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    ESCE DAL CARCERE SIRHAN SIRHAN, IL PALESTINESE CHE UCCISE BOBBY KENNEDY – LA NOTIZIA HA SCATENATO LA RABBIA DI CHI LO CONSIDERA ANCORA UNA MINACCIA, DOPO 53 ANNI IN GALERA - IL COSTITUZIONALISTA DI HARVARD LAURENCE TRIBE: “SE NON FOSSE STATO PER IL SUO ATTO FEROCE, IL RESTO DELLA STORIA DEGLI STATI UNITI SAREBBE STATO DIVERSO” - I DUBBI E LE OMBRE SULL’OMICIDIO E IL MOTIVO PER CUI LA PROCURA DI LOS ANGELES, COME NELLE QUINDICI VOLTE PRECEDENTI, NON SI OPPORRÀ AL RILASCIO… - VIDEO


     
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    Marilisa Palumbo per il “Corriere della Sera”

     

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    L'uomo che ha ucciso il sogno americano vive da 53 anni in una cella californiana. Sirhan Sirhan dice di non ricordare nulla di quel 5 giugno del 1968 quando poco dopo la mezzanotte sparò con la sua calibro 22 a Bobby Kennedy all'Ambassador Hotel di Los Angeles, dove il senatore stava ringraziando i sostenitori per la vittoria appena ottenuta nelle primarie democratiche dello Stato.

     

    Martin Luther King era stato ucciso ad aprile, e proprio Bobby, che aveva preso la torcia kennediana dal fratello assassinato a Dallas, aveva consolato un Paese frastornato e ferito. Quando ammazzarono anche lui, per l'America si chiuse tragicamente un'intera stagione. Ecco perché tanti non riescono ad accettare il fatto che oggi Sirhan potrebbe uscire di prigione.

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    «Non riesco a comprendere perché l'assassino di Bobby Kennedy dovrebbe mai uscire dal carcere. Anche a 77 anni, potrebbe essere una minaccia. Il danno di lunga durata che ha inflitto è stato incalcolabile. Se non fosse stato per il suo atto feroce, il resto della Storia degli Stati Uniti sarebbe stato diverso», ha scritto su Twitter il costituzionalista di Harvard Laurence Tribe.

     

    E Josh Mankiewicz, giornalista figlio di Frank, famoso reporter che fu in quella campagna elettorale il portavoce di RFK e comparve esausto e stravolto dopo 24 ore di bollettini per annunciarne la morte, è lapidario: «Mio padre non è più qui per dirlo quindi lo farò io: liberare un assassino politico qualunque sia la ragione è folle». Originariamente Sirhan, palestinese con cittadinanza giordana, era stato condannato a morte, una sentenza commutata con il carcere a vita quando la California abolì per un breve periodo la pena capitale.

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    A fare la differenza dalle quindici volte precedenti in cui ha chiesto la libertà condizionata c'è che i procuratori non si opporranno. È una decisione legata non al singolo caso, bensì alla volontà della Procura progressista di Los Angeles di facilitare o almeno non opporsi al rilascio di prigionieri che hanno passato decenni dietro le sbarre, non sono più considerati un rischio per la società e le cui spese sanitarie peserebbero sulle casse del sistema penitenziario man mano che invecchiano. Sono circa 20.000 i casi che potrebbero essere sottoposti a revisione e la policy di default è che l'ufficio del procuratore non si presenti alle audienze e in alcuni casi (non in quello di Sirhan dove resterà «neutrale»), presenti una lettera a sostegno del rilascio.

     

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    Come per tutti i grandi omicidi politici, a cominciare da quello del fratello a Dallas, la morte di RFK è circondata di dubbi, teorie, punti oscuri. Sirhan non ha mai spiegato bene il perché del suo gesto, salvo dire, anni dopo in una intervista televisiva, di essersi sentito tradito dal sostegno di Kennedy a Israele nella guerra dei Sei giorni del 1967. In tanti hanno espresso dei dubbi sulla sua colpevolezza, o sul fatto che quella sera fosse l'unico a sparare. Sirhan infatti era davanti a Kennedy, mentre l'autopsia parla di un colpo a bruciapelo da dietro, e secondo successive ricostruzioni 13 colpi furono esplosi nelle cucine, mentre la pistola di Sirhan ne aveva solo otto.

     

    Qualche anno fa Robert Kennedy jr. - ora più tristemente noto per le sue campagne no-vax - aveva detto al Washington Post di aver passato tre ore in carcere con l'assassino del padre, e di esserne uscito più confuso di prima. Tanto che sia lui sia una delle sorelle, l'ex vice governatrice del Maryland Kathleen Kennedy Townsend, hanno chiesto più volte una nuova inchiesta.

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    Il sindacalista e consigliere di Kennedy Paul Schrade, tra le altre cinque persone rimaste ferite quella notte, oggi 96enne, da anni si batte per dimostrare che Sirhan sparò a lui, ma fu un secondo uomo armato a uccidere Kennedy. Nessuno della famiglia del senatore sarà oggi all'udienza. Se la commissione deciderà per il rilascio, Sirhan potrebbe essere deportato: non ha mai ottenuto la cittadinanza americana.

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