Rocco Cotroneo per il “Corriere della Sera”
bolsonaro fa fare il segno della pistola a una bambina
Bacia e abbraccia i bambini nella folla, come tutti i politici del mondo, ma è l' unico che insegna loro a fare il segno della pistola con le ditina invece che ciao ciao.
Sostiene ed esalta, quasi fosse una parodia dell' ultrà di destra, l' intero armamentario dell' impresentabile: armi libere per tutti i cittadini, pena di morte, cure mediche ai gay, voglia di militari al potere, donne zitte e al loro posto, torture agli spacciatori e quanto d' altro gli passa per la testa.
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Jair Messias Bolsonaro, ex capitano dell' esercito, candidato alle presidenziali brasiliane del prossimo ottobre, sta facendo esattamente l' opposto di quanto gli spin doctor consigliano a questo punto della corsa, e cioè moderare il discorso, spostarsi al centro, sedurre gli indecisi.
Seduto su consensi stimabili tra il 15 e il 20 per cento degli elettori, Bolsonaro tira avanti per la sua strada estremista al limite del paradossale e autolesionista. Come fa da sempre.
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L' uomo nuovo della politica brasiliana, come ama presentarsi, non lo è nemmeno un po'. Sessantatré anni, l' ex militare fa politica da quando era ragazzo, è alla sua settima legislatura, ha già tre figli in politica (oltre a un fratello), tutti con le stesse idee.
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Il suo più celebre intervento in aula fu la dichiarazione di voto per l' impeachment di Dilma Rousseff, nella quale arrivò ad esaltare un capitano dell' esercito, Carlos Alberto Ustra, riconosciuto come torturatore della donna negli anni della resistenza alla dittatura.
Di origini italiane sia per parte di padre che di madre (cognome Bonturi), ha detto che in caso di sconfitta alle elezioni potrebbe lasciare il Brasile perché verrebbe perseguitato, e magari cercare rifugio nella terra dei suoi antenati.
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Non ha ancora il passaporto italiano, ha ammesso in una intervista recente, ma potrebbe chiederlo «come i moltissimi brasiliani che in questi tempi difficili stanno correndo dietro a una seconda cittadinanza».
Quello che ha trasformato un folkloristico parlamentare di nicchia, carico di denunce per diffamazione e oltraggio, in un nome per nulla da sottovalutare nella corsa alla presidenza è il difficile momento che sta attraversando il Brasile, dopo gli anni del boom e della speranza.
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Una lunga recessione economica e una ripresa debolissima, la classe politica e imprenditoriale screditata da 4 anni di inchieste giudiziarie, l' aumento della criminalità, la sfiducia per tutte le istituzioni.
Ecco allora che il glorioso Dio, Patria e Famiglia trova un nuovo senso incrociando il «tutti in galera, o sulla forca!», insieme con l' antica bugia per cui «i militari hanno governato con competenza e senza arricchirsi». E poi c' è il fattore più importante di tutti, quello che porta il nome eterno nella politica brasiliana, e cioè Lula.
lula
L' ex presidente, secondo i suoi un perseguitato politico, è recluso dallo scorso aprile in una stanza attrezzata della Polizia federale a Curitiba. Resta candidato a tutti gli effetti alla presidenza e guida i sondaggi (con il 30 per cento), ma tra poche settimane, quando l' authority elettorale vaglierà i nomi, decadrà per legge, in quanto condannato in secondo grado.
LULA
Fuori gioco Lula, è Bolsonaro in testa con il 19 per cento dei consensi, seguito da Marina Silva con il 15, e con un numero di indecisi altissimo. Scenario da anno zero, dopo il terremoto giudiziario, dove tutto può succedere, anche la vittoria del peggior estremista.
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