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    INDOVINATE PERCHÉ LIGABUE HA DECISO DI FARE IL CANTANTE? PER LA FIGA – GALEOTTO FU UN CONCERTO DI FRANCO BATTIATO. SUL PALCO VOLAVANO REGGISENI E MUTANDINE. DUE GNOCCHE OSARONO L’INOSABILE: “QUANTO È BONO”, “IO ME LO FAREI QUI DAVANTI A TUTTI”.  FU ALLORA CHE LIGA PENSO’… – E POI IL SANGUE DELLA SUORA, GABRIELLA FERRI, GUCCINI, PAVAROTTI, BONO VOX, IL CONCERTO CON I PITURA FRESKA E GLI SPUTI DEGLI ULTRA’ – VIDEO


     
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    Francesco Persili per Dagospia

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    Perché Ligabue ha deciso di fare il cantante? Per la figa. Estate 1982, concerto di Franco Battiato a Correggio. Era uscito da qualche mese l’album “La voce del padrone”, primo disco in Italia a superare il milione di copie vendute, il Maestro scatenava ormoni e desideri inconfessabili. Sul palco volavano reggiseni e mutandine. Un paio di gnocche osarono l’inosabile: “Quanto è bono”, “Io me lo farei qui davanti a tutti”. Fu in quella circostanza che Liga tagliò la testa al toro: “Ok, qui c’è proprio da fare il cantante”.

     

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    La storia è raccontata nell’autobiografia “E’ andata così” scritta con Massimo Cotto e pubblicata da Mondadori. Un viaggio nella trentennale carriera del rocker che rischiò di morire tre volte nei primi 5 anni di vita. In occasione di un’operazione alle tonsille fu salvato grazie alla trasfusione del sangue di una suora: “E questo spiega le mie dosi massicce di senso di colpa”.

     

    Ma chi gli ha fatto le carte, lo ha chiamato vincente. Una zingara, incontrata in autogrill, gli predisse un grande futuro. Lo storico manager Claudio Maioli ancora ride: “Le hai dato pure dei soldi cosa pensavi che ti dicesse, che avresti fatto una vita di merda?”.  

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    E allora via lungo le strade d’Emilia, “dove c’è sempre un posto in cui suonare”, a “spolmonare” notti, sogni, delusioni, canzoni tenendo sempre a mente le parole del padre (“I musicisti sono tutti dei morti di fame”) e le fughe e i ritorni di Tondelli, anche lui di Correggio. Esserci e andare, ma restare sempre legati alle proprie radici. La via Emilia come porta dell’altrove mentre dai finestrini passa “odore di mare diesel morte vita”.

     

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    Urlando contro il cielo, troppo facile. Ma prima altre canzoni. “Cento lampioni” (stanno a dì de no?) fu la prima, non memorabile, dedicata a una prostituta, poi venne “Maria e il colore bianco” che raccontava non di candeggi ma di una ragazza tossica, allegria. E poi ancora gli aneddoti sui primi concerti, la prima canzone del suo primo album "Eroi di Latta" che diventò “Balliamo sul Mondo”, l’esperienza da consigliere comunale come indipendente nelle file del Pci (“ma diedi le dimissioni dopo la seconda seduta”), le battute sui gilet maculati e su quel mullet che neanche a David Bowie si è mai perdonato, la verità sull’incontro con Gabriella Ferri all’Ariston: “Fermate un po’, ‘ndo vai? Fatte vede’. Adesso sentimo che sa ffà questo qua de cui stanno così tanto a parlà”.

     

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    Stadi e studi di registrazione, sale prove, stanze d’albergo. Tra palco e realtà, altri ricordi, "che sono come i rutti e come i rutti tornano su" (Jannacci dixit). Pavarotti che nascondeva salami e caciotte mentre cercava di dimagrire da Chenot a Merano, Guccini che si fa pagare in vino per la sua prova d’attore in Radiofreccia, Bono Vox che lo ringrazia per aver scaldato “pure troppo” il pubblico prima di un concerto degli U2. Ma anche sputi, insulti, minacce di morte. Accadde al concerto per i festeggiamenti del Venezia-Mestre che aveva riconquistato la serie B. I Pitura Freska, amici e beniamini degli ultrà della squadra, si rifiutarono di esibirsi. I tifosi se la presero con Ligabue.

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    Invece di mutandine e reggiseni, sul palco in quell’occasione volarono accendini, monete, bottiglie di plastica, panini e sputi, “una specie di raduno di lama”. “Alcuni mi facevano il segno che mi avrebbero tagliato la gola. Dopo tre canzoni, la pioggia di oggetti e sputi cessò completamente. Quelli che minacciavano divennero sempre di meno e quelli che ballavano sempre di più, finché non ne restò solo uno, in prima fila, che continuava a mimare il gesto del taglio della gola. Dopo un po' però il servizio d'ordine sembrò dirgli: 'Sei rimasto solo tu, lascia stare…”. Quello fu uno dei suoi concerti più belli.

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