Paolo Russo per “La Stampa”
arcuri reithera 2
Quella di Reithera, il vaccino italiano che però parla svizzero, è una storia sbagliata. Emblema di una strategia vaccinale, almeno sul piano produttivo e della ricerca, tutta da rifare. Perché mentre Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania puntavano miliardi sui vaccini vincenti, noi sul piatto abbiamo messo poche fiches e tutte sulle caselle sbagliate.
Un vaccino italiano appartenente alla famiglia di quelli a vettore virale, che l'Europa smetterà di utilizzare il prossimo anno, presentato come autoctono ma sperimentato da una azienda controllata al 100% dalla società svizzera Keires e con un management legato a doppio filo con il gigante farmaceutico britannico Glaxo. Mentre del famoso polo produttivo italiano sbandierato a più riprese del Mise non si sente più parlare.
REITHERA
Forse perché anche qui si è puntato sul cavallo sbagliato: il vaccino CureVac, l'unico di quelli a Rna messaggero ad essere stato bocciato dall'Ema perché con una efficacia inferiore al 50%.
Ma partiamo dell'inizio di questa storia sbagliata. Dall'innamoramento del Governo Conte, dell'allora commissario Arcuri e del Pd di Zingaretti per quell'embrione di vaccino che era il Grad-Cov-2 dell'azienda Reithera di Castel Romano. «Una fabbrichetta con un fatturato da ridere e 200 mila euro di capitale», come la definisce in modo irriverente il professore ordinario di Microbiologia all'Università di Padova, Andrea Crisanti.
Siamo al marzo dello scorso anno quando il super-ospedale romano Spallanzani, avanguardia nella ricerca sui virus, chiude un accordo con ReiThera per avviare la sperimentazione del vaccino. Per farlo riceve 5 milioni dalla regione Lazio e 3 dal Cnr. In tutto 8 milioni di euro.
reithera castel romano
Gli unici fino a qui sborsati dall'Italia per la ricerca di un vaccino anti-Covid contro il miliardo e 200 milioni di dollari messi sul piatto dagli Usa per portare a termine le sperimentazioni sugli antidoti a Rna messaggero che ora dominano i mercati, 900 milioni di sterline investite dalla Gran Bretagna per AstraZeneca che comunque è venuto alla luce, 400 milioni spesi dalla Germania per creare uno stabilimento nuovo di zecca della sua Biontech e alzare la soglia di produzione del vaccino co-firmato con Pfizer.
Speranza e Antonella Folgore, sviluppatrice del vaccino Reithera
Mentre la Francia, visto fallire il progetto della sua Sanofi, non ha esitato un attimo a imporre all'azienda, finanziandola, di mettersi a produrre l'antidoto dell'americana Pfizer. Da noi si punta su Reithera, per la quale palesa il suo interesse anche un fondo internazionale.
Ma Arcuri ammonisce i vertici dell'azienda: «Il vaccino deve rimanere italiano», come se poi le dosi non andassero comunque ripartite in quota parte per tutti i Paesi Ue. Il fondo comunque si dilegua e Invitalia, di cui Arcuri è Ad, decide di acquistare il 30% del capitale sociale dell'impresa laziale.
Reithera
L'ex commissario ha in borsa 380 milioni di euro stanziati con il decreto di agosto per mettere piede dentro aziende considerate strategiche nella lotta al Covid. Ma passano i mesi e fino alla fine del 2020 a Reithera non arriva il becco di un quattrino. Poi a gennaio di quest' anno la svolta. Viene siglato l'accordo, bocciato a maggio dalla Corte dei Conti, che destinerebbe all'azienda 81 milioni di euro per avviare la fase due della sperimentazione.
Quella un po' più allargata sull'uomo dalla quale però presto si sfilerà lo Spallanzani, senza mai giustificarne il motivo. «Perché era oramai inutile continuare a spendersi per un vaccino a vettore virale destinato a finire come gli altri in un binario morto» si spiffera nel palazzo della Salute di Lungotevere Ripa. «Per gettarsi su un'altra impresa fallita in partenza, quella della sperimentazione del russo Sputnik», mormora qualche voce critica dentro l'ospedale romano.
Vaccino Reithera conferenza-stampa
Ma a dicembre l'entusiasmo delle nostre istituzioni scientifiche e sanitarie è alle stelle per i risultati ancora più che preliminari della fase uno. Lo è il direttore dell'Aifa, Nicola Magrini, che benedice anche l'accordo con l'azienda, raggiunto grazie «a una serie di facili e snelli rapporti personali e alla collaborazione con la struttura commissariale», non manca di sottolineare.
Mentre il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, parla di «risultati incoraggianti», con nessuna delle 100 persone coinvolte ad aver segnalato eventi avversi e oltre il 90% ad aver sviluppato anticorpi. A dire la verità quei dati presentati in conferenza stampa non convincono altri scienziati, come l'immunologa Antonella Viola e il microbiologo Enrico Bucci, secondo il quale «l'attività anticorpale, al contrario di altri vaccini, non sembrava nemmeno raggiungere quella indotta dall'infezione naturale».
roberto speranza domenico arcuri
Pur tra botte e risposta polemici si va avanti. Fino alla doccia fredda di maggio, quando la Corte dei Conti boccia senza se e senza ma l'accordo quadro dal quale poi sarebbe dovuto discernere quello di sviluppo, con procedura fast track, per utilizzare gli 81 milioni rimasti nelle casseforti statali.
I magistrati contabili contestano il fatto che l'investimento non può comprendere l'acquisto di una sede operativa e che le spese non sono ammissibili «per le finalità generali, produttive o di ricerca, anche per conto terzi, come si evince invece nel progetto presentato». Rilievi che si sarebbero potuti aggirare riformulando il contratto quadro. Ma fino ad ora il Mise di Giorgetti non ha mosso foglia.
arcuri
E il commissario Figliuolo ha espresso la sua perplessità sul progetto in sé, ricordando che «c'è stato lo stop al finanziamento perché la società sta aspettando lo scientific advice dell'Ema, conditio sine qua non per entrare nella fase 3 della sperimentazione».
DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE
La prossima settimana Reithera presenterà i dati della fase 2 che indicano al 92,5% la quota di vaccinati nella quale sono stati rilevati anticorpi. Ma l'azienda sa che non sarà facile trovare gli ingenti finanziamenti per la fase 3 di un vaccino della famiglia a vettore virale sulla quale nessuno più punta. E infatti ha fatto il passo avanti proponendosi come produttore di quelli a Rna messaggero, «grazie ai nostri bioreattori che in Italia non ha nessuno». Anche su questo dal Mise per ora nessuna risposta. Eppure proprio dal Ministero per lo sviluppo è partito da tre mesi il tavolo con Farmindustria per avviare «il polo vaccinale produttivo italiano». Del quale era stato promesso l'annuncio per giugno. Ma dal Mise ci dicono che «ancora non ci sono novità». Forse perché si sono puntate le fiches sulla produzione tricolore del tedesco CureVac, bocciato ora dall'Ema. Agli euroscettici fautori dell'autarchia vaccinale verrebbe da dire, «meno male che l'Europa c'è»