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    "VOLEVA COLPIRE L'OSPEDALE CHE LO AVEVA SPOSTATO IN UN REPARTO NON GRADITO" - E’ QUESTA LA RAGIONE CHE HA SPINTO L'INFERMIERE 50ENNE VINCENZO VILLANI CONTI AD UCCIDERE DUE PAZIENTI RICOVERATE ALL’OSPEDALE CANNIZZARO DI CATANIA - LA PREMEDITAZIONE E’ DIMOSTRATA DALL'ESSERSI PROCURATO I FARMACI UTILIZZATI PER UCCIDERE LE DUE DONNE CHE SONO MORTE PER “AVVELENAMENTO” DEI POLMONI – QUELLE SEDUTE DAGLI PSICOLOGI PER…


     
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    Laura Anello per “la Stampa”

     

    VINCENZO VILLANI CONTI VINCENZO VILLANI CONTI

    Una frustrazione profonda, una voglia di vendetta cieca, un tentativo di farla pagare a quell'ospedale che lo aveva trasferito da due reparti, come un pacco sgradito. Sarebbero queste le ragioni che avrebbero mosso Vincenzo Villani Conti, infermiere cinquantenne dell'ospedale Cannizzaro di Catania, a uccidere due pazienti ricoverate alla Medicina e Chirurgia d'accettazione e urgenza. Un movente che emerge dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa ieri dal giudice delle indagini preliminari su richiesta della procura.

     

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    Due donne scelte per caso - una di sessantacinque e una di ottanta anni - morte l'una a dicembre del 2020, l'altra un mese dopo, che non avevano altra colpa che trovarsi in quel reparto in quel momento, già provate dalla malattia.

     

    Non sarebbe stato difficile per l'infermiere - che ieri è stato arrestato per omicidio premeditato pluriaggravato - prendere in ospedale dosi di Midazolan e Diazepan e iniettarle alle due donne, che erano ricoverate per malattie non gravi e che sono morte di notte poco dopo la fine del suo turno. La premeditazione sarebbe dimostrata proprio dall'essersi procurato i farmaci utilizzati per uccidere le due donne.

     

    Ma evidentemente il rancore dilagava insieme con il senso di colpa, senza placarsi. È stata infatti l'équipe di psicologi del Cannizzaro di Catania - a quei tempi in prima linea per contenere il disagio del personale sanitario oppresso dall'avanzata del Covid - a trovare nelle parole dell'infermiere ragioni di seria preoccupazione.

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    «È mosso da uno stato di preoccupante distacco emotivo nei confronti dei pazienti a causa del comportamento vessatorio dei superiori», avevano sottolineato. L'infermiere era andato spesso dagli psicologi a chiedere aiuto, a manifestare rabbia per quell'ultimo trasferimento che considerava ingiusto, come una degradazione. La sua sofferenza era evidente, si era sfogato.

     

    Da qui è scattata l'inchiesta, con una lunga fase di intercettazioni sul telefono dell'infermiere e la riesumazione delle salme delle due donne che erano morte rispettivamente il 2 dicembre del 2020 e il 16 gennaio del 2021. E gli esami tossicologici hanno confermato i sospetti degli inquirenti: quelle due pazienti avevano assunto massicce dosi di benzodiazepine, medicinali non soltanto non indicati in cartella clinica, ma addirittura controindicati per le loro malattie. I loro polmoni si sono «avvelenati»: la morte è arrivata in fretta.

     

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    Villani Conti, originario di Reggio Calabria, è stato rinchiuso nella casa circondariale di Catania ed è stato sospeso dall'ospedale che ha avviato il procedimento disciplinare previsto dalla legge. L'assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza ha chiesto al direttore generale dell'ospedale una relazione per «comprendere il motivo per cui questo infermiere era stato trasferito da due reparti.

     

    La magistratura farà il suo corso, ma l'attività ispettiva dell'amministrazione è capire se questi trasferimenti dovessero fare scattare un alert e se a seguito di quell'alert dovessero essere assunti provvedimenti». L'infermiere insomma poteva essere fermato prima che compisse l'irreparabile? Aveva già dato segni di pericolosità?

     

    L'Ordine degli infermieri di Catania si dice inorridito: «Se l'accusa verrà confermata - si legge nella sua nota - prenderemo una posizione durissima e severa nei confronti dell'autore di una simile azione che, al di là della sospensione dall'esercizio della professione, prevederà la radiazione dall'Albo, in quanto un simile comportamento esclude la possibilità per chi lo compia di potersi fregiarsi del titolo di Infermiere. Chi svolge la nostra professione lo fa perché crede nella salute e nella vita di chi soffre».

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