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    EGALITE’, FRATERNITE’, LI-BERTE’: “IL DDL ZAN? HO VOGLIA DI SCAPPARE DALL'ITALIA CHE STA REGREDENDO.DOVREMMO RIANDARE TUTTI A VOTARE PER CACCIARE QUESTA GENTE. IN QUELL'AULA È STATO COME QUANDO UCCIDONO I TORI ALLE CORRIDE. POI PER DIRITTI SACROSANTI - GLI ALTRI PAESI HANNO LEGGI DA ANNI, E TUTTO QUELL'ASSENTEISMO ALLE ELEZIONI? FORSE SI PROTESTA TROPPO SUI SOCIAL E..."


     
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    Marinella Venegoni per "la Stampa"

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    È una Bertè molto affaccendata e un pochino nervosa nell'esercizio multitasking. Prova che questa Loredana appare personaggio credibile, mentalmente e fisicamente vivace: anche se sempre un po' sopra le righe, altrimenti che Loredana sarebbe. E' in sala La famiglia Addams 2, dove presta la sua voce alla nonna; negli studi Rai a Milano lavora nelle vesti di giurata in The Voice Senior per interpreti over 60: format che ha avuto l'anno scorso un successo inatteso, con la conduzione di Antonella Clerici.

     

    Da poco c'è stato un tour, ma riprenderà sotto la spinta del nuovo album Manifesto che esce domani. Il nervosismo è dunque comprensibile, ma giova sapere che in Manifesto l'artista abbandona il solipsismo delle ultime produzioni per una impresa più corale; è una specie di concept album sul tema a lei caro della condizione femminile.

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    Storie attuali e ficcanti, che coinvolgono body shaming e violenza domestica, senza perdere leggerezza stilistica.

     

    Sotto il segno dondolante del reggae e dell'elettronica, Bertè si apre duttile e con bella resa complessiva a collaborazioni con colleghi di diverse scuole: primo fra tutti Ligabue, tornato all'accorata ispirazione dei bei tempi in Ho smesso di tacere; fra gli autori il produttore Chiaravalli, Curreri, Legno, Zanotti dei Pinguini Tattici che apre con «Bollywood, mentre il verso più originale è del Cile: «Vorrei tutti i miei sbagli patrimonio dell'Unesco».

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    Ospiti cantanti Fedez, J-Ax, il rapper Nitro. Tante ispirazioni, cara Loredana. Ma quale vita è più ispirante della sua?

    «Ci sono tante sfaccettature che rappresentano me, ma anche tante donne diverse. Però c'è un vissuto che è mio nell'arco della mia vita, per questo l'ho chiamato Manifesto».

     

    Quale è il gioiello?

    «Ho smesso di tacere di Ligabue. Mi ha presa molto, è incredibile che lui, come uomo, abbia scritto con una sensibilità pazzesca, dopo aver letto una mia intervista di una violenza a 15 anni a Torino, massacrata di botte e violentata.

     

    Un pezzo delicato, me l'ha mandato senza che glielo avessi chiesto. E mi fa schifo che una donna si debba vergognare se le succede una cosa simile».

     

    S' immagina la sua furia per l'esito del Decreto Zan.

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    «Io dico che dovremmo riandare tutti a votare per cacciare questa gente. In quell'aula è stato come quando uccidono i tori alle corride. Poi per diritti sacrosanti: gli altri paesi hanno leggi da anni, ho voglia di scappare dall'Italia che sta regredendo. E tutto quell'assenteismo alle elezioni? Forse si protesta troppo sui social e poi non vanno più a votare».

    Disco all'insegna del reggae.

    «Mi è sempre appartenuto. Questa volta con la mia manager abbiamo ascoltato centinaia di brani e ci abbiamo lavorato sopra: alcuni li abbiamo cambiati, alcuni li ho bertizzati. Otto mesi di lavoro».

     

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    C'è Fedez in Lacrime e Limousine, ispirato ad Amy Winehouse. J Ax canta Donne di ferro» e Curreri il rock bello tosto di Quelli come me.

    «Con Fedez c'è un omaggio a Amy, non troppo velato. Alcuni finiscono in abissi da cui non tornano; la vita di chi fa il mio mestiere è spesso complicata anche se può sembrare affascinante, si è sempre in viaggio e si perde il contatto con noi stessi. Con J Ax e Curreri scorrono personalità fuori dalle righe: sono ritratti di una donna forte e indipendente, che fa paura agli uomini. I femminicidi ricorrenti non si possono più sopportare».

     

    Ora si è buttata sul cinema.

    «Io faccio la nonna rock che ascolta i Talking Heads: mi sono innamorata del doppiaggio. Gli Addams mettono in discussione la mancanza di identità e la diversità. Sono molto più avanti dei nostri politici ».

    loredana berte' foto di guido harari loredana berte' foto di guido harari

     

     

    BERTE’

    Rita Vecchio per leggo.it

     

    Donna di ferro. Dark lady coraggiosa, che si schiera contro ogni forma di violenza. Che si ribella al ruolo di donna oggetto. Non ha mai avuto paura, Loredana Bertè. Nella vita, prima ancora che nella musica. La sua Non sono una Signora (certificato Platino per il digitale a 40 anni dalla pubblicazione) l’hanno cantata quasi due generazioni. A dimostrare, ancora oggi, che lei è fuori da ogni schema, è il nuovo disco Manifesto, prodotto da Luca Chiaravalli per Warner, in uscita il 5 novembre.

     

    E allora, perché proprio il titolo “Manifesto”? «Perché non mi sono mai smentita. Sono sempre stata coerente con me stessa, con gli altri… con le altre. È il mio “manifesto” più vero. In questo album rappresento le donne in cui mi riconosco».

     

     

    Dalla Dark Lady alla donna di “Smettere di Tacere”.

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    «Quest’ultima è un gioiello, senza retorica. Ligabue ha scritto il brano prima di tutto per lui. Me l’ha inviato immediatamente dopo avere letto un’intervista in cui raccontavo di essere stata massacrata di botte e stuprata. L’ho cantata subito. Quasi piangevo. Mi ha ricordato quei giorni bui e terribili della mia vita che ancora non riesco a dimenticare.

     

    Ci ho messo 20 anni a denunciare, quando bisognerebbe denunciare subito. La violenza tutta va denunciata. Ma allora avevo vergogna. Ero stata l’oggetto di questo schifo, di questa bruttura così terrificante. E la cosa grave è che spesso a farti sentire sporca è la stessa società».

     

     

    Per smettere di tacere serve coraggio, scrive Ligabue. Qual è il prezzo da pagare?

    «Anche la morte. Tre femminicidi al giorno da quando è iniziato l’anno. I numeri parlano».

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    Nel singolo “Bollywood”, scritto con Zanotti dei PTN, dipinge la società attuale.

    «È un brano di denuncia di un “musical” chiamato politica. Guardi in Senato cosa è successo con il DDL Zan. È una vergogna. Si figuri che in Italia c’è un sindaco che ha vietato alle ragazze di indossare minigonna e abiti scollati (sindaco di Terni, ndr) perché sarebbe sinonimo di prostituzione. Vorrei proprio sapere da questo sindaco idiota che nesso c’è. Sono scene inaccettabili. Siamo tornati al Medioevo. Siamo in un Paese retrogrado».

     

     

    Un Paese che discute se approvare la parità stipendiale.

    «È un Paese da dove si scappa. Da dove si fugge. Abbiamo una classe politica che nemmeno alla Corrida. Il popolo sovrano non conta nulla. Invece di protestare sui social, dovremmo andare al voto e mandarli tutti a casa. Di questa politica non stimo nessuno, nemmeno le donne».

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    Per chi è il dito medio in copertina?

    «Per chi mi pare. Io voglio essere chi cavolo mi pare. Anche il dito medio è giustificato. Se non vi sta bene è uguale (ride, ndr)».

     

     

    Tutto avanguardista in questo album.

    «Non posso non ricordare Andy Warhol e un anno fantastico alla Factory. Mi stimava come artista, come donna e come persona».

     

     

    Loredana Bertè è stata avanguardista.

    «Amo stare avanti. La curiosità è la mia forza. È la mia febbre. Voglio sperimentare, giocare, divertimi. Le contaminazioni sono importanti per me. Qui ne ho dato prova, collaborando con i giovani».

     

     

    Da Fedez, in “Lacrime in Limousine” in cui ricorda Amy Winehouse, a Il Cile, J-Ax, Nitro. Ma ritorna pure Gaetano Curreri in “Quelle come me”. E come sono quelle come lei?

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    «Quelle che non vanno in Paradiso, perché portano in Paradiso... Curreri da quando mi ha scoperto, è impazzito. Le sue canzoni - come le canto io - nessun’altra (ride, ndr)».

     

     

    “Vorrei i miei sbagli patrimonio dell’Unesco”, canta.

    «Certo. Perché li rifarei tutti. Nelle vita, le sconfitte servono».

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    Tra le note a margine, il ringraziamento ad Alda Merini.

    «Perché mi sento come i suoi versi. “Ma da queste profonde ferite usciranno farfalle libere”. Non a caso le farfalle, a Sanremo, me le sono messa in testa».

     

     

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