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    IN MEDIO STAT VIRTUS – PAOLO SORRENTINO RACCONTA IL SUO NUOVO FILM, “È STATA LA MANO DI DIO”: “È COSTRUITO SU DI ME, È UN FILM SULLA MEDIETÀ. MI SONO SEMPRE RITRATTO COME UN UOMO DI GRANDISSIMA MEDIETÀ. QUANDO HO COMINCIATO ERO AGGUERRITO, ROMPICOGLIONI. ADESSO È QUASI L’OPPOSTO” - LA LETTERA A TROISI A 21 ANNI, IL FUTURO DEL CINEMA DOPO LA PANDEMIA E NETFLIX: “NON HO MAI AVUTO NESSUN TIPO DI PREGIUDIZIO. LE SERIE SONO PIÙ DEMOCRATICHE…”


     
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    Gianmaria Tammaro per “la Stampa”

     

    paolo sorrentino paolo sorrentino

    Oltre le vie del centro di Napoli, nel cuore dei Quartieri Spagnoli, sono in corso le riprese di È stata la mano di Dio, il nuovo film di Paolo Sorrentino prodotto da The Apartment e distribuito da Netflix. C' è un silenzio innaturale all' esterno della Galleria Toledo. Tutti indossano la mascherina e aspettano istruzioni. La camera inquadra un ragazzino magro, sbarbato, con i capelli ricci.

     

    Si notano le cuffiette di un walkman. I vestiti che indossa fanno pensare agli Anni Ottanta. Si gira la scena di uno spettacolo teatrale. Qualche ora più tardi, a notte fonda, Sorrentino si allontana dal set, verso via Toledo.

     

    paolo sorrentino e jude law 078 paolo sorrentino e jude law 078

    Parla piano, con calma: «Ho scritto la sceneggiatura di È stata la mano di Dio un paio di anni fa, mentre lavoravo a The New Pope. È stata una pausa dai preti e dai cardinali.

    Questo è un film sulla mia adolescenza, su quello che ho vissuto. L' ho scritto per i miei figli, per provare a spiegare perché sono sempre così schivo e silenzioso».

     

    È un film autobiografico?

    «Non ci sono riferimenti evidenti. È la storia di un ragazzo. E c' è l' unione di esperienze personali, di racconti inventati e di altri che ho sentito».

     

    Nel 2000, a Napoli, girava il suo primo film, L' uomo in più, prodotto da Nicola Giuliano. Come mai questo è prodotto da Mieli?

    paolo sorrentino lorenzo mieli corrado guzzanti paolo sorrentino lorenzo mieli corrado guzzanti

    «Non era un film né per Nicola, né per Lorenzo. È un film che ho scritto per conto mio, non l' ho proposto a nessuno. Per molto tempo, anzi, ho pensato di non farlo».

     

    Quante cose sono cambiate in questi venti anni?

    «Quando ho cominciato, ero molto ansioso di fare questo lavoro. Ero agguerrito, determinato, rompicoglioni. La vivevo decisamente male».

     

    paolo sorrentino in boris la serie paolo sorrentino in boris la serie

    Perché?

    «Tra il pensare di fare il regista e il farlo veramente, sono passati dieci anni. E sono stati anni angosciosi. Volevo esordire a tutti i costi. Adesso non è più così. È quasi l' opposto. Se domani mi dicessero che non posso più girare film, non ci baderei. Ma ora, con questo film, mi sto divertendo tantissimo. Come con L' uomo in più».

     

    Che regista è diventato?

    L'UOMO IN PIU' SORRENTINO L'UOMO IN PIU' SORRENTINO

    «Non sono più ossessionato da questo lavoro. Continua a piacermi molto. Ma ho imparato ad aspettare. Le attese, prima, erano logoranti. Le riprese de L' uomo in più slittarono di due mesi: diventai intrattabile».

     

    Vantaggi dell' invecchiare?

    «A un certo punto ti rassereni. Diventando più grande, pensi solo a raccontare le tue storie. E alla fine è quello che conta».

     

     

    SORRENTINO NAPOLITANO SORRENTINO NAPOLITANO

    Perché ha aspettato così tanto per tornare a lavorare a Napoli?

    «Dopo L' uomo in più , volevo girare l' adattamento di Ferito a morte di Raffaele La Capria, avevo comprato anche i diritti. Ma era un film troppo costoso, e io ero alla mia seconda regia: i produttori dissero di no, era rischioso. Non c' è mai stata la storia giusta».

     

    In È stata la mano di Dio torna a lavorare con Toni Servillo.

    PAOLO SORRENTINO - HANNO TUTTI RAGIONE PAOLO SORRENTINO - HANNO TUTTI RAGIONE

    «Toni è come un fratello maggiore. A volte, è una figura paterna. È più grande di me di dieci anni. Ha sempre provato a farmi capire l' importanza di vivere più serenamente questo lavoro. È sempre stato di grande aiuto nel modulare meglio il mio carattere».

     

    Nei suoi film torna spesso il tema dell' amore.

    «Faccio di tutto per camuffarlo, ma sono un sentimentalone. Non c' è solo il potere della politica. C' è pure il potere dell' amore. E la drammaturgia scaturisce dai rapporti di forza tra gli individui».

     

    Perché non ha più scritto un romanzo dopo Hanno tutti ragione (Feltrinelli)?

    «Perché un romanzo è una cosa impegnativa, e scrivere è faticoso. Forse, quando non avrò più le forze per fare il regista, lavorerò a un altro libro. Posso fare a meno di dirigere, ma non posso fare a meno di scrivere. Mi diverte.

    YOUTH LA GIOVINEZZA PAOLO SORRENTINO YOUTH LA GIOVINEZZA PAOLO SORRENTINO

     

    E per scrivere ci vuole una certa energia. All' epoca di Hanno tutti ragione ce l' avevo: era un' energia dettata anche dalla frustrazione. Dovevo girare This must be the place, ma Sean Penn non era ancora disponibile».

     

    Tony Pagoda, il protagonista del libro, è un po' il suo alter ego.

    sean penn this must be the place sean penn this must be the place

    «Da ragazzo, ero fissato con questo cantante neomelodico. Avrei voluto essere come lui, meno pavido e più spavaldo: ma non lo sono. L' inizio di Hanno tutti ragione l' ho scritto a 28 anni. Quando ho riletto quelle pagine ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. Perché non mi facevano schifo. Anche l' inizio de La Grande Bellezza era l' incipit di un romanzo che volevo scrivere».

     

    Altro tema ricorrente dei suoi film è il talento.

    «Il talento mi commuove. E mi commuove anche l' opposto: l' assenza di talento. Mi commuovono quelli che stanno sopra la media e quelli che stanno sotto la media».

     

     

    Il problema, allora, è quello che c' è in mezzo?

    UMBERTO CONTARELLO E PAOLO SORRENTINO UMBERTO CONTARELLO E PAOLO SORRENTINO

    «No. È stata la mano di Dio, che è costruito su di me, è un film sulla medietà. Mi sono sempre ritratto così, io. Come un uomo di grandissima medietà. La medietà, vede, è un salvacondotto per apprezzare il talento e l' assenza di talento: chi è medio certe cose le vede più chiaramente».

     

    Molti hanno scritto che questo film è su Maradona.

    «Quello è un equivoco: c' è un rimando, sì, ma non è un film su Maradona. Ed è anche piuttosto evidente, direi».

     

    Nel corso degli anni, lei ha frequentato molti colleghi registi. Tra questi, Ettore Scola. Ricorda quando l' ha conosciuto?

    «Non con precisione. A volte mi capitava di organizzare delle proiezioni dei miei film, quando non li avevo ancora finiti. E spesso invitavo Scola e anche Francesco Rosi. Mi viene in mente, però, un episodio particolare su Ettore».

     

    Quale?

    MASSIMO TROISI IL POSTINO MASSIMO TROISI IL POSTINO

    «Pochi mesi prima della sua scomparsa, Aurelio De Laurentiis organizzò una cena. Invitò me, Scola, Saverio Costanzo e altri registi. Era un invito strano, del tutto inatteso: con Aurelio ci sentiamo, ma per andare allo stadio. Comunque, verso la fine della cena, De Laurentiis disse: ragazzi, dobbiamo trovare un' idea per il nuovo film di Ettore. Scola, con una calma assurda, gli rispose: non ci penso nemmeno. E finì lì».

     

    Perché secondo lei?

    LETTERA DI PAOLO SORRENTINO A MASSIMO TROISI LETTERA DI PAOLO SORRENTINO A MASSIMO TROISI

    «Il cinema era stato la vita di Scola ed era stata una vita meravigliosa, ma non ne faceva un problema: se c' era, c' era; se non c' era, andava bene lo stesso. Scola era immune al patetico. E il patetico è sempre dietro l' angolo: può afferrare ognuno di noi da un momento all' altro».

     

    Come mai a 21 anni scrisse una lettera a Massimo Troisi?

    «Per me era un gigante. E non solo nella comicità, ma come persona. Ogni tanto, quando capita, chiedo a Roberto Benigni di raccontarmi di Troisi».

     

    Intanto lei andava all' università.

    tony servillo con paolo sorrentino tony servillo con paolo sorrentino

    «Ero uno studente modesto. Ho fatto Economia perché mio padre lavorava in banca e perché anche mio fratello l' aveva fatta. Quando persi i miei genitori a 16 anni, tutti mi consigliarono di fare Economia. E per carità: mi piaceva. Ma la mia vera passione era il cinema».

     

    Oggi le sale sono in profonda crisi.

    «Penso, però, che dopo questa pandemia seguirà un periodo di grande euforia, e la gente vorrà stare di nuovo insieme e tornerà al cinema».

     

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    È stata la mano di Dio arriverà su Netflix.

    «Non ho mai avuto nessun tipo di pregiudizio verso lo streaming o la tv. Anzi: ho provato a farla per tanti anni, anche prima dell' esplosione delle serie tv. E se non fosse stato per la miopia di certi committenti italiani, l' avrei anche fatta. Con The Young Pope si sono create le giuste condizioni. Le serie sono molto simili ai romanzi. Sono più democratiche, in un certo senso».

     

    Qual è l' ultima serie che ha visto?

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    «The Crown. Durante la quarantena, poi, io e mia moglie abbiamo recuperato Downton Abbey: abbiamo visto tutte le stagioni e il film, che - confesso - ci ha un po' deluso».

     

    Come ha trovato Napoli?

    «Bellissima. Ma forse è bellissima così, a piccole dosi. C' è una vitalità che, francamente, non ricordavo. L' ho riscoperta da straniero. Si sente come una necessità di volersi bene. E poi Napoli è il miglior luogo di vacanza del mondo».

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