Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”
VESPA RIINA
Apparentemente pacato ma glaciale, ambiguo ed ermetico nell' improbabi-le refrain di «un padre amorevole», il figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvatore, chia-mato da amici, parenti e boss «Salvuccio», ha detto a Porta a Porta di non sapere degli orrori ordinati e compiuti dal padre-padrino. Una clamorosa bugia, visto che prima di essere arrestato lo chiamava «il colonnello».
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Una delle tante pronunciate mentre in studio lo ascoltava con amaro stupore il figlio di una delle vittime della strage di Capaci, Emanuele Schifani, un bimbo di quattro mesi al momento della strage, oggi tenente della Guardia di Finanza. «Salvuccio» ha forse dimenticato di avere scontato 8 anni di carcere perché considerato mafioso anche grazie a inequivocabili intercettazioni già il 2 luglio del 2001.
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Registrazioni che confermano la piena consapevolezza di quanto visto in diretta accanto a quel padre colpevole, fra tanti orrori, di avere ordinato i massacri di Capaci e via D' Amelio per eliminare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Passava quella sera di luglio davanti alle due colonne che ricordano l' eccidio dell' autostrada spiegando a un fido compare che «il "colonnello" doveva pigliare una decisione e fu quella: abbattiamoli». Detto proprio sotto una delle colonne: «Ci appizzano (appendono) ancora le corone di fiori a 'stu cosu (a questa cosa)...». Da allora non un segno di ravvedimento. Solo uno sbalorditivo richiamo ai «valori» del padre a lui «tolto dallo Stato».
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