Alessandra Retico per la Repubblica
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E se fosse Vettel il problema? « Se Seb continua a sbagliare così tanto non riuscirà a vincere il mondiale » . Il campione del mondo 2016 con Mercedes Nico Rosberg lo dice crudo, ma lo dice quando molti altri lo mormorano. Ex rivale del pilota della Ferrari ma neanche troppo amico dell' ex compagno di squadra Lewis Hamilton, il tedesco pone l' esatta questione per la Scuderia dopo l' errore della sua prima guida al Gran Premio di Monza.
Quella smania di superare al via la sorella Rossa di Kimi Raikkonen, "libera" di correre per vincere vista l' assenza di ordini diversi, ha spalancato il varco alle sue spalle al suo principale avversario: il britannico ci si è infilato senza complimenti mentre Seb non ha reso le armi rimandando ai 52 giri successivi la vendetta. E allora, contatto. E testacoda, macchina rotta e gara persa per Vettel.
Fosse stato lucido, avrebbe vinto con l' auto migliore. Invece adesso si trova a inseguire con 30 lunghezze di ritardo la Freccia d' Argento. « Vettel crolla quando è sotto pressione, va detto» il commento del campione del mondo 1996, l' inglese Damon Hill. « Invece Lewis ha fatto una gara pazzesca, è al massimo della forma, è uno dei migliori adesso e uno dei migliori di tutti i tempi. Lo ha dimostrato ancora, anche con una macchina inferiore.
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L' incidente? Colpa di Seb » conclude Rosberg. Vettel, non sorpreso dal comportamento di Raikkonen, ha provato a imputare a Hamilton ( « che non mi ha lasciato spazio » ) la responsabilità del contatto. Ma è stato evidente a tutti, compresi gli steward che hanno archiviato il fatto, che è stato lui a commettere una scellerata ingenuità. Capita, dice l' ex pilota Jarno Trulli: « Quando sei lì a volte fai le cose giuste, purtroppo in alcune occasioni capitano quelle sbagliate. Alla partenza, Vettel doveva andare all' interno e Raikkonen all' esterno alla prima variante. Così sarebbero sfilati prima Vettel e poi Raikkonen. Lo stesso Hamilton ha detto di essere stato sorpreso. Ovvio che non ci fosse alcuna strategia».
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No, non c' era. Capita ai piloti di sbagliare, però anche per Trulli a Seb capita troppo spesso: « Purtroppo Monza è stata una partenza difficile, non prevedibile da un certo punto di vista, ma si poteva sicuramente fare meglio con un minimo di strategia. Ed è vero che Vettel in questo momento, pur con la macchina migliore, più di una volta ha mancato di fare la cosa giusta».
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Non proprio un processo. Ma ci somiglia. Perché è vero che da avversario, specie in Red Bull con cui ha vinto di fila 4 mondiali dal 2010, Seb sembrava alla Ferrari il ragazzo maledettamente talentuoso e imperturbabile da portare a Maranello per ricominciare a vincere. Invece, con la casacca rossa ( dal 2015), sembra aver perso addirittura smalto. E aver accentuato l' italianità di una parte forse un po' rimossa del carattere. L' ex presidente Sergio Marchionne lo definì un meridionale l' anno scorso riferendosi in particolare al fattaccio di Baku, a quella sportellata che Seb rifilò a Hamilton alla ripartenza della safety car infastidito da una presunta frenata, dalla telemetria poi smentita, del rivale davanti. Sembrava aver compreso la lezione dopo i 3 punti tolti dalla patente e una lavata di testa dalla federazione.
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Ma venne Singapore col pasticciaccio al via sempre con Raikkonen che di fatto concluse la sua corsa al mondiale. Il 2018, se possibile, ancora più falloso: cinque errori in 14 gare. In più, errori gratuiti: il tentativo di sorpasso a Bottas negli ultimi giri a Baku fallisce e da secondo si ritrova 4°; in Francia terzo al via tampona sempre il finlandese e sfascia la macchina (sarà 5°); in Austria si addormenta in qualifica ostacolando il giro di Sainz e rimedia tre posizioni di penalità, parte sesto e finisce terzo; a casa sua in Germania è al comando a 15 tornate dalla fine quando, sotto la pioggia, perde l' auto e va a muro come un principiante. I piccoli enormi errori di Seb. Di mondiale importanza.
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2. L’AUTOGOL DI ARRIVABENE
Marco Mensurati per la Repubblica
C' è un preoccupante nesso trai fischi del pubblico monzese contro Lewis Hamilton e le dichiarazioni dopo gara del team principal Maurizio Arrivabene. Ed è un nesso di natura culturale, un atteggiamento mentale che si traduce nell' istintiva e forse cronica incapacità di riconoscere i meriti degli avversari, e di accollarsi la responsabilità dei propri errori.
«Noi non assumiamo maggiordomi ma piloti», ha dichiarato il boss della Ferrari commentando l' ordine di scuderia impartito dalla Mercedes a Bottas. La gara era appena finita, la delusione per gli ultrà di Monza era ancora rovente, e proprio in quel momento il pubblico cominciava a fischiare uno dei piloti più forti della storia.
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Ora, chi conosca Arrivabene sa che è un uomo appassionato, un tipo dal temperamento vulcanico, poco incline alle mediazioni, anche solo lessicali. E però un po' di prudenza gli avrebbe evitato di cadere nel ridicolo, magari rivolgendo la propria attenzione alla partenza sgangherata di Vettel.
Senza riaprire il dibattito sulla natura della F1 - sport di squadra o individuale?
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basterebbe qui ricordare che la Ferrari è il team che la figura del pilota-maggiordomo l' ha inventata, arrivando col tempo persino a codificarne il comportamento. Nel dubbio, chiedere a Barrichello che dopo sei stagioni passate a farsi superare da Schumacher oggi potrebbe insegnare all' alberghiero. E ricordate il " Fernando is faster than you" con cui venne tumulata la carriera di Massa a favore di Alonso ad Hockenheim nel 2010?
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E si noti che, al tempo, gli ordini di scuderia erano pure proibiti (vennero legalizzati poco dopo). Ma ci sono episodi anche più recenti. Come quello di Montecarlo 2017, o quello di Budapest dello stesso anno: quando a un Raikkonen ingentilito dal tempestivo rinnovo contrattuale fu chiesto di coprire le spalle a Vettel. Il tedesco era primo quando aveva rotto il volante, e se Kimi - in quel caso prezioso gregario, non certo maggiordomo - non avesse fatto da tappo per rallentare Bottas (guarda il destino!), Vettel avrebbe perso punti preziosi per il mondiale.
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Tutto questo, ovviamente, Arrivabene lo sa bene. E sa anche che al posto di Toto Wolff avrebbe fatto lo stesso, aspettandosi dal pilota un comportamento professionale.
Quello che probabilmente Maurizio ignora è quanto atteggiamenti come quello di insultare in tv il rivale che ti ha appena sconfitto possano nuocere all' immagine propria e della Ferrari e, soprattutto, finiscano per mandare un messaggio sbagliato agli appassionati. Già di loro inclini a confondere lo sport con il tifo.
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