Paolo G. Brera per “la Repubblica”
Cristina Villa
Cristina Villa, 45 anni, poliziotta. Se Cesare Battisti è in una galera italiana, una bella fetta del merito passa da lei e dal suo ufficio di capo dell' Antiterrorismo a Milano: ha incrociato una montagna di "metadati", quelli che identificano telefonate e chat, indirizzando le indagini dal Brasile alla Bolivia, e stringendo poi il cerchio su due quartieri nel terzo anello di Santa Cruz.
Partiamo dalla fine, dottoressa Villa. Battisti, è accasciato sulla poltrona nella stazione di polizia di Santa Cruz: davanti a lui ci sono i suoi colleghi, Giuseppe Codispoti ed Emilio Russo. Lei è a Milano. Che succede?
«È notte, è l'una e un quarto. Mi chiama il dirigente, il capo divisione: era appena stato avvisato dai colleghi sul posto. Appena vedo il suo numero, capisco. Cristina, mi dice, lo abbiamo preso».
E lei?
«Scoppio a ridere. "E vai, Eugenio"».
Felicità, quella vera.
cesare battisti 3
«Quelle che non si dimenticano. Da settimane faticavo a dormirci, mi creda. E quella notte non ci ho dormito più. Ho buttato tutti giù dal letto, il mio dirigente, persino il procuratore Antonio Lamanna. Poi ho chiamato i ragazzi del mio ufficio. Due ore prima, alle 23, mi era arrivata sul telefonino l'ultima stringa di dati elaborata dal cervellone. Eravamo sulle sue tracce, sapevamo di essere vicini ma sono abituata alle delusioni, a non esultare mai finché non vedo il gatto nel sacco. Non è la prima volta che quando sembra fatta si blocca tutto. Avevo dato un' occhiata a quei dati: ottimo, domani abbiamo un' altra pista da seguire. Non è più servito».
Lo ha incontrato, Battisti?
Battisti Cesare
«Certo. L'ho aspettato a Ciampino, gli ho notificato gli atti».
E lui cosa le ha detto?
«Mi ha chiesto spiegazioni. La sua condanna prevede l'isolamento diurno, voleva sapere cosa significasse».
E poi?
«Gli ho spiegato che gli avrei sequestrato diverse cose, tra cui tutti gli appunti che aveva con sé. L'indagine non è finita, per me. Gli ho chiesto se gli servisse qualcosa, se avesse fame o sete. Mi ha chiesto solo di poter tenere la foto del suo bimbo, una fototessera in bianco e nero che aveva nel portafogli. Avrà cinque anni, il bimbo. Certo, gli ho risposto, naturalmente abbiamo controllato che non contenesse scritte sul retro, poi gliel' ho ridata».
Cesare Battisti catturato in Bolivia cb96951ae4
Che uomo aveva, davanti?
«Uno sconfitto. Non aveva affatto quel ghigno strafottente. Mi ha chiesto anche di poter tenere la carta di credito, ha spiegato che ci mantiene suo figlio ma non si può fare. Mi dispiace, gli ho detto, sono obbligata a sequestrarla. Però potrà fare istanza per riaverla».
Perché la chiamano "l' angelo dei telefoni"?
«Perché mi sono occupata delle indagini tecniche, di intercettazioni varie (la moglie, l' ex compagna, gli amici...L' ultima relazione che aveva no, non era importante) e gli spunti vincenti sono arrivati da lì. Ma la verità è che non mi piace mica».
Un fermo immagine dal video prima della cattura di Cesare Battisti
Perché?
«Io non sono un angelo, sono più Mafalda: "Oggi mordo"».
Racconti alcuni di questi spunti vincenti. Un po' di dettagli...
«Non se ne parla. Sono segreti, e i latitanti sono grandi lettori di questo tipo di informazioni».
Rimaniamo nel generico, allora.
«Avevamo i suoi vecchi numeri di telefono, monitoravamo il traffico con l' Italia. Quello locale, da qui è più difficile da intercettare. A un certo punto lui sparisce, e il traffico si interrompe. Ops, che succede? Volo in Brasile con gli altri investigatori italiani, e inizio a lavorare in modo molto più aggressivo: stavolta mi concentro sui social, e alla fine qualche traccia la trovo».
ARRESTO DI CESARE BATTISTI IN BOLIVIA
Aveva lasciato cadere qualche mollichina di pane?
«Facciamo una serie di controlli in varie parti del Brasile, ma di lui non c'è traccia. Un giorno, poi...».
Si è accesa la lampadina rossa, come nei film?
«Diciamo. Mi arriva una mail dall' ufficio: "Dottoressa, guardi qui, questa sembra interessante". Analizzando i dati con cui lo imboccavamo, il cervellone in Italia ha trovato un segnale localizzato nei pressi del confine con la Bolivia, nella zona di San Matias. Il file ci dava la data, l' ora, l' utenza attivata e la zona. Mi giro verso i miei colleghi, Codispoti e Russo: "Ragazzi, questo è proprio buono". Era il segno che stava fuggendo in Bolivia. Il resto lo sapete, no? Una dietro l' altra abbiamo scovato tutte e cinque le Sim che aveva attivato».
ARRESTO DI CESARE BATTISTI IN BOLIVIA
Un'indagine stile Fbi.
«Ci ho fatto un master, là. Ma siamo più bravi noi».
Avete festeggiato?
«Non ancora. Lo faremo, ma sia chiaro che festeggiamo il successo professionale, non la sua perdita della libertà. Catturarlo era il mio lavoro, e l' ho fatto. Ma io non brinderò mai alla tristezza altrui».