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    E SE ESISTESSE UN FARMACO ANTI-ABBUFFATA? UNO STUDIO ITALIANO HA IDENTIFICATO UN LIPIDE CHE VIENE PRODOTTO DALL'INTESTINO DOPO UN PASTO IN GRADO DI SEGNALARE AL CERVELLO UNA CONDIZIONE DI SAZIETÀ, IN MODO DA LIMITARE IL CONSUMO ECCESSIVO DI CIBO E STIMOLARE IL METABOLISMO A BRUCIARE I GRASSI – AL MOMENTO NON ESISTE UN MEDICINALE IN GRADO DI BLOCCARE LE ABBUFFATE COMPULSIVE, MA QUESTA SCOPERTA POTRÀ…


     
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    Marco Pivato per “la Stampa”

     

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    Immaginate di essere un antico cacciatore-raccoglitore in cerca di cibo: la cosa più dolce che avreste a disposizione sarebbe un fico. E dovreste fare in fretta a mangiare, perché potrebbe saltare fuori un compare altrettanto affamato e rubarvi i frutti oppure un predatore a cogliervi disattenti. È così che il cervello si è evoluto a riconoscere e fare incetta di alimenti gustosi: abbuffarsi ha garantito la sopravvivenza dell' uomo, quando la velocità faceva la differenza tra la vita e la morte.

     

     evitate le abbuffate  evitate le abbuffate

    Ma altro che fichi, adesso: torte di crema e panna e cibi iper-calorici sono continuamente alla portata. Quindi l' abbuffata è un istinto innato. «Molti alimenti, soprattutto quelli ricchi di zuccheri, costituiscono una fonte di energia immediatamente disponibile per l' organismo e allo stesso tempo stimolano il rilascio di dopamina nel cervello, il neurotrasmettitore associato alla motivazione e al senso di gratificazione», spiega un team di farmacologi italiani coordinati da Silvana Gaetani, ordinario dell' Università La Sapienza di Roma, e da Carlo Cifani, associato dell' Università di Camerino.

     

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    Entrambi sono coordinatori del Gruppo di Lavoro «Obesità, Sindrome Metabolica e Disordini Alimentari» della Società Italiana di Farmacologia. Il team ha pubblicato sulla rivista «Nature Neuropsychopharmacology» i risultati di uno studio che ha identificato la oleoiletanolamide, una molecola-farmaco che servirà a prevenire e contrastare il disturbo da alimentazione incontrollata.

     

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    Rifugiarsi nel cibo è per molti un modo per sfuggire alle emozioni negative e gratificarsi attraverso i comportamenti che rilasciano dopamina può diventare automatico. Dopamina viene rilasciata quando assumiamo droghe come ecstasy e cocaina, facciamo shopping, sesso e ogni altra cosa che rilascia una scarica di piacere. Il problema sorge quando ciò diventa compulsivo, incontrollabile e ripetitivo, tanto da sfociare in una vera e propria patologia.

     

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    «È il caso del Binge eating disorder (Bed), il disturbo alimentare più comune, caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate fuori controllo, analoghe a quelle della bulimia, non seguiti da atti compensatori o di eliminazione, come l' induzione del vomito o l' auto-somministrazione di lassativi - spiega Cifani, che insegna anche alla Scuola di Scienze del Farmaco e dei Prodotti della Salute a Camerino -. Chi ne è affetto sviluppa obesità grave, oltre a un marcato disagio psicologico, caratterizzato da depressione, ansia, bassa autostima o altri problemi che possono influenzare la qualità della vita».

     

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    I trattamenti più significativi e attualmente disponibili per il «Bed» prevedono una combinazione di psicoterapia e farmacoterapia e quest' ultima è basata su farmaci antidepressivi. Tuttavia, il fatto che il tasso di ricaduta sia ancora elevato prova che vanno individuate strategie più efficaci. «Nel laboratorio del dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Sapienza - spiega Gaetani, che docente alla Facoltà di Farmacia e Medicina - studiamo le proprietà farmacologiche dell' oleoiletanolamide, un lipide prodotto dall' intestino, in seguito a un pasto, e che segnala al cervello una condizione di sazietà, in modo da limitare il consumo eccessivo di cibo e da stimolare il metabolismo a bruciare i grassi».

     

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    Con questo nuovo studio - continuano Adele Romano e Maria Vittoria Micioni Di Bonaventura, ricercatrici de La Sapienza e dell' Università di Camerino e co-primi autori della pubblicazione - suggeriamo che questa molecola potrebbe essere in grado di prevenire e contrastare il "Bed", modulando le funzioni di specifiche aree del cervello attivate dallo stress o da stimoli gratificanti.

     

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    In Europa e in Italia non esistono farmaci approvati per il «Bed», a fronte del fatto che nel nostro Paese il 3.5% delle donne e il 2% degli uomini ne è affetto. Gli antidepressivi, di fatto, non sono abbastanza efficaci per questo disturbo, mentre a livello preclinico la oleoiletanolamide ha dato i risultati sperati e adesso dovrà cominciare la sperimentazione sull' uomo.

     

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    Dati simili ci sono negli Usa, dove l'«abbuffata compulsiva» colpisce tra il 2% e il 5% della popolazione, ma un farmaco c' è e si chiama lisdexamfetamina. Il problema sono però gli effetti collaterali: «È un derivato dell' amfetamina e può dare insonnia, mal di testa, perdita eccessiva di peso, oltre a frequenti problemi cardiaci, proprio come le droghe simili a queste molecole. Spesso chi soffre di "Bed", inoltre, è obeso, e si porta dietro i problemi connessi con questa condizione, come ipertensione ed altri problemi dell' apparato cardiocircolatorio: ecco perché somministrare un derivato dell' amfetamina può aggravare il quadro complessivo».

     

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    La quarantena può avere aggravato queste condizioni: alcool, cibo, ansiolitici e droghe spesso sono utili a compensare la «fame d' aria» perché, rilasciando dopamina, danno un «contentino» al sistema della gratificazione.

    Per il paziente sofferente di «Bed», privato degli stimoli che lo distraggono da una vita emotivamente difficile, tutto questo significa ricadere. Ora nuove speranze si affacciano grazie alla molecola che lo previene.

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