Estratto dell'articolo di Paolo Ottolina per il “Corriere della Sera”
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Quella dei cellulari che ci ascoltano e ci spiano è un’idea molto radicata. Le ragioni sono facilmente comprensibili. […] Eppure, siamo di fronte a una sorta di leggenda metropolitana.
Lo affermano molti esperti di cybersicurezza e alcune ricerche mirate. Nel 2018, ad esempio, un team di esperti della Northeastern University ha esaminato per un anno intero oltre 17 mila delle più diffuse app per smartphone, per capire se alcune di esse utilizzassero segretamente il microfono. Il risultato è stato un buco nell’acqua: nessuna prova del presunto complotto. Perché se ne riparla allora? Perché sta facendo scalpore il documento, trapelato in rete, di Cmg (Cox Media Group), un’azienda americana che si occupa di marketing e pubblicità.
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Cmg sarebbe in grado di ascoltare le conversazioni private delle persone, attingendo ai dati raccolti dai microfoni dei loro dispositivi (telefoni, tv e altri gadget). Gli audio sarebbero poi usati, grazie a un’analisi che sfrutta l’intelligenza artificiale, per erogare pubblicità mirata. […] È vero che siamo tracciati dalle aziende che vendono pubblicità online, ma non serve spiarci usando il microfono.
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I dati che forniamo in modo più o meno inconsapevole (attraverso le app, gli acquisti, la navigazione online, la geolocalizzazione, etc) sono molto più economici da elaborare e forniscono un’infinità di informazioni preziose per il cosiddetto targeting pubblicitario. […] Si associano anche i dati provenienti da piattaforme differenti. […]
Inoltre, il posizionamento geografico tramite GPS permette di ricostruire le reti di contatti delle persone, consentendo agli inserzionisti di mostrare annunci mirati non solo in base ai propri interessi, ma anche a quelli di familiari, amici e colleghi di lavoro.
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«Le affermazioni di Cox Media — ci risponde Riccardo Meggiato, esperto di cybersicurezza e informatico forense — tecnicamente sono possibili. Un comando software può attivare il microfono all’insaputa dell’utente. Esistono i cosiddetti “trojan" ma sono usati dalla forze dell’ordine, in casi specifici e secondo precisi protocolli con vincoli legali. Oppure da criminali, ma si tratta pur sempre di un ascolto “forzato” e invasivo. I produttori dei telefoni stanno bene attenti a non violare regolamentazioni come il Gdpr».
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Il caso di Cmg, ipotizza Meggiato, «potrebbe piuttosto riferirsi a sistemi di trascrizione automatica di messaggi registrati e memorizzati su server sconosciuti, dai quali attingere a piene mani dati e che raccontano i nostri gusti e preferenze». Insomma: forse il super spionaggio attraverso il microfono sembra una vanteria senza basi reali ma tutti, attraverso i nostri clic quotidiani, siamo profilati e tracciati. «Il risultato — conclude con amarezza Meggiato — non cambia: siamo e rimaniamo perfetti polli da shopping intensivo».