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(ANSA) Senza la Var sarebbe stata del 5.7% la percentuale di errori arbitrali, limitata allo 0.89% nel primo anno in cui il progetto è stato introdotto in Serie A e coppa Italia. Lo sottolinea il bilancio stilato da Lega Serie A e Aia, che indica anche gli aspetti da migliorare: il sistema audio che in alcuni casi ha creato disfunzionalità; l'uniformità della linea di intervento restringendo il concetto di 'errore chiaro ed evidente'; l'ottimizzazione dei tempi per evitare sovrapposizioni fra la revisione dell'arbitro al video e arbitro in campo;
l'introduzione di un software Hawk Eye per posizionare la linea del fuorigioco. In 397 partite sono stati effettuati 2.023 check (fra cui 538 rigori, 407 espulsioni, 1.060 gol), con 117 correzioni arbitrali (59 rigori, 16 espulsioni, 42 gol): in media un intervento ogni 3.39 partite, con una netta riduzione della durata a 31.5 secondi, rispetto al minuto e 22 secondi delle prime giornate. Il tempo effettivo è aumentato di 43", più del recupero (+13") e c'è stata un'espulsione per proteste rispetto alle 11 dell'anno scorso.
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"Minima interferenza per il massimo beneficio, come auspicato ad inizio progetto - evidenzia il report -. L'anticipazione di un anno della start up ha reso ancora maggiormente significativo il risultato ottenuto. Il progetto Var italiano è diventato il punto di riferimento e di interesse per tutte le organizzazioni internazionali in termini di sviluppo e risorse".
L' AUSTERITY HA CRISTALLIZZATO I RAPPORTI DI FORZA
Carlo Laudisa per la Gazzetta dello Sport
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C' è un' Europa a due velocità anche nel calcio. È quella del fair play finanziario dell' Uefa, che si preoccupa di dare stabilità al sistema, con il merito evidente di aver allontanato lo spettro dei debiti. Peccato che quest' attenzione per i conti abbia cristallizzato i rapporti di forza, stratificando il potenziale tecnico ed economico dei club.
Ed è singolare che anche l' Unione Europea soffra della stessa malattia, con l' Italia in prima fila nel chiedere ai tecnocrati di Bruxelles più duttilità sul proprio disavanzo statale. E dopo il recente voto popolare il nostro Paese chiede un' apertura di credito, proprio come il nostro calcio di punta, che ha appena avuto 4 posti in Champions ma convive con un presente precario.
Tutti si prodigano per tornare competitivi nel Vecchio Continente. Ma come? Gli ostacoli sono tanti, in parte dovuti anche ai nostri difetti congeniti. Non facciamo sistema e fatichiamo a crescere.
REAL MADRID JUVENTUS - IL FACCIA A FACCIA TRA BUFFON E L ARBITRO
MONITORAGGIO È vero che la Juve fa storia a sé e si è già conquistata con merito un posto nell' Olimpo, ma tutte le altre nostre big balbettano quando devono fare i conti con il monitoraggio dell' inquisizione di Nyon. Sono benvenute le recenti innovazioni del fair play 2.0 che vanno nella direzione della trasparenza e mettono alle strette le nuove forme di elusione. Nulla da dire, lo spirito è quello giusto, ma nessuna di queste norme entra nel merito del vitale diritto alla libera concorrenza.
al khelaifi
Con questa formula chi è già ricco è aiutato ad arricchirsi sempre di più, ma a chi sta dietro manca il fiato per inseguire il gruppo di testa. Per esempio, la prossima settimana da Nyon dovrebbe arrivare una sanzione contro il Psg (dalla limitazione della rosa al blocco del mercato) per le sponsorizzazioni opache arrivate dal Qatar (aiuti di Stato?) in relazione ai 402 milioni spesi la scorsa estate per Neymar e Mbappé. Come dimostra il caso Psg, la ristretta cerchia delle grandi ha dei margini di crescita ormai inarrestabili, mentre chi è sotto il target dei 400 milioni di fatturato non riesce a vedere la luce.
L' attuale sistema è perverso perché lega la crescita di un club esclusivamente al lievitare dei ricavi. E guarda caso in questi anni il tema delle sponsorizzazioni opache è stato strettamente collegato ai benefici per quelle società che hanno alle spalle una proprietà-Stato (come Manchester City e Psg). Sono depositarie di un potere trasversale le due grandi di Spagna (Real e Barcellona).
PSG cavani mbappe' neymar
Così come l' anima popolare del Bayern è l' emblema della locomotiva autarchica tedesca. A maggior ragione il boom economico della Premier traina un temibile plotone di club (i Manchester, il Liverpool, il Chelsea e l' Arsenal) che guarda caso siedono stabilmente nella hit dei fatturati. Ciascuna realtà ha le sue esigenze e le inevitabili criticità.
È arduo indicare un' unica strada, che stia bene a tutti. E l' anomalia-Italia paga soprattutto il declino di Berlusconi e Moratti. Inter e Milan faticano a riprendere quota a dispetto di un brand ancora importante. Senza entrare nel merito delle vicissitudini di Mister Li e dell' attesa per il verdetto sui rossoneri, la stessa famiglia Zhang (che pure ha dimostrato solidità) deve sottostare a costanti controlli. La prossima settimana il management nerazzurro negozierà in Svizzera le nuove condizioni.
guardiola city
SETTLEMENT E dire che l' Inter è formalmente in uscita dal tunnel dell' ultimo settlement, ha fatto i compiti con diligenza, ma gli esami non finiscono mai. Senza appellarsi al concetto delle deroghe (già note all' UE), non sarebbe più semplice concedere una wild card ai club ri-emergenti?
Prendiamo la voce «finanziamento soci»: ora l' azionista di maggioranza non può anticipare cifre significative sul mercato garantendo con fidejussioni. Le attuali norme indicano solo la via maestra dell' aumento di capitale, una tutela per tutti (per carità) ma su questo aspetto si noti un amaro retrogusto. Nel recente passato i veti in sede Uefa a determinate aperture sono stati intimati proprio da quei club che guardano tutti dall' alto in basso. E nel brusio dei «no» spiccano i «nein»... Siamo alle solite. La strada delle riforme è stretta e impervia. Nel 2009 Platini concepì il fair play per frenare le manie di grandezza di Florentino Perez. Quasi 10 anni dopo il Real è sempre più Real.
Possibile che l' Italia non trovi i suoi spazi vitali?
BERLUSCONI MORATTI