques Becker che la fa debuttare nel carcerario «Il buco» ma sarà Lattuada che la incasella nella parte dell’adolescente spregiudicata e tormentata dalla prima esperienza sessuale in quel film, tutto a ritmo di jazz freddo, che scoppia come una bomba all’interno della società italiana in divenire, con Marquand e Sorel.
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L’immagine della ragazzina senza timori, desiderosa di provare tutto e subito, viene replicata in diverse versioni, due basilari: nella «Noia» di Damiano Damiani del ’63, dal romanzo cult di Moravia, in cui è una modella che ossessiona il pittore Horst Buccholz fino al culmine della famosa scena in cui lui la copre nuda con banconote da diecimila; nella «Voglia matta», storica commedia generazionale di Luciano Salce del ’62.
Qui in gruppo con Gianni Garko, Jimmy Fontana, Fabrizio Capucci (che sul set conosce e poi sposerà) manda in tilt i sogni erotici piccoli piccoli di un Ugo Tognazzi irretito in una festa di giovani sul finir dell’estate in una villa in riva al mare dove si balla allacciati «Sassi» di Gino Paoli. È un gran successo, toccata e fuga dal romantico al patetico, con un magistrale Tognazzi e una Spaak al culmine della sua adolescente bellezza un po’ androgina, fuori dai canoni delle maggiorate: tutti a prendere in giro il povero Ugo che diventa lo zimbello di un gruppo di giovani disincantati.
catherine spaak harem
Nello stesso modo si prenderà gioco di Vittorio Gassmann, che è suo padre ma non la riconosce, nel «Sorpasso», storico road movie di Dino Risi del ’62, continuando con altri titoli da commedia da spiaggia come «Diciottenni al sole», tutti in costume da bagno con Garko e il marito Capucci. Catherine con la sua indifferenza glaciale è un ottimo aggancio al disamore esistenziale dei tempi. Se ne accorgono Florestano Vancini che la sceglie per «La calda vita» con Ferzetti e il grande proto femminista Antonio Pietrangeli che le disegna su misura il personaggio della «Parmigiana», ancora la «fenomenologia» sentimentale di una ragazza irrequieta cui va stretta la vita di provincia, prefazione ideale della Sandrelli di «Io la conoscevo bene».
Nel folto curriculum dell’attrice simpatica sia agli uomini sia alle donne, c’è anche la riduzione di una spudorata commedia di Fabbri «La bugiarda» di Comencini, sempre in avversione alla monogamia.
catherine spaak lando buzzanca la schiava
Intanto inizia una carriera musicale con la Ricordi che pubblica i primi 45 giri giovanilistici (“Quelli della mia età», «Noi siamo i giovani») che diventano hit grazie anche ai sabati sera televisivi in cui Catherine è ospite, mentre nel 64 vince la targa ai David di Donatello e in tutto pubblica 7 album.
Se la disputano i migliori, Monicelli nell’«Armata Brancaleone» e poi lavora molto con Festa Campanile nelle quasi pochade «La matriarca» e «Adulterio all’italiana», tradendo ora Manfredi ora Trintignant, mentre in «Certo certissimo… anzi probabile» di Fondato si confronta con una coprotagonista, la Cardinale.
catherine spaak jean louis trintignant il sorpasso
Gioca anche ma senza successo la carta di Hollywood in «Intrighi al Grand Hotel» ma nel ’68 in tv debutta nella «Vedova allegra» diretta da Falqui e doppiata da Lucia Mannucci del Quartetto Cetra, mentre nei primi film le voci erano di Adriana Asti e Maria Pia di Mejo.
Essendo Johnny Dorelli partner nell’operetta di Lehàr ecco un’altra ditta di lavoro e sentimentale: si sposano nel ’72, dopo la fine delle nozze con Capucci, mentre con Dorelli avrà il figlio Gabriele e successo in «Aspettando Jo» e nel musical di Simon «Promesse… promesse».
jean louis trintignant catherine spaak la matriarca
Non solo. La Spaak, amante del mondo dello spettacolo, lo racconta sui giornali, partendo dal «Corriere della Sera» (dalla mostra di Venezia) e poi molti settimanali. Si dirada l’attività cinematografica legata alla sua spudorata ed esibita giovinezza, ci sono partecipazioni a film a episodi (svetta quello di Ferreri), continua la carriera teatrale con «Cyrano» regìa di D’Anza, partner Modugno, dal ’78 all’80 cui seguiranno un testo di Albee e uno spettacolo su Vivien Leigh.
Il format televisivo le si addice per le interviste amichevoli nel talk show «Harem», 15 edizioni Rai, dopo aver sperimentato «Forum» (in «Buona domenica»).
La sua ultima esperienza tv è sulla 7 in «Il sogno dell’angelo», sul tema della spiritualità ma nel 2007 partecipa a «Ballando con le stelle» e nel 2015 cede alla «Isola dei famosi».
I terremoti sentimentali, dopo le nozze giovanili con Capucci (dal ’63 al ’71), la vedono moglie di Dorelli dal 72 al 78, dell’architetto Daniel Rey dal 93 al 2010, infine di Vladimiro Tuselli dal 2013, ma il 2 giugno 2020 dichiara in tv di essere tornata single.
Ugo Tognazzi con la sedicenne Catherine Spaak in La voglia matta
Al cinema lavora, nel secondo tempo della carriera, con Salce, Sordi, Risi, la Vitti, l’ultima volta diretta da Iannacone in «La vacanza» del 2019, mentre in tv recita anche in film e miniserie, «Un Posto al sole» e «Un medico in famiglia» e perfino in «Fosca» dal romanzo di Tarchetti, mentre dà alle stampe alcuni volumi: «26 donne», «Oltre il cielo», «Lui».
3 - BIOGRAFIA DI CATHERINE SPAAK RACCONTATA DA LEI STESSA
Articolo di Stefano Giani per "il Giornale", 26 luglio 2021 - da www.cinquantamila.it - la Storia raccontata da Giorgio Dell'Arti
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A quindici anni sul set in tre film, a 17 madre di Sabrina. Anticipatrice di un metoo che ha sconvolto il cinema ma all’epoca aveva assaggiato l’omertà femminile.
Catherine Spaak è donna precoce. In tutto. Eppure, sostiene di aver vissuto in balìa degli eventi. Di essersi lasciata trasportare troppo in gioventù e, solo ora, possiede un’autodeterminazione mai avuta prima.
Saranno gli anni, che poi non sono così tanti, ma la consapevolezza raggiunta porta con sé nuovi ruoli e premi inediti. Come quello consegnatole di recente dal Bardolino film festival nella sua prima edizione, in omaggio alla carriera.
Un riconoscimento con il sapore di un tributo a un’attrice amatissima che ha fatto dell’Italia la sua casa. Così, la ragazza che fece «innamorare» Ugo Tognazzi, cercò di sedurre Gassman-Brancaleone e «piantò in asso» Mastroianni, si consegna a un ruolo introspettivo e a un’innocente amicizia con un uomo più giovane. Bipolare lui, alle soglie dell’Alzheimer lei nell’ultimo film, La vacanza, di Enrico Iannaccone, presentato proprio nella rassegna sul Garda.
Che cosa vede, guardandosi indietro?
«Mi stupisco della fortuna e delle casualità propizie, capitate a una ragazza semplice come me. Era una situazione complicata che ho vissuto con leggerezza e trasporto. Come forse era giusto. Come forse la vive un giovane».
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Perché complicata? Era il 1960. Pieni anni del boom.
«Ho iniziato a lavorare presto per motivi diversi da quello che si potrebbe pensare. La mia famiglia era molto in crisi e, all’improvviso, si è presentato il cinema».
Come si è offerto a una francesina di 15 anni?
«Mio padre era uno sceneggiatore molto noto in Francia, era amico di Prévert e molti altri autori. Tra questi c’erano registi come Alberto Lattuada che veniva spesso in vacanza a casa nostra in Costa Azzurra».
«Dolci inganni» allora nacque così.
«A mio papà lo disse spesso, parlando di me. Questa bambina farà l’attrice. E così è stato».
In famiglia come la presero, data l’età
«In un certo modo potrei dire di non averne mai avuta una».
In che senso?
«Mio padre non lo vedevo quasi mai. Mia madre, che faceva l’attrice, neppure. A nove anni sono finita in collegio perché avevano iscritto mia sorella Agnès che a scuola non andava bene. Io avevo ottimi voti ma dovetti andarci lo stesso per colpa sua. Quando uscii, mio papà mi diede un passaporto, con una dichiarazione che mi autorizzava a varcare qualsiasi frontiera».
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Una stranezza.
«Nessuna ragazza l’aveva».
Genitori emancipati ma famosi. Suo zio è stato primo ministro in Belgio, un famoso europeista.
«E mia nonna è stata la prima donna senatrice a Bruxelles. Viaggiava con un medaglione al collo con la scritta In caso di malessere, nessun prete. Decisamente anticlericale».
In quel momento il cinema diventava la sua famiglia.
«Capitava al momento giusto, in una fase importante di passaggio, di cui peraltro non mi rendevo conto».
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Non ci credo.
«Ero in Italia, un Paese diverso come costume e modo di vivere, che ho adorato. Era il posto giusto al momento giusto. Nessuno lasciava tanta libertà a una ragazza. Non parlavo bene la lingua ma mi sentivo a casa».
Cosa ha significato, in quel momento, recitare?
«È stata un’ancora di salvezza. Sognavo l’indipendenza economica. L’idea di essere mantenuta da un uomo, sposarmi e sistemarmi mi faceva orrore».
E «La voglia matta» venne davvero.
«Una svolta. Professionalmente eccitante, umanamente tremenda».
Perché?
isola dei famosi catherine spaak lascia l isola
«Sul set di quel film incontrai Fabrizio Capucci. Ci innamorammo e restai incinta. Era il ’62, avevo 17 anni e, per la mentalità dell’epoca era uno scandalo. Per di più, in un Paese straniero lontano dai familiari».
Come se la cavò?
«Non me la cavai. Fui vittima della mia età. Ero ospite a casa Capucci, dopo il mio matrimonio con Fabrizio. Mi aggiungevo alla sorella Marcella e Roberto, già affermato stilista. Ma non mi sono mai sentita a mio agio».
E decise di fuggire.
CATHERINE SPAAK IL SORPASSO SPIAGGE DA FILM
«Presi la bambina e scappai. Loro non me la perdonarono e sporsero denuncia».
Morale.
«Fui arrestata a Bardonecchia. In frontiera. Allora c’era la patria potestà, una donna non era veramente libera. Così mi riportarono a Roma con mia figlia, per tutto il viaggio in braccio a un carabiniere».
Ma se non si trovava bene a casa Capucci, non bastava parlarne?
«Non si poteva discutere, non era ammissibile. Finimmo tutti in tribunale. Io persi un film con Roger Vadim che avrei dovuto girare a Parigi, La ronde, un adattamento de Il girotondo di Arthur Schnitzler, noto in Italia come Il piacere e l’amore. Un titolo che sembrava una beffa».
Senza passaporto, in attesa di sentenza, è dovuta restare a Roma.
«La giustizia era molto più rapida di oggi. Il giudice fece presto ma fu una tragedia. Almeno per me».
CATHERINE SPAAK SUL SET DE L ARMATA BRANCALEONE
E le tolse sua figlia.
«La motivazione era, a dir poco, discutibile. Sosteneva che la madre, cioè io, essendo un’attrice, era di dubbia moralità. Quindi la bambina sarebbe rimasta con la nonna paterna».
Allora l’equazione attrice uguale donna poco seria era un assioma indiscutibile.
«Però hanno distrutto la mia vita. E quella di Sabrina».
Vi siete ritrovate a distanza di tempo
«Mai più. Non sono riuscita a recuperare quello che il magistrato ha rovinato».
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Un’incomunicabilità che sorprende.
«È stata una vendetta dei Capucci. Il lavaggio del cervello di Sabrina ha fatto il resto. Le hanno ripetuto: La mamma è cattiva. Ti ha abbandonato. Offese che hanno lasciato segni indelebili».
Ma anche sua figlia avrà voluto conoscere meglio sua madre.
«Ho fatto molti passi per avvicinarmi ma non ho mai ricevuto ascolto. Quando è cresciuta ho chiesto di vivere un po’ con lei ma ha scelto la famiglia e io ho rispettato la sua decisione. Poi, dopo il suo terribile incidente automobilistico, sembrava che potesse aprirsi uno spiraglio. Purtroppo, non è accaduto».
Che dire
Catherine Spaak Vittorio Gassman - Il Sorpasso
«Niente. Detesto chi si piange addosso».
Però un rimpianto c’è.
«Ho avuto la sfortuna di avere genitori molto leggeri. Quando ho avuto bisogno, la mia famiglia non c’è mai stata. Ripeto. Avevo 17 anni».
«La voglia matta» ha significato anche successo.
«Mi arrivavano progetti a valanga e lì sono stata fortunata. Mi ha aiutato l’intuito e forse una certa incoscienza giovanile, fatto sta che ho scelto i migliori».
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Ed è stata testimone dello sviluppo della commedia all’italiana.
«Allora era snobbata. Era considerata un sottoprodotto. Eppure La noia o La parmigiana non erano filmetti. È stato un passaggio per tutti - autori, registi, produttori - ognuno nel suo ruolo».
A questo punto è inevitabile continuare con i ricordi. Iniziamo da Dino Risi che l’ha diretta ne «Il sorpasso».
«Un gran signore. Una persona educatissima. Gli porto molto rispetto e ne conservo grande stima».
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Un aggettivo per definire Marcello Mastroianni.
«Tranquillizzante. Il set de L’uomo dei cinque palloni è stato spiazzante, anche se divertente. Lui mi ha dato sicurezza».
Marco Ferreri invece?
«Lo incontro a Milano. Ultimo piano di un grattacielo in costruzione. Arrivo con il copione in mano. Lui mi guarda. Lo prende. E lo butta dalla finestra. Ce lo dimentichiamo mi dice sardonico mentre Marcello mi fa cenno di non preoccuparmi, che andava tutto bene».
Catherine Spaak con Davide Folletto in una scena del film 'La Vacanza'
Poi
«Prima della scena iniziale, naturalmente diversa dalla sceneggiatura, mi spiegò che il cast - tutto maschile - esercitava un rito propiziatorio cantando una canzoncina. Angelo dell’angelo vieni qui da me intonava uno. E tutti dovevano rispondere Non posso perché il diavolo mi tenta. Guardavo preoccupatissima questi pazzi, per fortuna c’era Mastroianni. Protettivo. Gentile. Carino, come uomo e come collega».
Invece, Vittorio Gassman visto da molto vicino
«Ecco, appunto».
catherine spaak bruciati da cocente passione
Tasto scivoloso?
«No (ride). Era timido ma recitava sempre la parte dello spaccone, sicuro di sé. Come nel Sorpasso. Non è stato facile con lui».
Perché?
«Sul set de L’armata Brancaleone - 40 uomini e quattro donne - ho avuto molte difficoltà linguistiche con un italiano maccheronico e barocco, che non assomigliava all’idioma antico, pur facendogli il verso. Così sono stata presa di mira da lui, Monicelli e tutta la banda. Erano ragazzacci goliardi e impuniti ma talvolta esageravano. Mi accoglievano con insulti pesanti per farmi arrossire e ci riuscivano. Ho sofferto parecchio ma ho scelto la diplomazia. E a distanza di tempo, Vittorio ha capito. E mi ha chiesto scusa».
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Come giudica i rapporti tra uomini e donne nel cinema, un tema oggi d’attualità
«Negli anni 80 dissi pubblicamente che per le attrici era difficile essere rispettate. Era il periodo dei ricatti. Io non ho mai dovuto dare niente in cambio per lavorare ma le generazioni precedenti alla mia avevano dovuto affrontare il problema. I ricatti sessuali erano un’infamia».
Una sorta di #Metoo in anticipo.
«Molte colleghe si stupirono. Dissero che doveva essere accaduto solo a me. Sottolineo. Io non ho avuto brutte esperienze. Poi è arrivato il #Metoo. Quello vero. E il problema è emerso».
I set di oggi hanno più equilibrio, però.
«Non si lasci raggirare dalle apparenze. Non credo che i signori uomini si siano ravveduti. È un altro tipo di ipocrisia, il problema rimane».
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Secondo lei, perché?
«La maggior parte dei maschietti la butta sul predominio di una donna preda e succube. E molte cedono, per interesse. Convinte di migliorare. È sempre stato così. L’unica differenza è che una volta si taceva. Una questione di potere di cui sono schiavi gli uomini che lo usano e le donne che tacciono».
E il domani Come lo vede?
«Non lo vedo (ride). Me ne strafrego. Oggi mi posso permettere tutto. Anche una parolaccia, se serve».
In che cosa si sente diversa?
«Sono più diffidente con tutti, maschietti e femminucce indistintamente. Prima ero trascinata da un fiume incontrollabile, ora non più».
Anche nell’isolamento della pandemia
«Del Covid non mi sono nemmeno accorta. Due mesi prima che scoppiasse ho avuto un’emorragia cerebrale e sono tornata a casa il giorno che è scattato il lockdown. L’8 marzo, festa della donna. Il blocco mi ha concesso una tranquilla convalescenza».
CATHERINE SPAAK
Che cosa le ha insegnato la malattia?
«All’ospedale Santa Lucia mi hanno salvata e in quel reparto di neurologia ho capito il valore del dono e dell’amicizia. Solo la sofferenza ci fa maturare, purtroppo».
Che cos’è la solitudine?
«Non la conosco. Vivo con i miei due cagnolini, uno yorkshire vecchietto e Maya, un tibetano. Muto e meditativo. In campagna ne ho altri due, entrambi adottati, il maremmano Athos e Dia. Secondo me, tra i randagi, si è sparsa la voce che a casa mia si mangia bene».
VITTORIO GASSMAN E CATHERINE SPAAK SUL SET DE L ARMATA BRANCALEONE
Le fa onore.
«Non so cosa mi fa, però mi fa star bene».
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