Francesco Fontana per "Gazza-Mondo- La Gazzetta dello Sport"
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Cara Italia, non ti ho dimenticato. Parola di Gheorghe Hagi, 53 anni, il Maradona dei Carpazi, che ha fatto innamorare milioni di tifosi, compresi quelli di Barcellona e Real: «Forse perché sono stato furbo!», dice ridendo. In Romania con la Steaua è diventato leggenda: «Ma il meglio lo avete visto in nazionale».
Simbolo in patria, come a Istanbul, al Galatasaray, dove ha vinto in campo e in panchina: «Club che porto nel cuore, misi a disposizione la mia esperienza». Il presente è il Viitorul, di cui è allenatore e proprietario: «Cedere le quote? No, cerco soci. Sono sempre pronto per nuove sfide». E chissà dove lo porterà il futuro. Che sogna ad alti livelli: «Una nazionale o una big europea per vincere».
Italia fuori dal Mondiale.
«La mancata qualificazione è pesante, ma i problemi partono da lontano. Pensate troppo alla tattica, molto meno alla crescita dei giovani e alle loro qualità. Valorizzate i talenti, date spazio alla loro fantasia».
Basterà?
«Sarebbe un primo passo in avanti. I giovani vanno formati, sono pochissimi quelli che nascono già fenomeni. Prima si crea il giocatore, poi la squadra attorno. Altrimenti sarà impossibile raccogliere risultati».
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Chi i top player italiani?
«Insigne è buon giocatore, ma prima c' erano Baggio, Del Piero e Totti. Un' altra categoria.
Storicamente, l' Italia arriva sempre in fondo. Avete rabbia agonistica, carattere e non mollate mai, ma sono i campioni a far la differenza. Oggi non avete un vero n. 10 e nemmeno un grande 9».
Mancini è l' uomo giusto?
«Un grande fantasista non è mai una scelta sbagliata».
E lei ci pensa alla Serie A.
«Ovvio, nonostante tutto resta uno dei tornei più importanti.
In Italia ho imparato tanto, dallo studio dell' avversario alla cura maniacale del dettaglio.
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Poi si vive benissimo e Roma è la miglior capitale del mondo. Quindi vorrei tornare. E lo stesso vale per la Spagna».
Che allenatore è Hagi?
«Molto simile al calciatore: personalità unita a qualità e fantasia. Punto al dominio, al gioco aggressivo. Voglio un possesso finalizzato a far male ai rivali».
Oggi chi è il numero 1 al mondo?
«Tanti bravi. Mourinho mi piace, ma il top è Guardiola. Amo il suo stile e il modo in cui propone gioco. Di Francesco: la Roma ha fatto una gran stagione».
Intanto il Viitorul cresce.
«Titolo conquistato un anno fa e quest' anno quarti e in Europa League. La squadra ha una media di 21-22 anni, con tanti giovani già in nazionale. I risultati stanno arrivando e il target non cambia: possesso, gioco e aggressività. Vogliamo far divertire la gente».
Pure la Romania vive un periodo non facile.
«Problemi simili, anche noi non abbiamo investito nei giovani. Dopo la mia generazione e quella dei Chivu e dei Mutu non c' è stato ricambio all' altezza. Se non si costruisce il talento in casa non si va da nessuna parte. Ora speriamo di ripartire con Contra: ottimo c.t. e con una carriera alle spalle».
Ha citato Mutu, da poco tecnico del Voluntari.
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«Gli faccio un grosso "in bocca al lupo". Ma non posso dire molto, è solo all' inizio». Tornando a lei, c' è in agenda un viaggio in Italia? Magari per cedere suo figlio Ianis.
«Non lo escludo. Torno spesso.Ianis aveva solo bisogno di giocare. Al Viitorul ha questa possibilità e ora è un leader (6 gol), uno dei nostri migliori talenti. Ha carattere ed è bravo con entrambi i piedi. Peccato per come sia andata a Firenze: lo stimavano tutti, purtroppo non ha avuto spazio. Ma un giorno potrebbe tornare in Serie A».
Barça e Real: per chi tifa?
«A metà. Club leggendari che mi hanno permesso di fare il salto di qualità, come calciatore e uomo. Mi vogliono bene entrambi, forse perché sono stato furbo con il "ponte": prima di Barcellona sono passato da Brescia, magari si erano dimenticati degli anni al Real».
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Con la Steaua perse la Coppa dei Campioni contro il Milan nell' 89.
«La Steaua arrivò stanca e con qualche defezione, i rossoneri erano di un altro livello. Nessun rammarico per quel 4-0, vinse la squadra più forte».
E in Russia?
«Amo la Spagna, come gioca. Il loro movimento è avanti, sono capaci di rinnovarsi sempre.Poi Germania giovane ma con esperienza; l' Argentina ha campioni, nel Brasile c' è Neymar, fenomeno che fa la differenza.Ma attenti a Francia e Inghilterra».
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