Massimo Sideri per il "Corriere della Sera"
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«C'è una dimensione puerile TikTok che ritroviamo anche in altre app come Snapchat, nata per non far leggere ai genitori i propri messaggi. Eppure allo stesso tempo queste piattaforme rappresentano anche un sistema nervoso sociale che si ribella facendo emergere la sensibilità delle nuove generazioni.
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Ecco allora che sia la censura cinese che il tentativo da parte del presidente Usa Donald Trump di frenare questa dimensione ricorda quello che accade nelle aziende quando la vecchia generazione vuole bloccare quelle successive». Il sociologo Derrick de Kerckhove ha speso gli ultimi trent' anni a studiare le dinamiche massmediatiche applicate alla Rete, prima come direttore del McLuhan Programme dell'Università di Toronto e più di recente anche in Italia come direttore scientifico della rivista «MediaDuemila».
Durante l'estate ha ritirato il premio Marshall McLuhan di cui è stato allievo. Prima il boicottaggio dei comizi di Trump, poi l'utilizzo della piattaforma nelle strade di Hong Kong, proprio contro la Cina dove TikTok è nata.
Sembra emergere un uso consapevole del social media come strumento di protesta, come nella Primavera araba con Twitter. È così?
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«Protesta è una bella parola: quando non c'è fretta gli anziani prendono il potere. I social media sembrano attraversati solo da sciocchezze monumentali»
Chi avrebbe mai potuto pensare che una app per dei balletti "cretini" fosse scaricata da miliardi di ragazzi?
donald trump
Ma questo vuole dire anche che una nuova sensibilità per i temi legati al cambiamento, come la sostenibilità ambientale, trova questi percorsi per mandare dei messaggi. È come se ci fosse una mentalità comune collegata da un linguaggio o un certo modo di parlare che ricorda l'atteggiamento tribale tipico dei ragazzi. All'interno di questo mondo, in questa tribù, ci sono anche persone intelligenti che spingono per utilizzare lo strumento per lanciare messaggi intelligenti».
È una sorta di gemello digitale collettivo quello che intravediamo?
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«Più un sistema nervoso con una dimensione globale che ispira i giovani».
Lei ha coniato il termine the great firewall per anticipare il fenomeno della censura cinese. Ora è il presidente Usa che blocca i social media.
«Se i cinesi sono intelligenti come io credo dovranno lasciare maggiore libertà online: la critica già oggi è un po' tollerata, se non supera una linea rossa. Ma la vera differenza è che gli Stati Uniti vogliono controllare solo per questioni di business, non sociali. Sono ossessionati dal denaro. Se il fenomeno sembra simile le ragioni sono totalmente diverse».
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