Estratto dell'articolo di Valeria Sforzini per il “Corriere della Sera”
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È partita l’offerta pubblica d’acquisto di Toshiba da parte di un gruppo di investitori giapponesi guidato da Jip, Japan Industrial Partners, consorzio composto da oltre 20 aziende nipponiche […]
L’offerta, che mira a ritirare il titolo dal mercato (ponendo così fine ai 74 anni di storia dell’azienda come società pubblica), è di 4.620 yen per azione e valuta il gruppo dell’elettronica circa 2mila miliardi di yen, che corrispondono a 14 miliardi di dollari (circa 12,75 miliardi di euro).
Tra le aziende che fanno parte del consorzio — Jip è stato fondato nel 2002 per occuparsi nello specifico di aziende giapponesi — ci sono anche il produttore di chip Rohm, che contribuirà con 300 miliardi di yen, e Orix, con 200 miliardi di yen. L’aspettativa è che l’acquisizione porti a una maggiore collaborazione tra Toshiba e alcune delle aziende investitrici, come Rohm.
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L’annuncio ha coinciso con il quarto trimestre consecutivo positivo. L’utile operativo è salito a 11,4 miliardi di yen (80 milioni di dollari) rispetto alla perdita di 4,8 miliardi di yen registrata nello stesso periodo dell’anno precedente, quando l’azienda aveva risentito dell’aumento dei costi dei materiali.
[…] «Siamo giunti alla conclusione che la privatizzazione porterà a un aumento del valore aziendale», spiega l’azienda sul sito. Dal 2015, Toshiba è stata coinvolta in una serie di crisi, tra cui le débâcle contabili e il fallimento della sua unità di energia nucleare negli Stati Uniti. In quel caso, la bancarotta di Westinghouse nel 2017, azienda americana del settore energetico, comprata da Toshiba nel 2006, aveva causato 5,5 miliardi di dollari di perdite al colosso giapponese che in seguito aveva ritirato i suoi progetti anche in India e in Gran Bretagna.
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