Manila Alfano per "il Giornale"
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Considerato un eroe per il mondo, accusato di terrorismo nel suo Paese. Il Ruanda ha emesso la sentenza contro l'uomo che durante il genocidio del 1994 salvò oltre mille persone. Oggi il governo gli presenta il conto: nove capi di imputazione pendono sulla sua testa, compreso quello di «terrorismo», condannato a 25 anni di carcere.
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Paul Rusesabagina, è l'uomo che ha ispirato il film «Hotel Rwanda», è lo «Schindler africano», che con il suo coraggio è riuscito a mettere in salvo centinaia di persone. Rusesabagina, 67 anni, non era presente all'annuncio della sentenza, dopo aver dichiarato più volte negli anni di non aspettarsi giustizia in un processo definito una «vergogna».
Le stesse organizzazioni per i diritti umani e l'opposizione al governo ruandese denunciano il processo come atto di vendetta politicamente motivato. «Non ha beneficiato di un processo equo e pertanto la sentenza è da rivedere», ha dichiarato la ministra degli Esteri belga Sophie Wilmès, secondo la quale non è stata rispettata neppure la presunzione di innocenza.
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Sinora è stato dichiarato colpevole di formazione di gruppo armato illegale e adesione a gruppo terroristico, ma restano sospese le accuse di omicidio, sequestro, rapina a mano armata legate a terrorismo. Paul Rusesabagina era diventato una celebrità mondiale dopo che il film di Terry George del 2004 raccontò la sua storia: nel 1994, durante il genocidio che in 100 giorni uccise più di 800.000 persone, lui riuscì a salvare più di 1.000 tutsi nascondendoli nell'hotel dove lavorava.
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Rusesabagina è passato negli anni da essere una figura celebrata a una contrastata dal governo, a causa delle critiche mosse al presidente Paul Kagame. Dopo l'uscita del film, ha utilizzato la sua popolarità per denunciare quelli che secondo lui erano gli abusi e le violazioni del governo di Kagame, comandante tutsi che con le sue truppe pose fine al genocidio del 1994 e che dal 2000 è il presidente del Rwanda.
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La sentenza è arriva oltre un anno dopo la scomparsa di Rusesabagina mentre era in visita a Dubai: l'uomo era ricomparso giorni dopo in manette in Ruanda, accusato di aver sostenuto il braccio armato della sua piattaforma politica di opposizione, il Movimento ruandese per il cambiamento democratico. Il gruppo aveva rivendicato la responsabilità di attacchi nel 2018 e 2019 nel sud del Paese, in cui erano morti nove ruandesi.
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Rusesabagina ha sempre dichiarato la propria innocenza, e la famiglia denuncia che fu sequestrato e riportato in Ruanda contro la sua volontà. L'ex manager e i suoi avvocati hanno boicottato le udienze da marzo, denunciando un processo «politico» reso possibile dal suo «sequestro» organizzato dalle autorità ruandesi, nonchè i maltrattamenti durante la detenzione. L'eroe di Hotel Rwanda viveva in esilio dal 1996 tra gli Stati Uniti e il Belgio, paesi da cui aveva ottenuto la cittadinanza.
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È stato arrestato nell'agosto 2020 in Ruanda in circostanze oscure, quando è sceso da un aereo che pensava fosse diretto in Burundi. Invece, una volta a terra, l'amara sorpresa. Dopo denunce e indignazione della stampa straniera, il governo ruandese ha dovuto ammettere di aver «facilitato il viaggio» a Kigali, ma ha affermato che l'arresto era «legale» e che «i suoi diritti non sono mai stati violati». Gli Stati Uniti, il Parlamento europeo e il Belgio di cui è cittadino hanno espresso preoccupazione.
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