Estratto dell’articolo di Clarida Salvatori per il "Corriere della Sera"
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Una rete fondamentale, ma purtroppo ancora del tutto insufficiente in Italia, quella per la presa in carico e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna). A fronte di oltre 3 milioni di pazienti, che dopo il Covid sono aumentati di oltre il 30%, su tutto il territorio nazionale infatti si contano appena sei strutture in più del 2023, vale a dire 132, tra centri pubblici (105) e privati accreditati (27), a cui si sommano poi le associazioni (48), distribuiti in maniera tutt’altro che omogenea: 63 al Nord, 45 al Sud e nelle isole e 24 al Centro.
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La fotografia, da cui si evincono le grandi difficoltà che devono affrontare i pazienti, è la «mappatura territoriale» presentata ieri in un convegno a cui hanno preso parte tra gli altri Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, e Francesco Vaia, direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute.
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Tra le Regioni italiane più virtuose figurano l’Emilia-Romagna, con 23 centri in totale di cui 10 pubblici, 4 privati accreditati e 9 associazioni; il Piemonte dove se ne contano venti […] e la Lombardia con 17. Una realtà molto distante, anche sottolineando le differenze di popolazione residente, da quelle che si presentano per esempio nel Friuli-Venezia Giulia o in Calabria, dove operano complessivamente tre centri, o ancora in Valle d’Aosta, Molise e Basilicata dove il numero scende a due.
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«C’è una grande discrepanza tra il Nord, dove si concentra quasi la metà delle strutture, e il resto dell’Italia — ha spiegato Laura Dalla Ragione, direttore Rete disturbi alimentari Usl 1 dell’Umbria —. Un fenomeno che implica quindi un’importante mobilità sanitaria […]».
Ma non è tutto, dalla mappatura è emersa anche un’altra criticità. «Non tutti i servizi accolgono under 14 — prosegue Dalla Ragione —. Oggi invece l’esordio dei disturbi alimentari avviene già tra i 9 e gli 11 anni. La diagnosi precoce è decisiva perché per anoressia e bulimia non esiste una remissione naturale e si trasformano in cronicità».
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