Silvia Maria Dubois, Margherita Montanari per il corriere.it
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Per un paio di giorni i riflettori si sono spenti: lì, nella calma mediatica, il bimbo al centro del caso “solo trasfusioni dai no vax” è stato operato al Sant’Orsola di Bologna, dall’equipe guidata da Gaetano Gargiulo. E, per, ora, l’intervento sembra essere andato bene.
La notizia, per prima riportata dal Resto del Carlino, consegna un primo, lieto fine ad una vicenda travagliata, che ha diviso per giorni l’opinione pubblica e che ha portato alla sospensione temporanea della potestà genitoriale. Il piccolo, di 2 anni, figlio di una coppia residente nel Modenese, necessitava di un’operazione al cuore. La famiglia, però, proprio ad inizio anno, aveva fermato tutto, chiedendo solo trasfusioni da persone no vax.
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Vicenda dolorosa
Una scelta che è andata oltre l’immaginario delle ultime casistiche di barricate anti-vaccino e che ha spostato ulteriormente l’asticella dell’azzardo, di ciò che si può arrivare a fare per una posizione. L’intervento al piccolo, infatti, nel frattempo, è stato fermato, in attesa di riordinare - anche legalmente - tutti i passaggi per curarlo.
E mentre sulle chat si facevano avanti decine di donatori no vax volontari, il tribunale ha deciso. Prima il giudice tutelare del Tribunale di Modena a cui si è rivolto il policlinico Sant’Orsola di Bologna, che ha in cura il bambino, ha dato via libera ai sanitari per le trasfusioni, poi il tribunale per i minorenni di Bologna ha sospeso provvisoriamente la potestà genitoriale ai genitori. Ora, finalmente, una bella notizia: il bimbo è stato operato e sembra stare bene.
Le motivazioni del giudice
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Nel respingere le richieste dei genitori, il giudice richiama due ragioni, rese note in queste ore. La prima argomentazione è scientifica. Il Tribunale modenese, infatti, cita le rassicurazioni di Vincenzo De Angelis, direttore del Centro Nazionale Sangue, e quelle del Presidente dell’Avis Giampietro Briola, sul fatto che non esista differenza tra il sangue di vaccinati e quello di non vaccinati.
Tassello su cui invece insistevano i genitori del bimbo, chiedendo di far valere il proprio diritto alla scelta terapeutica per il timore che nel corso della trasfusione, insieme al materiale ematico, potesse essere trasmessa la proteina spike contenuta nei vaccini anti-Covid, ritenuta un potenziale rischio per problemi cardiovascolari del piccolo.
Nella sentenza formulata dal magistrato passa anche un’ulteriore considerazione in merito: ovvero che una sola trasfusione, a quanto ribadito dalla comunità scientifica, non è in grado di trasmettere quantità rilevanti di proteina spike. Un donatore vaccinato, dunque, non costituisce un rischio, conclude il giudice.
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I timori «religiosi»
Questa è una delle due motivazioni giuridiche che hanno portato il tribunale di Modena a raccogliere il ricorso depositato il 3 febbraio dal Policlinico Sant’Orsola, in cui i medici ribadivano l’urgenza a procedere in tempi brevi con l’intervento salvavita del piccolo di due anni affetto da una cardiopatia.
Nel provvedimento del magistrato dell’8 febbraio spunta poi una seconda motivazione, che si lega all’altra obiezione portata dai genitori. I familiari modenesi avrebbero infatti giustificato il rifiuto di sangue di donatori vaccinati anche per motivi di ordine religioso, legati cioè alla convinzione che per realizzare i vaccini fossero state usate cellule di feti abortiti.
Tale convinzione deriverebbe da un interpretazione errata della Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, emessa il 21 dicembre 2020 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
«La priorità era la salute del figlio»
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Anche su questo punto il giudice tutelare Alberto Rovatti non ha dato ragione ai genitori. Proprio il magistero cattolico, infatti, ha chiarito di non ammettere obiezioni di coscienza sul vaccino anti-Covid. Inoltre, scrive il tribunale modenese, «si ritiene che nel contrasto tra la salute o la vita del figlio e la libertà di coscienza o di religione dei genitori debbano sempre prevalere, nel bilanciamento, le prime, conformemente al diritto di vita e sopravvivenza riconosciuto al minore dall’art. 6 della Convenzione di New York (nello stesso senso giudice tutelare Firenze 12 aprile 2019 e parere del Parlamento europeo in Documenti seduta 1-970/83)».