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    "HO ANCORA GLI INCUBI" - A 10 ANNI DAL NAUFRAGIO DELLA CONCORDIA, PARLA ERNESTO CARUSOTTI, OGGI 80ENNE, IL PRIMO SOPRAVVISSUTO RISARCITO PER L'INCIDENTE: "HO PRESO 97.692 EURO. ALL'INIZIO ME NE PROPOSERO 10 MILA, COME A TUTTI, MA ERA INACETTABILE. LA MIA VITA È CAMBIATA. RISENTO IL RUMORE DELLO SCHIANTO, RIVEDO QUELLA BARAONDA. E NON RIESCO PIÙ AD AVVICINARMI AL MARE, PENSO SEMPRE CHE AFFOGHEREI. COSA FARÒ CON QUEI SOLDI? DI CERTO NON UNA CROCIERA"


     
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    Giulia Cazzaniga per “La Verità

     

    una foto di ernesto carusotti una foto di ernesto carusotti

    Giovedì saranno 10 anni dal naufragio della Concordia, e per Ernesto Carusotti, oggi ottantenne, raccontare quella notte «è sempre una cosa tremenda». Tante volte l'ha ripercorsa nelle aule dei tribunali, dal 2017, inizio della sua battaglia legale, assistito dall'avvocato del Codacons Giuliano Leuzzi, che gli è accanto anche durante il nostro dialogo.

     

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    Ha deciso di combattere per avere di più rispetto a un risarcimento che riteneva inaccettabile - 10.000 euro circa sono stati proposti a tutti i naufraghi - perché sentiva di aver subìto un'ingiustizia: «Per me la Concordia è stata ed è ancora oggi un incubo ricorrente. Io e mia moglie siamo stati molto male».

     

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    Il tribunale di Genova ha condannato Costa Crociere a risarcirlo con 97.692 euro, «riconoscendogli un disturbo da stress post traumatico, biologico, e anche il danno esistenziale morale connesso con l'esperienza devastante», spiega Leuzzi: «È stato insomma riconosciuto che c'è stata una radicale modifica delle abitudini di vita in conseguenza di questo fatto».

     

    il naufrago della costa concordia ernesto carusotti con la moglie il naufrago della costa concordia ernesto carusotti con la moglie

    Ernesto, lei è un insegnante in pensione, giusto?

    «Ho insegnato educazione tecnica fino a 68 anni, sì. Lavoravo nelle scuole medie. Ero appassionato al mio mestiere, riuscivo a trasmettere ai ragazzi passione, inventandomi sempre cose nuove. Alcuni di loro se le ricordano ancora a distanza di anni, sa?».

     

    ernesto carusotti ernesto carusotti

    Abita a Roma, ha tre figli.

    «Dopo il matrimonio, a 29 anni, arrivarono due gemelli. E poi il terzo figlio. Oggi sono anche nonno di sette nipoti».

     

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    Una vita tranquilla, la sua, prima di quel giorno?

    «Non la definirei certo avventurosa. Anche le nostre vacanze erano sempre organizzate con percorsi precisi, andavamo in posti conosciuti. Nessun viaggio fantastico, esotico».

     

    ernesto carusotti e la moglie naufraghi della concordia ernesto carusotti e la moglie naufraghi della concordia

    Dieci anni fa decideste con sua moglie, Paola, di salire su una nave da crociera.

    «Non era la prima volta, avevamo già fatto tre o quattro vacanze così. Sulla Concordia addirittura ci eravamo stati anche due anni prima, con tutta la famiglia, figli e nipoti compresi. Non avrei mai potuto immaginare quel che sarebbe capitato».

     

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    Il 13 gennaio, l'inchino davanti all'isola del Giglio. L'impatto, il naufragio. Se le nomino Francesco Schettino, che sentimento prova?

    «Guardi, le sembrerà forse strano, ma Schettino per me è un personaggio secondario di questa vicenda. Ha ammesso il suo errore, certo, era comandante di una nave con così tanti passeggeri e ha sbagliato. È stato condannato. Ma quella nave doveva reggere l'urto, galleggiare normalmente finché tutti i passeggeri fossero scesi. Non doveva piegarsi. Mancavano invece manutenzioni e revisioni».

     

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    Morirono 32 persone.

    «Fosse successo più al largo, e se il vento non avesse tirato nella giusta direzione, i morti sarebbero stati di certo di più. E noi, Paola e io, probabilmente, saremmo rimasti dentro quella nave, in mezzo al Tirreno. I giudici, poi, hanno ampiamente accertato un'impreparazione dell'equipaggio sulle operazioni di salvataggio.

     

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    Il punto di partenza per me, quello che mi ha portato a non accettare il primo risarcimento, è abbastanza semplice: se si trasportano più di 4.000 persone, e oggi alcune navi sono in grado di ospitarne quasi il doppio, la sicurezza dev'essere certa, garantita da personale capace anche nei momenti d'emergenza.

     

    Questo mi aspetto quando compro un biglietto per una crociera: tutto compreso, sicurezza inclusa. Ma quel giorno non ho visto nulla di simile. Più ci penso, più ritorna la rabbia».

     

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    Qual è il suo ricordo più ricorrente di quella notte?

    «L'attraversamento della nave, nel buio più completo. Il salone era già in pendenza, e con mia moglie speravamo di trovare dall'altra parte una scialuppa per salvarci, ma sapevamo anche che non saremmo potuti tornare indietro, perché forse la nave si sarebbe ribaltata del tutto.

     

    Brancolavamo come fantasmi, temendo di annegare da un momento all'altro. Mia moglie a un certo punto sparì, e poi la ritrovai. Temetti di non rivederla più. La situazione era completamente fuori controllo».

     

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    Ha fatto pace con questo ricordo?

    «Il problema ritorna, di punto in bianco, a periodi. Me ne sono quasi fatto una ragione, ma nessuno mi può dire che è normale: ancora oggi ci sono momenti in cui mi sveglio di soprassalto, nel cuore della notte. Sento ancora il rumore dei piatti che cadevano e si fracassavano sul pavimento. Lo sfrigolio di rumori stridenti è rimasto nella mia mente. E la confusione generale, una tremenda baraonda».

     

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    Nella corsa alle scialuppe?

    «Nessuno di fatto ci ha aiutati, ci siamo aiutati da soli. Per questo sono stato così combattivo nella battaglia in tribunale, e ho deciso di non arrendermi. Quando l'allarme fu finalmente chiaro, perché la nave si stava già inabissando, finii con mia moglie su un lato della nave, con un centinaio di viaggiatori: l'obiettivo era farci salire su una scialuppa, calarla e metterci in salvo.

     

    Ma lo scafo della scialuppa, mentre veniva abbassato, urtò la Concordia stessa, ormai già inclinata, e a quel punto fu il panico. Provano a ritirarlo su, ma non ci riuscirono. Allora ci fecero scendere, ci ordinarono di prendere dei remi per provare a disincagliare, noi, la scialuppa».

     

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    Voi passeggeri con i remi in mano?

    «Esatto. Ma i remi si spezzarono. E tornammo a bordo, dove nel frattempo un blackout aveva sprofondato nel buio corridoi, sale, ogni ambiente. Un addetto con ricetrasmittente ci consigliò allora di attraversare la nave, assicurandoci che avremmo trovato una scialuppa funzionante. È stata un'avventura che mai avrei pensato di vivere. In vacanza, per giunta».

     

    Ricorda anche il momento dell'impatto?

    «Eravamo al teatro, dopo aver mangiato al primo turno. Clima da crociera, di fiducia, non saprei spiegarle meglio. Improvvisamente quella sferragliata, un rumore molto forte. Come se si fosse rotta qualche macchina».

     

    Era lo scoglio.

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    «Nessuno lo poteva immaginare. Stavamo assistendo a uno spettacolo di magia, e il mago scappò via come un fulmine. Fu un presagio».

     

    Scappaste subito anche voi?

    «No, perché ci dissero di tornare in cabina, e di stare tranquilli. Con Paola andammo a prendere i telefoni che avevamo lasciato in carica, e ricordo il primo blackout con lo stesso terrore di allora. Pochi secondi di un buio nero, totale. Salimmo allora sul terrazzo del dodicesimo ponte, volevo vedere cosa stesse succedendo. Vidi la fumaiola, mi sembrò che la nave stesse procedendo. E invece si stava già piegando. Ricordo che vedevo persone scendere le scale già in agitazione».

     

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    Dopo l'attraversamento della nave al buio, finalmente, la seconda scialuppa che vi ha portato in salvo sulla terraferma.

    «Sì. Ne trovammo una al quarto piano. Una bolgia, senza ordine, i passeggeri davano l'assalto. Con mia moglie saltammo sul tetto, perché era già stata calata un metro sotto la ringhiera.

     

    Ricordo che l'addetto a guidare quella scialuppa era vestito da cameriere, mi pare mi avesse servito l'aperitivo la sera prima. Si vedeva chiaramente che non era pratico, non riusciva a staccarsi dalla nave. Ricordo di avergli urlato: presto, ci viene addosso».

     

    La terra era vicina.

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    «A un certo punto pensai anche di tuffarmi e farla a nuoto. Ma capisce, avevo 70 anni allora. Mia moglie uno meno di me. Quando ero bambino, e da ragazzo, trascorrevo tutte le estati a San Felice Circeo, al mare. Dopo quel che è successo, per anni non sono più riuscito a metterci neppure i piedi, avevo ripugnanza dell'acqua, la sensazione costante che sarei potuto affogare».

     

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    Si è poi fatto aiutare da qualche psicologo?

    «Mi restano impressi i colloqui, i test. Hanno certificato scompensi nel medio-lungo periodo. Sono tanti i flash che ancora oggi mi affiorano in testa. Nel dormiveglia, spesso, sto guardando la Concordia da cui ci stiamo allontanando e ne percepisco i movimenti, il progressivo inclinamento e mi sembra che ci stia venendo addosso e ci travolga.

     

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    E poi il ricordo di quando guardai indietro prima di salire sulla scialuppa: notai che il nostro gruppo si era sfilacciato, c'era chi aveva perso terreno e capii che chi non fosse stato salvato sarebbe morto. E mi sconvolge, mi sconcerta ancora oggi tutto questo».

     

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    Ha già deciso cosa fare con quel risarcimento?

    «Vediamo quando arriverà, intanto. Ma no, non so ancora cosa farci. Non era la cifra, a importarmi, ma la soddisfazione di questa prima vittoria: non ci si poteva mettere una pietra sopra accettando un rimborso simbolico. Di certo, però, Paola e io non faremo mai più una crociera».

     

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