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    (ERA) GIALLO A ROMA: SPARITO L'AMBASCIATORE NORDCOREANO IN ITALIA. IL SUO MANDATO SAREBBE SCADUTO A BREVE E LUI SE L'È SVIGNATA CON MOGLIE E FIGLIO - UNA GRANA PER KIM JONG-UN, CHE IN GENERE IMPONE AI DIPLOMATICI DI TENERE LA FAMIGLIA IN PATRIA PROPRIO PER EVITARE DEFEZIONI. SE LUI AVEVA POTUTO PORTARLI CON SÉ, VUOL DIRE CHE ERA UN MEMBRO DELL'ÉLITE CONSIDERATO AFFIDABILE - GENERI ALIMENTARI E PIANI NUCLEARI: I MISTERIOSI TRAFFICI DEL ''DISERTORE''


     
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    1. GIALLO A ROMA, SPARITO L' AMBASCIATORE DI KIM

    Marco Ventura per ''Il Messaggero''

     

    jo song gil jo song gil

    IL CASO ROMA Una defezione di peso quella dell' ex incaricato d' affari nordcoreano a Roma, Jo Song-gil, reggente dell' Ambasciata in Italia, sparito ai primi di novembre con la moglie e uno o più figli. Il 20 dello stesso mese sarebbe scaduto il suo mandato, che di fatto equivaleva da oltre un anno a quello di ambasciatore perché l' Italia aveva espulso, nell' ottobre 2017, il titolare Mun Jong-nam in segno di protesta contro l' ultimo test nucleare effettuato da Pyongyang.

     

    STILE GUERRA FREDDA

    «Un episodio da guerra fredda che ci riporta agli anni '50-'70, quando le diserzioni verso l' Occidente erano all' ordine del giorno», dice Alfredo Mantici, già capo degli analisti del Sisde e direttore delle analisi di Oltrefrontiera. La Corea del Nord, infatti, «è rimasta l' unica frontiera della Guerra Fredda, l' unica nella quale si confrontino Est e Ovest come prima l' URSS e l' Occidente: il diplomatico richiamato in patria, oltre la cortina di ferro, decide di saltare il fosso e passa al campo occidentale. È come tornare indietro di quarant' anni».

    incontro kim jong un moon jae in 40 incontro kim jong un moon jae in 40

     

    Per capire meglio cos' è successo, «bisogna rispolverare tutti i vecchi arnesi della guerra fredda: case sicure, incontri clandestini, sfiltraggio della famiglia». Il fatto che Jo si trovasse in Italia con moglie e figli dimostra che appartiene a una famiglia di rango, privilegiata.

     

    In un' intervista alla Tv di Seul l' ultimo disertore eccellente, Thae Yong-ho, fuggito nel 2016 quando era vice-ambasciatore a Londra, spiega che ambasciatori erano padre e suocero di Jo, che per un decennio aveva lavorato nel bureau Europa del ministero degli Esteri, e ricorda che nel 2013 Jo Song-gil, oggi 46enne, aveva un figlio. Thae sottolinea che l' Ambasciata in Italia è strategica per Pyongyang, perché ogni anno negozia gli aiuti alimentari con le Agenzie dell' Onu, in particolare il PAM, «contrabbanda articoli di lusso» per la nomenklatura nordcoreana, e Jo potrebbe essere stato coinvolto pure nelle trattative per la possibile visita di Papa Francesco a Pyongyang.

     

    DONALD TRUMP KIM JONG UN STRETTA MANO DONALD TRUMP KIM JONG UN STRETTA MANO

    La notizia della fuga è uscita su un quotidiano sudcoreano, per il quale il diplomatico adesso si troverebbe in un luogo sicuro sotto protezione italiana. Altri particolari sono emersi per bocca del parlamentare Kim Min-ki dopo un' audizione del NIS, il Servizio nazionale d' Intelligence sudcoreano. Lo stesso NIS non sarebbe stato contattato da Jo, che avrebbe chiesto asilo a un non meglio precisato Paese occidentale. Procedura normale, considerato che la Corea del Nord notoriamente viola i diritti umani.

     

    LA DIPLOMAZIA

    jo song gil jo song gil

    Alla Farnesina però non risulta che Jo avesse fatto richiesta d' asilo, e comunque non avrebbe più status diplomatico. In pratica, oggi Jo Song-gil è un ex diplomatico, disertore, e non si sa dove abbia trovato rifugio. «Immagino che abbia preso contatto coi servizi italiani spiega Mantici che subito devono aver contattato i colleghi di Gran Bretagna o USA, mete preferite delle defezioni, con leggi elastiche sulla costruzione di nuove identità».

     

    Mantici ipotizza che gli italiani abbiano fatto da tramite e si siano «sobbarcati l' onere della fuga il primo giorno. Poi però lui e la famiglia saranno stati portati in un altro Paese, probabilmente gli Stati Uniti per i quali un diplomatico nordcoreano è una pedina d' oro. Ora starà vuotando il sacco in un lungo debriefing». Un' ultima notazione: «Bravi e molto professionali i servizi italiani che, sempre che le cose siano andate così, sono riusciti a mantenere il silenzio: la notizia è uscita a Seul, non a Roma».

     

     

    kim jong un e donald trump kim jong un e donald trump

    2. GENERI ALIMENTARI E PIANI NUCLEARI: I MISTERIOSI TRAFFICI DEL «DISERTORE» JO

    Guido Santevecchi per il ''Corriere della Sera''

     

     

    A chi giova e a chi può dispiacere la defezione di un diplomatico nordcoreano di alto rango? Se il numero uno dell' ambasciata a Roma è fuggito si tratta sicuramente di uno smacco per Kim Jong-un, impegnato da un anno a presentarsi come statista conciliante, attento al benessere del suo popolo e pronto a dialogare diplomaticamente con il mondo.

     

    Ma se anche un privilegiato, un membro dell' apparato di potere come era l' incaricato d' affari a Roma, sceglie di fuggire invece di tornare in patria a fine mandato, significa che la terra dei Kim non dev' essere proprio un paradiso. Aveva paura di essere punito Jo Song-gil? Oppure ha semplicemente fatto i conti e ha pensato di vendere all' estero qualche segreto del regime?

     

    jo song gil jo song gil

    Al momento Pyongyang non ha reagito alla notizia diffusa ieri a Seul. In casi simili, in passato, la Nord Corea ha accusato i servizi segreti sudisti e americani di aver tramato per destabilizzare il governo.

     

    Il mistero che circonda da quasi due mesi la scomparsa di Jo Song-gil avvalora l' ipotesi di coinvolgimento dell' intelligence di uno o più Paesi.

    Kim ha appena rilanciato la sua proposta di negoziato con Donald Trump ed eventuali rivelazioni da parte di un membro dell' élite nordista possono nuocergli. Ma possono creare imbarazzo anche al presidente sudcoreano Moon Jae-in, impegnato a mediare tra Washington e Pyongyang.

     

    A Seul dal 2016 si è rifugiato Thae Yong-ho, viceambasciatore a Londra. Il suo caso può avere similitudini con quello romano. Thae ha raccontato di una crisi di coscienza per aver servito un regime che opprime il suo popolo e viola sistematicamente le leggi internazionali. Ha ammonito che Kim non rinuncerà mai al ricatto nucleare e cerca solo di violare le sanzioni utilizzando le ambasciate come centri di raccolta e smistamento di generi di lusso per uso personale e della propria corte.

     

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    Thae sostiene di aver lavorato con Jo Song-gil, per dieci anni, al desk Europa del ministero degli Esteri; ieri ha detto che il collega a Roma era in una posizione importante, perché teneva anche i rapporti con la Fao e il Pam, agenzie Onu che coordinano gli aiuti alimentari alla Nord Corea sotto embargo e arretrata.

     

    Soprattutto, il collega Jo sarebbe diventato responsabile di un canale di traffici clandestini attraverso una società di copertura italiana. Ma oltre che di «generi di conforto» Jo sarebbe stato esperto anche di piani nucleari. Se è così, è chiaro che il traditore potrebbe avere informazioni di valore da vendere ai servizi americani (o al miglior offerente, magari interessato a tenere tutto sotto silenzio per non rovinare la nuova immagine di Kim).

    Dopo aver molto parlato in pubblico nel 2016 e nel 2017, il pentito Thae ha fatto vita molto più ritirata a Seul: ha ricevuto minacce da Pyongyang, ma anche inviti al riserbo da parte delle autorità sudcoreane che lavorano al riavvicinamento con il Nord.

     

    L' agenzia di spionaggio sudista sostiene di non essere stata contattata dal diplomatico scomparso a Roma a novembre, però rivela che sarebbe «al sicuro in un luogo protetto». Jo, 48 anni, sarebbe «figlio e genero di alti esponenti del regime». Il padre della moglie viene identificato come Lee Do-seop, ex ambasciatore a Bangkok e Hong Kong, altri due snodi strategici per il business clandestino della Dinastia nordista .

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    Quindi Jo era considerato un devoto e affidabile seguace di Kim: questo spiegherebbe perché era in Italia dal 2015, era stato promosso capo delegazione nel 2017 e gli era stato consentito di portarsi al seguito moglie e figlio. In genere, nel sistema di controlli e sospetti che vige a Pyongyang, il personale in missione all' estero deve lasciare la famiglia in patria, ostaggio potenziale per sconsigliare tradimenti.

     

    Pochi giorni fa si è saputo che le identità di copertura di un migliaio di rifugiati nordisti in Sud Corea sono state rubate da hacker. Per Pyongyang si tratta di «feccia umana»: ora che i loro dati e indirizzi sono rivelati, anche la nuova vita può diventare un incubo .

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