Danilo Ceccarelli per “La Stampa”
Michel Wieviorka
«La situazione per Macron è catastrofica e lo è anche per la Francia che rischia di diventare ingovernabile». Ad affermarlo dopo le prime proiezioni del secondo turno delle legislative è il sociologo Michel Wieviorka, direttore degli studi all'università Ehees di Parigi, recentemente uscito in libreria con «Alors Monsieur Macron, heureux?» (Allora signor Macron, contento?)
Che scenario si apre adesso per Macron e il governo in carica?
«La situazione sembrerà simile a quella che c'era ai tempi della Quarta Repubblica, quando l'esecutivo cercava a ogni voto importante, a ogni dibattito, di comporre una maggioranza diversa.
Il capo dello Stato proverà quindi a formarne una per ogni riforma, una volta con la destra e una volta con la sinistra, sempre se queste vorranno.
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Ma il presidente rischia anche di non poter governare per niente con un'opposizione permanente, sufficientemente forte per bloccare tutto anche se non è unita».
La maggioranza non potrà fare affidamento sui Repubblicani per far approvare le riforme previste?
«Una parte della formazione di centro-destra avrebbe voluto fare degli accordi con i macroniani. Alcuni esponenti importanti come Jean-François Copé, ex presidente del partito, lo dicevano da tempo.
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Ma il problema è chiaro: la maggior parte di loro sa che la minima alleanza con l'inquilino dell'Eliseo rappresenta la morte dei Repubblicani, per questo un certo numero la rifiuta».
Come si struttura adesso l'opposizione contro la maggioranza relativa del presidente?
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«Non ce n'è una sola, ma ben tre. Prima di tutto Marine Le Pen che è la più potente, poi la France Insoumise di Mélenchon che non sarà sempre alleata con gli altri partiti di sinistra, e infine i Repubblicani che hanno comunque salvato il salvabile mantenendo un certo numero di deputati.
Quindi, contrariamente a quello che si è detto nei giorni scorsi, non ci saranno solamente tre blocchi nel paesaggio politico francese ma almeno quattro.
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Uno scenario complicato, dove nulla è certo. Si avrà così un Parlamento liquido, dove Macron andrà a caccia di parlamentari o di alleanze che servono in un dato momento, ma anche molto rumoroso perché le opposizioni faranno sentire alta la loro voce. Per questo credo che ad oggi non c'è la capacità di trasformare il Paese nel buon senso».
Non bisogna poi dimenticare l'astensione, altro dato rilevante di queste elezioni.
«È diventata un fenomeno strutturale in Francia. È una tendenza che si riscontra ormai da anni e che non ha mai smesso di rafforzarsi. A differenza di quello che si diceva un tempo, però, oggi non si può affermare che l'astensione sia legata al fatto che gli elettori non capiscono il voto o non sono abbastanza preparati.
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Adesso è chiaro: è un comportamento politico di persone spesso educate e che hanno le idee chiare. La sensazione dei francesi è che recarsi alle urne non serva a niente. A questo si aggiunge l'impressione che i politici compongono una sorta di oligarchia che funziona solo nel loro proprio interesse».
Macron ha perso lo slancio di cinque anni fa. Quali sono stati i suoi errori?
«In questi anni Macron non è stato democratico e si è costruito da solo il suo nemico: il Rassemblement National. Si è presentato come colui che avrebbe fatto indietreggiare il partito di Le Pen, ma al tempo stesso ha costruito tutta la sua strategia politica sull'idea che questo era il suo unico avversario. Ha quindi una responsabilità importante. In questi ultimi tempi, poi, non ha mai fatto una vera campagna elettorale, preferendo concentrarsi su questioni internazionali, in particolar modo la crisi ucraina».
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