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    IL CINEMA DEI GIUSTI – ECCOLO “LA SCELTA DI ANNE” DI AUDREY DIWAN, CHE HA VINTO LA PALMA D’ORO A VENEZIA. IL FILM, PUR CON UNA MATRICE LETTERARIA COSÌ FORTE, È PIÙ CONCENTRATO NEL NON MOLLARE MAI IL PERCORSO DRAMMATICO DELLA SUA PROTAGONISTA, CHE NON DUBITA MAI DELLE SUE SCELTE, CHE NON HA MAI UN RIPENSAMENTO. FINO ALL’ABORTO. DURO, MA CON UN GRANDE RISPETTO E AMORE PER LA SUA EROINA. E BELLISSIMO. POSSIBILI PREMI, SCRIVEVO DA VENEZIA. INFATTI… - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

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    Eccolo il film che ha vinto la Palma d’Oro a Venezia. Realistico, durissimo, al punto che qualche spettatore, come è accaduto a Venezia, può lasciare la sala, “L’Evénement”, ribattezzato da noi “La scelta di Anne”, opera seconda della francese Audrey Diwan, che lo ha scritto con Marcia Romano, porta in scena un celebre romanzo di Annie Ernaux pubblicato da Gallimard vent’anni fa tradotto in Italia come “L’evento”.

     

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    Le tante lettrici della Ernaux, che ha un forte culto anche da noi, se lo ricorderanno. Un colpo al cuore, insomma, perché ricostruisce il dramma di una ragazza della provincia francese, siamo nel 1963, in un collegio per ragazze a Angoulame, alle prese con una gravidanza inaspettata che non vuole portare a termine. Alla maternità, che la farebbe precipitare in una orrenda vita da casalinga in provincia, senza nessuna preoccupazione morale o cattolica, preferisce lo studio e un futuro da letterata e da scrittrice. Così decide di abortire a tutti i costi.

     

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    E’ una scelta lucidamente atea. Ovvio. Audrey Diwan, che viene dal giornalismo e dalla sceneggiatura, ha scritto i film del marito Cedric Jimenez, come il bellissimo e recente poliziesco realistico “Bac Nord”, non ci risparmia niente. Con una tecnica di cinema realistico decisamente matura, malgrado sia la sua seconda regia, ma con grande umanità, segue la protagonista Anne, interpretata da una fantastica giovane attrice, la bravissima Anamaria Vartolomei, nella sua solitudine e nelle sue scelte, che si ritrova a fare completamente da sola.

     

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    Perché, se l’aborto era illegale a quel tempo in Francia, e non solo lì, e si finiva in galera solo a aiutare le ragazze che abortivano, era anche una sorta di macchia morale che i bravi piccoli borghesi francesi e italiani facevano finta di non vedere. “Non sono fatti miei”, si sente dire ripetutamente.

     

    Eppure siamo nella Francia di Sartre, dei primi film della Nouvelle Vague. Anne, mentre procede nella gravidanza di mese in mese, cerca inutilmente un aiuto, un appiglio, ma si ritrova sempre più sola di fronte a qualcosa che non aveva certo programmato né voluto. I medici la scaricano, non possono intervenire. Va a trovare il ragazzo che l’ha messa incinta a Bordeaux, uno studente di scienze economiche, inutilmente. Si confida con le amiche del collegio, non riesce a parlare con la madre, una Sandrine Bonnaire che ci riporta ai tempi di “Senza tetto né legge” di Agnes Varda.

     

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    Fa l’amore con un bel pompiere, senza dirgli nulla, per ristabilire la sua identità di donna. Sarà l’amica di un amico, l’unica a parlarle cercando davvero di aiutarla, a mandarla da una signora, Anna Mouglalis, che la opererà per 400 franchi. Più che probabile che la storia della Ernaux, anche lei nata in provincia nel 1940 da famiglia operaia e anche lei con desiderio di diventare scrittrice, sia autobiografica.

     

    Ma il film, pur con una matrice letteraria così forte, è più concentrato nel non mollare mai il percorso drammatico della sua protagonista, che non dubita mai delle sue scelte, che non ha mai un ripensamento. Fino all’aborto. Duro, ma con un grande rispetto e amore per la sua eroina. E bellissimo. Possibili premi, scrivevo da Venezia. Infatti… In sala da oggi.

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