Diletta Parlangeli per www.lastampa.it
ZUCKERBERG WIRED
Mentre si aspettano nuovi sviluppi sul furto dei dati di almeno 50 milioni di utenti, Facebook ha già il suo da fare dopo le ennesime notizie legate al tema della privacy. La prima testata a diffondere la notizia è stata Gizmodo: il social network permette agli inserzionisti di raggiungere dati a fini di profilazione e maggiore efficacia delle loro campagne pubblicitarie, ma non sempre e non solo i dati che l’utente ha liberamente scelto di condividere.
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Per consentire a chi fa pubblicità di indirizzare a dovere le proprie, Facebook permetterebbe accesso a informazioni-ombra (“shadow contact information”) fornite magari per ragioni di sicurezza. Anche se fino all’anno scorso Facebook aveva assicurato che quelle informazioni non fossero coinvolte nei processi commerciali, qualcosa deve essere cambiato.
Quello che hanno riportato Giridhari Venkatadri, Piotr Sapiezynski e Alan Mislove della Northeastern University, insieme a Elena Lucherini della Princeton University è infatti un risultato differente.
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«Abbiamo investigato una serie di fonti possibili di informazioni di identificazione personale (PII, personally identifying information, ndr) e abbiamo trovato che quei numeri di telefono e indirizzi email aggiunti come attributi del profilo, quelli forniti per motivi di sicurezza come l’autenticazione a due fattori, quelli forniti sull’app di Facebook Messenger a scopo di messaggistica e quelle incluse nei database dei contatti caricati degli amici, sono tutti utilizzati da Facebook per consentire agli inserzionisti di raggiungere gli utenti» si legge nel documento .
ZUCKERBERG HITLER
Tornando ai recapiti forniti per l’autenticazione a due fattori, i ricercatori hanno scoperto che quando un utente li invia, anche per ricevere avvisi relativi a nuovi accessi all’account di un utente, i numeri diventano rintracciabili da parte un inserzionista entro un paio di settimane.
Un bel paradosso: per mettersi al sicuro da eventuali “buchi” nella piattaforma, si diventa più raggiungibili da altri estranei che vendono pubblicità. A Menlo Park lo sanno e rispondono: “Utilizziamo le informazioni fornite dagli utenti per offrire un’esperienza più personalizzata, compresa la visualizzazione di annunci più pertinenti”.
AUTENTICAZIONE A DUE FATTORI FACEBOOK
Chi ne fosse infastidito, può impostare un’autenticazione a due fattori senza utilizzare il numeri di telefono (non è più obbligatorio da circa quattro mesi). Fin qui però, gli utenti si trovano ancora nel territorio del libero (più o meno) arbitrio.
Quello che i ricercatori sottolineano però, è come sia possibile per gli inserzionisti raggiungere le informazioni ombra di una persona. Per esempio, se questa è nella rubrica di qualcuno che condivide i propri contatti con Facebook. A quel punto, l’utente raggiungibile non sa, di fatto, come si è reso raggiungibile.
UDIENZA DI ZUCKERBERG AL SENATO
Su questo, in molti si interrogano da anni, sbattendo contro il muro di gomma delle informazioni aziendali sensibili e degli algoritmi segreti. Ovviamente anche in Europa, dove invece il Nuovo Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali costringerebbe a fornire maggiori dettagli. Sempre a quanto riporta Gizmoso, un cittadino britannico, Rob Blackie ha chiesto a Facebook che gli fossero consegnate le proprie informazioni in merito ai contatti ombra: la risposta è stata che si trattava di informazioni “confidenziali” e che non fossero “in grado di fornirti i dettagli precisi sugli algoritmi”.
MARK ZUCKERBERG
Sembra quindi che ci si debba rassegnare all’idea di non sapere come mai è sufficiente scrivere il nome di una banca su Telegram (la chat “sicura”) e vedere l’inserzione comparire su Facebook nel giro di pochi giorni, o succedere la stessa cosa con un servizio al quale si era convinti di aver fornito la mail secondaria mai consegnata a Facebook.
Per scoprire l’efficacia delle combinazioni che gli inserzionisti riescono a fare attraverso i dati di Facebook, i ricercatori hanno eseguito la seguente prova: hanno caricato un elenco di centinaia di numeri di rete fissa dalla Northeastern University, numeri che difficilmente le persone che lavorano lì avrebbero aggiunto ai loro account.
#deletefacebook
Più probabile invece che i numeri fossero nelle rubriche degli utenti che li conoscono e che potrebbero averli caricati su Facebook per la funzione “trovare amici”. Gli annunci arrivano a destinazione, il che significa che da qualche parte era possibile appaiare quei numeri di telefono a determinate persone.
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Anche su questo, l’azienda ha commentato: «Descriviamo le informazioni che riceviamo e utilizziamo per gli annunci nella nostra politica sui dati e offriamo alle persone il controllo dell’esperienza degli annunci [...]
Per ulteriori informazioni su come gestire le tue preferenze e il tipo di dati che utilizziamo per mostrare pubblicità, vedere questo post »(il post risale all’epoca calda di Cambridge Analytica). Intanto, ci si può fare un’idea degli inserzionisti con i quali si sono avute interazioni qui.
Alan Mislove, uno dei firmatari della ricerca, mette in guardia: “Servizi simili sono forniti da Google, Pinterest e Twitter”.
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