Mario Frongia per "la Repubblica" - Estratti
GIGI RIVA
Le sue tante torri. Riservate, silenziose, dove poter fumare e assaporare, quando serve, un goccio di whisky. Gigi Riva e la “sua” Cagliari. Una piccola grande risposta per un eroe “giovane e bello”, come canta Francesco Guccini. Nel 1963, quando dall’aereo vide le luci del capoluogo, pensò scoraggiato di dover atterrare in Africa. Durò poco.
La città, al mancino tenebroso, ha da subito teso la mano. Gente di mare e di terra, artigiani, ristoratori, meccanici. Indistruttibile, ad esempio, la fiducia nata con il pescatore Martino Rocca. «Persone semplici, come me» ha ripetuto Rombo di Tuono. Rocca lo coccola, lo nasconde e protegge. In quegli anni, i primi di una carriera che scolpirà pian piano la storia dello sport, diventa oasi di tepore domestico la casa di Pierluigi Cera.
Sposato, il libero-regista dello scudetto, tutti i giovedì dopo la partitella di metà settimana invita a cena Gigi, Tomasini e Zignoli. Mangiano polenta. Gli scapoli vivono nella foresteria di via Asti, a pochi passi dall’Amsicora. Il pranzo? Al ristorante Corallo, sotto i portici della via Roma. Rombo di Tuono e compagni rendono omaggio anche ad altri locali. Ma la buona cucina non basta.
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Riva chiede privacy. Sta a lungo per i fatti suoi. I suoi silenzi valgono più di cento parole. Anche da qui l’intesa perfetta con la sardità che per definizione non scomoda lunghe chiacchierate. Anzi. Con l’arrivo di Scopigno, filosofia e praticità umana e pallonara, le cose, se possibile, migliorano. Il tecnico è lo sparring perfetto. Gigi matura un suo essere schivo. Con l’Alfa Romeo prima e la Dino poi, scorrazza per la statale 131. Da solo. O con Roberto Boninsegna. Che quando scende racconta: «Non salirò mai più, guida da matti!». Fortini usati come airbag.
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(...)Appare poco. Gode di una sorta di “polizza” imperitura garantita da Andrea Arrica, il vicepresidente che lo ha portato nell’isola. Il golf club Is Molas a pochi passi da Pula, dove con i ferri per i mancini ha presto un discreto handicap, è una delle oasi preferite. Gigi ama il mare. Il golfo degli Angeli, ancora prima che lo scopra Max Sirena con Luna Rossa, è orizzonte perfetto. A Chia trova una villetta non troppo grande ma adatta alle sue abitudini: buona musica, Fabrizio De André, ad esempio, spaghetti come si deve, pochi amici fidati. I pararazzi girano alla larga.
Gigi è in forma, la “sua” Cagliari lo nasconde anche al Circolo militare Rossi: sui campi in mateco gioca a tennis. Nasce un’amicizia profonda con Giacomo, oste della Stella Marina di Montecristo. Che ricorda, commosso: «Per i suoi 79 anni gli ho proposto le pennette all’aragosta: era felice!». Da dirigente è noto il suo andirivieni dalla sede di via Tola, pieno centro del capoluogo, ai campi della scuola calcio che ha fondato e porta il suo nome. La culla da cui è emerso Nicolò Barella. Anche l’Accademia era una tana. Per poi dire ai suoi dirigenti: «Di Nicolò ne nasce uno ogni vent’anni, noi dobbiamo lavorare per far diventare tutti gli altri dei buoni cittadini ».
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