Fabbrica di scarpe bombardata in Ucraina
È come se ogni giorno, facendo scorrere fotografie e immagini, camminassimo attraverso campi coperti di orme e di cicatrici: ospedali, università, ricoveri per malati di mente, laboratori, palazzi popolari. Ieri si mostrava la carcassa appena fulminata e sminuzzata, ancora fumante, di quella che indicavano come una fabbrica di scarpe a Dnipro nel cuore dell'Ucraina.
Una fabbrica di scarpe? Ma che bersaglio è mai questo? Che vantaggio se ne ricava dal punto di vista militare a distruggerla, visto che era un vecchio falansterio di cemento già lebbroso dell'età ucraino-sovietica? Un missile sprecato, nulla più. E ospedali e maternità? Come contribuisce alla vittoria colpirli se non cattiva propaganda e minacce di dover render conto, alla fine della guerra, di gratuiti delitti?
Fabbrica di scarpe bombardata in Ucraina 2
Così stiamo con un senso di assurdità da sbigottire. Il mondo anche nel caos del conflitto sembra uscito dai cardini. Per questo ogni volta sobbalziamo, come se fosse la prima volta, come se ci risvegliassimo da un incubo orrendo. E non avessimo mai visto scene del genere in mille altri luoghi, anche di recente.
Mi chiedo: perché i russi non hanno immediatamente sabotato e annientato le reti di comunicazione ucraine, rallentato o reso problematico telefonare, usare internet, mandare immagini e foto? Si fa presto a nascondere i delitti. In Siria funzionavano solo i satellitari che non sono merce diffusa e per di più si prestano al rischio di essere localizzati e annientati. In Ucraina si telefona e si mandano immagini con più efficacia che da Alghero o Marsala.
Fabbrica di scarpe bombardata in Ucraina 3
E se fosse il contrario? Ovvero che l'accesso a quelle immagini di distruzione non fosse dovuta alla inefficienza dei russi? Forse è esattamente quello che i russi vogliono che vediamo. In fondo, in questa loro invasione non conta tanto quanto territorio occupano materialmente: sanno che costerebbe troppo controllare e normalizzare un Paese così grande e ostile.
La chiave di questa guerra è proprio la paura. Ed è una corsa contro il tempo: la rapidità e la efficacia della paura che sapranno rovesciare su di noi europei ancor più che sugli stessi ucraini. Perché è la leva con cui vogliono indurci a trattare una ridiscussione degli equilibri al centro del continente. Devono completarla perfezionarla, la paura, prima dell'avvicinarsi del termine oltre cui la guerra diventerà per loro troppo onerosa e insostenibile.
Ospedale pediatrico di Mariupol 2
Guardate che cosa possiamo fare con la nostra forza, guardate bene e stupitevi: ci mostrano i russi. E ogni giorno spettacolarmente alzano il livello della violenza via via che la resistenza ucraina si allunga e l'Occidente resta più o meno unito attorno alle contromosse delle sanzioni, a un rivoletto di aiuti militari e al rifiuto di discutere con l'invasore.
In questo scenario anche il bombardamento di una inutile fabbrica di scarpe ha un senso tattico: attenti, niente si salverà dalla nostra furia metodica, anche le cose più innocue e quotidiane; anzi soprattutto quelle rientrano nei nostri piani di distruzione.
Ospedale pediatrico di Mariupol
Le immagini in guerra sono estremamente efficaci: i dubbi che nutriamo, le scene che vediamo e non si conformano alle nostre certezze di uomini in pace sono confusi, difficili da esprimere, inquietanti. Quello che osserviamo inceneriti dalla brutalità degli eventi ogni giorno al telegiornale è il realizzarsi nei fatti del principio bellico della ascensione all'estremo, il meccanismo che avvicina ogni giorno di un altro passo la guerra al suo concetto che si può definire assoluto.
MARIUPOL OSPEDALE BOMBARDATO
La guerra che fa più paura, sembra un orribile paradosso, non è quella che serve a uno scopo ma esattamente il suo contrario: quella che supera lo stadio della manifestazione del selvaggio, dello smisurato, dell'incomprensibile. Una invasione che avesse come scopo inglobare un fazzoletto di province carbonifere all'est del Paese, un residuo staliniano popolato di stabilimenti industriali mezzi marci, proprio perché ha una sua logica, non ci spaventerebbe.
GUERRA RUSSIA UCRAINA
Quante guerre soprattutto in Europa si sono combattute per una montagna, qualche chilometro di boschi o un bacino minerario? Quello che spaventa è semmai la guerra che non ha più alcuna misura estrinseca, che si distacca dal fine, acquista visivamente una sua vita propria e uno sviluppo enigmaticamente indeterminato.
Ma dove si fermeranno se fanno cose così assurde e feroci? Se la guerra non diventa iperbolica con il passare delle settimane ci abituiamo, si banalizza, fissiamo quello spettacolo con la noia di tutti i giorni. Soprattutto non abbiamo più paura. La guerra produce spesso queste cristallizzazioni.
guerra in ucraina 5
Anche il conflitto siriano lo abbiamo seguito quasi in diretta ogni sera al telegiornale per anni, allungando la lista degli spettacoli più brutali che coinvolgevano i civili. Un ospedale di Aleppo in cui all'inizio avevo dormito come se fosse un rifugio sicuro, ad esempio, l'ho visto progressivamente smantellato da bombardamenti come si dice "mirati", piano dopo piano, secondo un disegno metodico.
Ma che qualcuno lo mostrasse non aveva alcuna utilità, Bashar Assad e il suo alleato russo. Era la distruzione, la fuga degli abitanti e la desertificazione di interi quartieri ribelli della città a cui si puntava. I russi sanno che in Ucraina l'impatto delle immagini deve essere molto ben visibile per essere efficace nei loro disegni indiretti, il livello di choc e la loro evidenza si alza.
fosse comuni a mariupol 2
Perché quelle rovine, quegli ospedali, quei morti sono un'Europa per noi riconoscibile, vicinissima, di cui quasi condividiamo il respiro, lo sguardo, le voci. Ci specchiamo dentro e per questo abbiamo ancor più paura. Non ci sono palme o deserti come nel vicino oriente in Somalia o in Iraq.
La trasposizione è immediata: i russi ci aiutano a vedere in anticipo uno spot terribilmente reale di quello che potremmo subire noi. Niente ci appare più terribile di quanto appartiene alla nostra natura e alla nostra possibilità di dolore, strappa le maschere della nostra sicurezza della nostra normalità. Ci vuole l'esperienza della paura e del caos di un campo di battaglia di cui quasi sentiamo fisicamente per la vicinanza geografica il rumore assordante e spaventoso per farci capire che non siamo così sicuri come credevamo di essere.
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