Luca De Carolis per il Fatto Quotidiano
giuseppe conte luigi di maio alfonso bonafede
Il presente è il contrario del passato, e guai agli idealisti. "Nei momenti di difficoltà abbiamo la tentazione di dire che uno è più del Movimento degli altri, ma è il meccanismo migliore per chiudersi tra i più puri, che probabilmente più puri non sono": così sostiene Luigi Di Maio in un sabato mattina romano, grisaglia tra le grisaglie dentro il Tempio di Adriano che pare la cornice di un convegno di avvocati. Invece no, sono tutti lì per il debutto della scuola di formazione politica del M5S , l' Open Comuni dell' associazione Rousseau, cuore operativo e cassaforte dei Cinque Stelle.
Tra le colonne siedono in 250 tra eletti e soprattutto aspiranti consiglieri comunali, quelli che vogliono salire su un treno che è rimasto di governo.
conte di maio
Ad accoglierli il capo macchinista Di Maio, il presidente di Rousseau Davide Casaleggio, il neo ministro della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone e politiche che fanno da insegnanti, come la viceministra all' Economia Laura Castelli e la senatrice Barbara Floridia. La parola d' ordine è "trasferire le competenze", ma nell' introduzione il capo parla d' altro, cioè rivendica di aver ribaltato principi e faccia del Movimento, e promette di continuare a tutta forza. "Ci sono nove elezioni regionali e le Comunali - ricorda - e per la prima volta potremo usare le nuove regole che permettono di allearsi con liste civiche.
luigi di maio e l'inglese 8
Creano tante perplessità, ma il Movimento si chiama così perché non è conservatore, si riforma e si adatta al campo di battaglia". E Di Maio parla delle norme approvate a luglio, ma pensa già al futuro, agli accordi nelle Regioni con il Pd "che non sono all' ordine del giorno" ripete. Ma è una porta accostata, mica chiusa. "Se sei rigido e usi sempre lo stesso schema l' altro potrà prevedere le tue mosse" conferma il ministro. Così dietro le quinte ragiona con Casaleggio e gli altri di una via per accordarsi da con i dem, già per le urne in Umbria del 27 ottobre. E la chiave può essere quella, candidarsi con il simbolo del Movimento per poi allearsi con una lista civica creata dai dem. O magari convergere assieme su un candidato civico comune, slegato dai partiti. Ma sono ipotesi, idee, di cui il Movimento non ha ancora discusso con il Pd.
Di Maio
"Accordarsi per le regionali umbre è difficilissimo" ammette un big grillino. Anche se Di Maio e Dario Franceschini qualcosa si sono detti sul tema e presto ne riparleranno. L' importante è cominciare, perché a fine novembre, massimo a gennaio ci saranno le urne dell' Emilia Romagna: un trofeo che non si può lasciare a Matteo Salvini, ne va della stabilità del governo, e lo dicono anche i 5Stelle. Nell' attesa in un sabato ancora estivo c' è la scuola del M5S , un altro passo verso una struttura stabile per il Movimento che da liquido si è fatto di carne, sangue e burocrazia. Con i corsi che saranno anche una via per selezionare la classe dirigente, per trovare volti e cervelli adatti a quello che i 5Stelle devono essere nella visione di Di Maio e Casaleggio: un partito di centro tutto moderazione e tattica, "l' ago della bilancia". Pronto a cambiare quando serve.
Per questo un paio di giorni fa Di Maio ha messo nel cassetto un' altra regola che doveva essere aurea, il divieto di passare da un incarico all' altro a mandato in corso per gli eletti.
giuseppe conte luigi di maio
Dogma cancellato per il capogruppo nell' Assemblea regionale siciliana Giancarlo Cancelleri, nominato viceministro alle Infrastrutture perché era meglio non lasciarlo a bocca asciutta. Ma il capo era pronto a fare ministro anche la sindaca di Torino Chiara Appendino. Quindi non può stupire che Di Maio, da anni stufo dei meet up che sgomitano stia puntando sulla scuola di Rousseau per selezionare i candidati, e abbia pure fretta, con i prossimi corsi già fissati per il 12 e il 13 ottobre a Napoli, in coincidenza con la festa nazionale del M5S . Mentre per i referenti regionali si aspetterà un altro po'. "Il 4 ottobre facciamo dieci anni, dobbiamo prepararci per i prossimi dieci", scandisce il capo che vuole cambiare. Per restare.
LA RABBIA DEGLI ESCLUSI
Non hanno ancora digerito la loro esclusione dal governo. E adesso i vertici Cinque Stelle temono conseguenze in Parlamento. O meglio, in Senato: proprio là dove i numeri sono stretti, siedono alcuni degli esclusi eccellenti del Conte 2. C' è Danilo Toninelli, assai amareggiato per la mancata riconferma. Così come Vincenzo Santangelo, che era sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento.
danilo toninelli spaesato in senato
E Barbara Lezzi, che faceva la ministra per il Sud. E pure Michele Giarrusso, che al governo non c' è mai stato, ma l' altroieri si è messo subito a sparare a zero contro le scelte di Luigi Di Maio. Il problema, ragiona chi ha visto le chat infuocate, è che sono tutti "veterani" del Movimento, non neofiti come quel Gianluigi Paragone che non ha votato la fiducia martedì. E dunque la loro opposizione porterebbe di certo con sé altri colleghi fidati. L' unica speranza, insomma, è che l' arrabbiatura passi in fretta.
DANILO TONINELLI