PUTIN E ELTSIN
Massimo Gramellini per “il Corriere della Sera”
Alla ricerca di indizi sul carattere dell'uomo che tiene un dito sul pulsante nucleare, sono andato a rileggermi l'ultimo capitolo di «Limonov», capolavoro di Carrère. Vi si racconta di quando, nell'estate 1999, con Eltsin ancora al potere, il miliardario moscovita e burattinaio in capo Boris Berezovskij si recò a Biarritz, dove il capo dei servizi segreti Vladimir Putin trascorreva le vacanze con la famiglia, per convincerlo a entrare in politica.
ELTSIN E BORIS BEREZOVSKIJ
L'impresa si rivelò complicatissima, perché Putin oppose una discreta resistenza. Sostenne di non sentirsi all'altezza e di non avere ambizioni di quel genere. «In realtà sai chi vorrei essere, Boris Abramovic?», disse a Berezovskij. «Dimmi, Vladimir Vladimirovic, chi vorresti essere?». «Te».
Berezovskij tornò a casa tutto felice e riunì la cupola degli oligarchi, annunciando loro che aveva trovato l'uomo giusto. Un mediocre senza personalità. «Vedrete, ci verrà a mangiare in mano». Solo il vecchio Eltsin, in un barlume di lucidità, bofonchiò: «Io quel piccoletto al Cremlino non ce lo voglio».
BORIS BEREZOVSKIJ
Poi gli fecero cambiare idea. Un anno e mezzo dopo, Eltsin era in pensione e Berezovskij in esilio. La capacità di fingersi debole per non spaventare i più forti è stato l'indubbio talento di questo principe machiavellico. Ma gli anni passano anche sui caratteri e la speranza è che adesso Putin, per spaventare quelli che ritiene deboli, si stia fingendo più forte di quanto non sia. La Storia ha una certa predilezione per i ribaltamenti di ruolo.
VLADIMIR PUTIN E BORIS ELTSIN