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    È PARTITO IL VALZER DELLE EUROPOLTRONE E L'ITALIA FA DA TAPPEZZERIA - MERKEL E MACRON PREPARANO LA NUOVA COMMISSIONE E LA NUOVA BCE. LA FORMAZIONE ATTUALE NON SI POTRà REPLICARE: TROPPO PPE E TROPPI UOMINI. I NOMI IN CORSA: JUNCKER VORREBBE LA MERKEL A CAPO DEL CONSIGLIO, COSA CHE BLOCCHEREBBE WEBER ALLA COMMISSIONE. E DOPO DRAGHI...


     
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    1. TUTTO PRONTO PER IL VALZER DELLE EUROPOLTRONE GUIDANO MERKEL E MACRON, L' ITALIA FUORIGIOCO

    Marco Zatterin per ''la Stampa''

     

    La scena è pronta. Non appena le urne saranno chiuse e i risultati noti, i leader delle famiglie più forti del Parlamento europeo - popolari, socialdemocratici, liberali e verdi - daranno il via al grande valzer delle europoltrone. Prenderà la parola Manfred Weber, «candidato di punta» di casa Ppe, ovvero dello schieramento che, salvo cataclismi, il 26 maggio risulterà il più votato del continente. Chiederà d' essere indicato alla guida della Commissione Ue, come prevede il copione, ma non è scontato che accada. La partitura da scrivere è complessa e mancano certezze, salvo una: a dirigere l' orchestra saranno Francia, Germania & Friends, senza l' Italia che, delle dodici stelle, vedrà solo la polvere a cui s' è autodestinata.

    weber merkel weber merkel

     

    Lo spitzenkandidat

    S' inizia da qui, dal «candidato di punta». È l' artificio trovato cinque anni fa per creare un legame fra elettori e nominati. Si è stabilito che ogni famiglia politica abbia un nome (i lib ne hanno nove, fra cui Emma Bonino) per la presidenza della Commissione. Chi ottiene più suffragi, vince. Nel 2014 ha funzionato. Si sono imposti i popolari e Juncker - non senza faticare - ha ottenuto Palazzo Berlaymont. Il bavarese Weber, «spitzen» Ppe, spera in un bis, tuttavia non è certo che i governi siano coesi. Ci sono altri candidati e un bel pacchetto di incarichi da assegnare. Oltre all' esecutivo Ue, per la stagione che si apre: il Consiglio, l' Alto rappresentante per gli Esteri, il Parlamento e la Bce.

     

    EuroCencelli

    Tutto si dovrà tenere. Risultati elettorali, colore politico, grandi e piccoli Paesi, Sud e Nord, Est e Ovest, uomini e donne. Persino Ern Rubik, l' inventore dell' omonimo cubo, in visita a Bruxelles ammise di trovare gli intrecci comunitari mai ovvi. Oggi abbiamo Juncker alla Commissione (Ppe, Lussemburgo), Tajani al Parlamento (Ppe, Italia) e Tusk al Consiglio (Ppe, Polonia). È una formazione non replicabile. Troppo Ppe, troppi uomini. Gli appetiti sono più larghi.

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    Il primo schema

    Il voto sentenzia che il Ppe è il primo sodalizio europeo. Weber chiede, e ottiene, la Commissione col via libera degli altri capofamiglia politici, Timmermans (Pse) e Verhofstadt (liberali e, se funziona, macroniani), che diventano presidenti dell' Europarlamento per due anni e mezzo a testa, ovvero per mezza legislatura. Il Consiglio non può più essere tedesco - cosa che taglia le ambizioni (celate) di Angela Merkel (Ppe)- come la Bce (addio Weidmann). Serve un Paese piccolo o centro-orientale, gradito a Berlino e Parigi. Nessuno in lizza, al momento.

     

    Weber non ce la fa

    Può succedere perché la Merkel scende in campo e si prende il Consiglio. È lo scenario che piace a Juncker che lo ha auspicato in una intervista. Alla Commissione servirebbe un non-Ppe e non tedesco, allora.

    draghi merkel draghi merkel

     

    Detto che l' eccezione potrebbe essere il francese Barnier (Ppe gradito a Macron), ecco che si aprirebbe la strada per il poliglotta Timmermans. In alternativa, si fa il nome della danese Vestager, però ancora priva del sostegno politic o necessario. Alla Bce andreb be un «falco», magari il finlandese Rehn. La carica più alta di Strasburgo potrebbe consolare Weber. Ma siamo arrivati sin qui menzionando solo una donna. Che, a questo punto, non può bastare.

     

    I desideri dell' Eliseo

    Macron vuole la Bce e pensa a Villeroy de Galhau. In cambio, è pronto offrire sponda ai tedeschi su Bruxelles. Se farà il patto coi liberali, il suo parere sarà cruciale per garantire Commissione o Consiglio a un pupillo di Frau Merkel.

    La politica estera L' alto rappresentante Mogherini ha fatto bene contro la volontà delle capitali. È un posto scomodo che potrebbe piacere a Timmermans. Ma anche al finlandese Stubb (Lib) e allo spagnolo Borrell (Pse). Spariglierebbe la Lagarde, ma non è quello che vuole Macron.

     

    Gli italiani

    BARNIER BARNIER

    Sarà interessante scoprire le mosse del governo gialloverde. Non può puntare su grosse prede, visti i rapporti pessimi con chi tiene il banco. Persino la sedia alla Bce del dopo Draghi sembra ora problematica.

     

    Una scelta tecnica (alla Moavero) avrebbe qualche possibilità di ottenere un portafoglio decente in Commissione; una politica, pilotata da Salvini (Fontana? Giorgetti?) meno.

    Dopo il 26 maggio i sovranisti saranno opposizione e non avranno sconti. Così può darsi che sia il Pd ad avere la meglio.

     

    Una vicepresidenza a Strasburgo è quasi sicura, come la guida di una commissione parlamentare (Commercio per Calenda?) o lo stesso gruppo Socdem. Qualcuno sussurra che il gran manovrare macroniano di Renzi abbia un obiettivo europeo. «Il Consiglio», si sente dire. Un boccone troppo grosso di cui è troppo presto per parlare. Intanto le voci girano. Le visioni, meno.

     

     

    2. NELLA CORSA ALLA SUCCESSIONE DI DRAGHI ROMA RISCHIA DI ESSERE ESCLUSA DALLA BCE

    Alessandro Barbera per ''La Stampa''

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    C' è un rischio che incombe sull' Italia dopo il 26 maggio. Il voto europeo non sarà solo il momento della verità per gli equilibri all' interno del governo giallo-verde, ma anche per quelli dell' istituzione chiave dell' Unione, la Banca centrale europea. Il 31 ottobre scade il mandato di Mario Draghi, e la battaglia per la successione è aperta. A quella poltrona aspirano almeno in tre: il governatore della Bundesbank Jens Weidmann, il collega francese Francois de Galhau e il finlandese - ed ex commissario europeo - Olli Rehn.

     

     A decidere non saranno i curriculum, bensì i rapporti di forza all' interno del Parlamento di Strasburgo e la determinazione dell' asse Merkel-Macron a condizionarli. Dalla scelta del nuovo governatore dipende la permanenza o meno di un italiano nel board dell' istituzione. Roma ha ottime ragioni per sostenere il francese o il tedesco, pochissime per il candidato finlandese.

     

    Olli Rehn Olli Rehn

    A favore di Rehn si potrebbe stringere il gruppo dei Paesi nordici, sempre più spesso compatti per affrancarsi dall' orbita tedesca. Oltre alla Finlandia stessa, l' Olanda, i tre Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), appoggiati da chi sta fuori dalla moneta unica ma può dire la sua al tavolo che sceglierà il nuovo capo della Commissione europea: Danimarca e Svezia.

     

    Oggi il comitato esecutivo della Bce è composto da sei persone, Draghi incluso. Francia e Germania sono rappresentate da Benoit Coeuré e Sabine Lautenschlager. Dopo il voto Merkel e Macron tenteranno un accordo per riempire la casella della Commissione e quella della Bce.

     

    Non è ancora chiaro se i due riusciranno a imporsi e in quel caso di che nazionalità saranno i due nuovi presidenti. Una cosa è certa: se la scelta per Francoforte cadrà sul tedesco o sul francese, allora uno dei due attuali membri del comitato esecutivo dovrà dimettersi e la poltrona rimasta vacante andrà all' Italia. Se viceversa la scelta dovesse cadere su Rehn o sul governatore di un altro Paese fra i più piccoli (i bookmaker quotano anche l' olandese Knot e l' austriaco Nowotny) allora per l' Italia sarà un guaio.

    DRAGHI NOWOTNY DRAGHI NOWOTNY

     

    Nei palazzi delle autorità monetarie c' è chi teorizza che l' alleanza fra nordici a favore di un candidato diverso da Weidmann abbia fra i suoi obiettivi anche quello di escludere l' Italia dai piani alti dell' istituzione, almeno fino a quando non scadrà il mandato del lussemburghese Yves Mersch. L' esito della trattativa dipenderà dagli equilibri che usciranno dal voto europeo, e dalla maggioranza antisovranista che si formerà attorno alla nuova Commissione.

     

    C' è però un fatto che è già emerso nelle ultime riunioni dei 19 governatori della zona euro. La forte volontà di Mario Draghi di mantenere una politica monetaria espansiva sta creando malumori fra i governatori del blocco nordico.

    Durante l' ultima riunione ci sono stati ben due motivi di discussione: sulle stime di crescita dell' area euro, secondo alcuni eccessivamente ottimistiche, e in merito all' introduzione del cosiddetto «tiering».

     

    Si tratta di un meccanismo già utilizzato dalla Banca del Giappone che permette alle banche di depositare liquidità presso la Bce a costo zero o quasi: su questo hanno espresso pubblicamente dubbi sia il governatore lituano che l' olandese Knot. La fine dell' era Draghi e del denaro a costo zero potrebbe essere insomma l' innesco di un nuovo scontro Nord-Sud nel continente. E l' Italia ha tutto da perderci.

    Twitter @alexbarbera

     

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