nina corradini
Estratto dell'articolo di Nadia Ferrigo per “La Stampa”
I calcoli folli su come perdere tre etti, magari sudando dentro a una felpona sotto al sole, saltando la cena o con i lassativi. Così tante umiliazioni e insulti da non riuscire nemmeno a metterli in fila e la diagnosi di un disturbo post-traumatico da stress. Sempre meravigliose, sia in pubblico che sulla pedana, addestrate a mascherare la realtà dietro a un sorriso.
Ecco la Nazionale italiana di ginnastica ritmica raccontata nel libro "Sorridendo sempre, ero una farfalla e mi hanno strappato le ali" di Nina Corradini, dove si racconta la spirale di crudeltà e umiliazioni subita dalle Farfalle e la storia di un'immagine vincente e di successo travolta negli scorsi mesi dalla denunce per abusi e maltrattamenti.
La voce di Nina Corradini è prima quella di una bambina entusiasta e innamorata dello sport, poi diventata quella di un'adolescente che prova a scappare dal suo stesso sogno. Nel libro scritto con Valeria Abate e pubblicato da Rizzoli si raccontano due mondi, due "stili" di lavoro ma anche di vita.
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Prima c'è la palestra di Fabriano, con la plurimedagliata allenatrice Julieta Cantaluppi, chiamata con affetto Julie. Poi arriva la convocazione nelle Farfalle, nell'Accademia internazionale di Desio con le allenatrici Emanuela Maccarani e Olga Tishina. Non ci sono i loro nomi e cognomi, perché c'è un procedimento legale ancora in corsa, così le due sono sempre chiamate con un soprannome: Dama Lunatica e Ombra perenne. Sono due piccoli mondi, tutti e due esclusivi e vincenti: da una parte le medaglie olimpiche della direttrice tecnica della Nazionale Maccarani e dall'altra le vittorie internazionali senza precedenti ottenute con Sofia Raffaeli e Milena Baldassarri, le atlete allenate nelle Marche da Cantaluppi, a sua volta ex azzurra di successo e figlia di una leggenda della ritmica mondiale come Christina Gyurov.
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Tra questi due mondi, che hanno gli stessi obiettivi e solcano le stesse pedane internazionali, c'è solo una cosa in comune: le ore di lavoro, duro, le infinite ripetizioni, i lunghi viaggi, la mancanza della famiglia e i sacrifici. Per tutto il resto nel libro di Corradini c'è una contrapposizione tra una pedana che si fa casa, famiglia, dove l'allenatrice Julie decora con le sue mani le magliette per gli allenamenti e scrive il nome delle "sue" ragazze con i brillantini, e un'altra dove al contrario si vive nel terrore del peso e dello sbaglio, del rimprovero e dell'urlo.
«A Desio tutte eravamo interscambiabili», scrive Corradini. «Un indizio fra tanti, forse il meno significativo, ma sotto gli occhi di tutti: quando una ginnasta andava via, quella che le subentrava entrava in possesso di tutto ciò che le era appartenuto. Parlo della fornitura in dotazione, e non solo della borsa con lo stemma tricolore. Le magliette, i top, le canotte, le tute: tutto. Indumenti indossati prima da un'altra, che non aveva alcun senso toglierle se non per comunicare una cosa sola: quando esci da questa struttura, ti spoglio di tutto quello che ti ho dato, e te ne vai nuda così come sei entrata. E avanti un'altra».
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Il libro pare quasi un manuale di istruzioni per le giovani ginnaste e i loro genitori, una serie di indicazioni utili a riconoscere che cosa è sacrificio e che cosa no, è solo prevaricazione. Nei ricordi di Corradini, ancor prima di Desio, ci sono anche gli allenamenti in una palestra più piccola, meno prestigiosa. «Mi stupisco ancora oggi di come mi sembrassero normali i vari "stupida", "idiota", i "non sai fare nulla" urla ti tutti i giorni in faccia a piccole di otto, dieci anni, così come a adolescenti di sedici. Quelle che adesso finalmente riesco a riconoscere come offese hanno costituito il battesimo della mia vita da ginnasta». E ancora: «Quei maledetti pollici infilati nelle scapole e conficcato nel coccige lo scarpone».
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(...) Per ginnaste e allenatrici in pedana l'obiettivo sono le Olimpiadi, per Corradini la storia è diventata un'altra e la sta scrivendo da sola, con la sua voce finalmente libera dalla paura. «Io penso che la ginnastica ritmica sia lo sport più bello del mondo e spero che quello che ho detto possa cambiare anche solo un po' il modo in cui viene insegnata – commenta l'ex Farfalla che ha lasciato la Nazionale nel 2021 -. Spero che mai nessuno si dovrà trovare di nuovo nella situazione in cui mi sono trovata io».
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