Diodato Pirone per "il Messaggero"
Enzo Risso
Enzo Risso è direttore scientifico di Ipsos, fra i principali centri italiani di ricerche di mercato e di sondaggi politici. A lui chiediamo alcune chiavi di lettura del voto delle amministrative alla parzialissima ma significativa luce delle affluenze.
Dottor Risso cosa la colpisce di più dai primi dati sull'affluenza che stanno emergendo?
«Premesso che si tratta di elementi parziali che andranno analizzati compiutamente a bocce ferme, possiamo ricavare qualche linea di tendenza. La prima è che si delinea un abbassamento della partecipazione soprattutto nelle periferie anche se il fenomeno ha connotazioni diverse da città a città perché, come in tutti i voti, anche in questa tornata amministrativa si intersecano varie spinte».
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E cioè?
«Mi pare evidente che in alcune città il richiamo delle elezioni locali è stato modesto».
Cosa vuol dire?
«Prendiamo il caso di Bologna. Alle 19 ha votato circa il 30% degli aventi diritto contro il 46% del 2016. È vero che cinque anni fa si votava in un giorno solo ma la differenza è enorme. Sembra evidente che una parte degli elettori abbia deciso di stare a casa perché non ha gradito il candidato o i candidati oppure perché considerava già perdente la propria parte politica. Si tratta di ipotesi che possono riguardare tutto l'arco dei partiti ma ovviamente lo spoglio ci aiuterà a capire».
L AFFLUENZA ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE SECONDO OSHO
Cos'altro può aver raffreddato l'elettorato?
«La grande quantità di liste e di candidati certamente non ha fatto bene. Una parte degli elettori sembra aver avuto una reazione di rigetto a una proposta troppo articolata e di cui è difficile percepire l'attrazione. Ma anche i candidati non sempre sembrano essere stati all'altezza o comunque in alcune città non sono stati percepiti come leve per governare secondo le esigenze più sentite della popolazione».
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Non pensa che un governo di unità nazionale e una figura così poco retorica come quella del premier Mario Draghi abbiano potuto sopire il vento di protesta che pure in passato ha travolto proprio le urne delle elezioni amministrative?
«Paradossalmente un governo con un'ampia maggioranza non attizza la protesta perché gli elettori percepiscono che il loro voto alle amministrative difficilmente si tradurrebbe in un segnale di indebolimento del governo. L'afflato del voto di protesta è indubbiamente sceso».
Dunque nelle periferie l'ordine regna sovrano?
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«Tutt' altro. Il disagio sociale in Italia resta fortissimo e non potrebbe essere diversamente dopo lo tsunami del Covid. Il magma della rivolta però sta cercando canali diversi da quelli nei quali si era infilato negli anni scorsi».
E politicamente come si esprime?
«Intanto bisognerà analizzare bene i risultati di queste comunali. In ogni caso entrambi gli schieramenti più forti, semplificando il centro-destra e il centro-sinistra, farebbero bene a non cantare vittoria o a far finta d'aver vinto. Il messaggio di queste amministrative andrà studiato in profondità. Perché magari il profilo del voto delle grandi città sarà diverso da quello dei centri della provincia e perché comunque le periferie restano una delle linee di frattura della nostra società ancora irrisolta».
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