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    PURE LE EMINENZE AZZURRINE S’INCAZZANO – GIANNI LETTA FURIBONDO PER ESSERE STATO EMARGINATO DALLA SCELTA DEI CANDIDATI: TROPPO SPAZIO ALLA LEGA, GHEDINI SI E' FATTO FREGARE DA SALVINI PER I COLLEGI SICURI – IL CAV PROVA A BLANDIRLO CANDIDANDOLO A PALAZZO CHIGI. PROPRIO DOVE GIANNI NON VUOLE ANDARE - LA SMENTITA DEI DUE: 'ABBIAMO LAVORATO IN PERFETTA SINTONIA. FORZA ITALIA NON POTRA' CHE PREVALERE SULLE FORZE ALLEATE'


     
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    COMUNICATO DEL 2/2/2018

     

    DOTTOR GIANNI LETTA

    AVVOCATO NICCOLÒ GHEDINI

     

    “Negli ultimi giorni su molti quotidiani sono apparsi retroscena afferenti la composizione delle liste elettorali di Forza Italia totalmente destituiti di fondamento, e assai spesso di logica, che prospettano divisioni o aspre discussioni.

    Anche quest’oggi su alcuni giornali vi sono ricostruzioni del tutto non corrispondenti a quanto accaduto.

     

    Come di consueto abbiamo lavorato in perfetta sintonia e con l’unico scopo precipuo di coadiuvare il Presidente Berlusconi nelle scelte, a volte dolorose, per la composizione delle liste.

     

    Il meccanismo di attribuzione dei collegi è stato basato sui sondaggi e applicato in modo puramente matematico e condiviso da tutti gli alleati.

    Nelle previsioni tale suddivisione non potrà che vedere Forza Italia prevalere sulle altre formazioni politiche alleate.

     

    Qualsiasi altra illazione è frutto di una erronea  informazione ed è inveritiera essendovi da parte nostra una assoluta consonanza e unitarietà di intenti per contribuire con il consueto affetto e con totale amicizia al successo elettorale del Presidente Berlusconi”.

    E’ quanto dichiarano Gianni Letta e Niccolò Ghedini.

     

     

    Francesco Verderami per il Corriere della Sera

     

    GIANNI LETTA GIANNI LETTA

    Usa parole che non appartengono al vocabolario di un uomo di mediazione. E se si dice «indignato», se sostiene di essersi «formalmente dissociato» dalle decisioni assunte al tavolo del centrodestra sulle liste, non è perché gli sono stati tagliati alcuni candidati sui quali aveva ottenuto precise garanzie. Il dissenso di Gianni Letta - lontano dai toni ricattatori che gli sono stati attribuiti in questi giorni - poggia su questioni politiche a dir poco «sottovalutate» da chi doveva curare gli interessi di Berlusconi e non l' ha fatto, mettendo a repentaglio le strategie del Cavaliere dopo le elezioni.

     

    Secondo il Ciambellano di Sua Emittenza, tutto è stato compromesso dalla «gestione iniziale della trattativa» con gli alleati nella distribuzione dei collegi. Com' è stato possibile non accorgersi che la ripartizione favoriva la Lega e persino Fratelli d' Italia, a danno di Forza Italia? È questo l' atto d' accusa, ecco il «grave errore» che potrebbe rivelarsi fatale il 5 marzo. Il problema non è legato alle quote prestabilite ma alla qualità dei collegi successivamente assegnati.

     

    gianni letta silvio berlusconi gianni letta silvio berlusconi

    Dai calcoli risulta che Salvini al Nord abbia ottenuto molti più collegi di «fascia A» - quelli ritenuti vincenti - di quanti in realtà gliene spettassero secondo l' intesa preliminare, e che non potevano certo essere bilanciati dal maggior numero di collegi al Sud destinati a Berlusconi, perché meno sicuri ed esposti alla minaccia degli avversari.

     

    La Puglia è la regione sotto osservazione. Se così stanno le cose, e secondo Letta le cose stanno così, l' apertura delle urne potrebbe riservare un' amara sorpresa: a Forza Italia il primato di voti nella coalizione, alla Lega il maggior numero di seggi in Parlamento.

     

    GIANNI LETTA TAJANI GIANNI LETTA TAJANI

    A quel punto salterebbero tanto il «piano A» quanto (e forse soprattutto) il «piano B» di Berlusconi. Nel primo caso, se il centrodestra cioè ottenesse la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e al Senato, a quale partito spetterebbe la scelta del premier: a quello che ha ottenuto più consensi o a quello che ha ottenuto più seggi? Nel secondo caso, l' opzione delle larghe intese - già numericamente difficile - potrebbe naufragare sul filo dei numeri.

     

    S' intuisce allora che i motivi di contrasto con la «commissione» forzista che ha gestito la trattativa non sono dettati da gelosie e motivi di rivalsa. Il problema è politico. Le critiche di Letta non si limitano al ruolo di Ghedini, ma sono rivolte a tutti coloro i quali hanno operato per conto di Berlusconi, che - provato dalla fatica - ha quasi sempre delegato nelle scelte.

     

    ghedini ghedini

    E la tesi che il braccio destro del Cavaliere abbia abbandonato il tavolo non coincide con le sue abitudini: Letta in passato non ha mai partecipato alle riunioni per la selezione dei candidati ma si presentava nella fase conclusiva delle trattative con un bigliettino in cui erano scritte le sue «priorità».

     

    Il momento è così delicato che ieri Berlusconi ha voluto pubblicamente rendere omaggio «a Gianni, uno dei miei amici più vicini. Una persona rara e stimata da tutti, anche nel centrosinistra»: un messaggio in codice per far capire che sarebbe «Gianni» la vera carta del Cavaliere per palazzo Chigi, qualora il centrodestra vincesse il 4 marzo.

    BUONGIORNO SALVINI BUONGIORNO SALVINI

     

    A meno che la Lega non sopravanzasse Forza Italia in Parlamento. Si sa che Letta vive male l' intesa con il Carroccio di Salvini, così come ha vissuto male l' accordo sul Rosatellum, che a suo avviso non era conveniente per il Cavaliere. Figurarsi ora.

     

    Ma nessuno poteva immaginare cosa avrebbe prodotto la trattativa sui collegi, nemmeno Ghedini immaginava «una così terribile esperienza». Nonostante venga definito «l' uomo a sangue freddo», più volte è stato visto infuriarsi e alzarsi dal tavolo, minacciando di abbandonarlo. E al termine del lavoro ha confidato che «dopo le elezioni non farò il coordinatore di nulla»: «Non è il mio mestiere, non sopporto certe cose».

    sestino giacomoni e licia ronzulli sestino giacomoni e licia ronzulli

     

    L' ultimo round a Roma l' ha vissuto come un calvario, impossibilitato in alcuni casi a «tenere la parola che pure avevo dato», e spesso costretto a rifare tutto dopo l' ennesima telefonata da Arcore della Ronzulli: «Il dottore dice che...». Nelle orecchie gli restano le parole di Letta e negli occhi le liste appena ultimate: «Dovevamo fare la rivoluzione». Sarà per un' altra volta.

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