GABRIELE ROSANA per il Messaggero
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Le regole del Patto di Stabilità «non devono frenare la crescita», l'Europa ha semmai bisogno «di una nuova disciplina fiscale che renda possibili gli investimenti su larga scala necessari alle prossime generazioni» e «nuove proposte sul finanziamento della spesa pubblica».
Dal Trattato del Quirinale alle colonne del Financial Times, dove ieri il premier italiano Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron hanno firmato un editoriale, si rafforza l'asse Roma-Parigi per la riforma della governance economica dell'Ue. È l'ultimo affondo congiunto, in chiusura di anno, per giocare d'anticipo sugli altri governi, a cominciare dai frugali, e continuare così pure il pressing sulla nuova Germania del neo-cancelliere Olaf Scholz, che per ora - al netto di qualche timida apertura al processo di riforma, condivisa con gli olandesi - pratica cautela sul dossier che più d'ogni altro dominerà l'agenda Ue nel 2022.
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GLI SCENARI Nei prossimi mesi si gioca infatti la partita sul futuro del Patto di Stabilità, la disciplina Ue sui conti pubblici che, tra le altre cose, fissa le soglie del deficit al di sotto del 3% e del rapporto debito/Pil al 60%. Rimarrà congelata ancora per tutto l'anno, prima di tornare ad applicarsi il 1° gennaio 2023, quando Bruxelles - che ha nel frattempo avviato una consultazione fra i governi - vuole avere già una nuova cornice di riferimento. Il braccio di ferro tra Sud e Nord Europa è quindi annunciato, e posizionamenti e alleanze andranno monitorati da vicino: se da una parte Berlino dice di voler «garantire crescita, sostenibilità del debito e investimenti verdi», dall'altra difende «la flessibilità dimostrata finora» dal Patto.
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Insomma, i falchi non si sono ancora fatti davvero colombe e, freschi di insediamento, sanno bene che sia Draghi sia Macron potrebbero interrompere il loro mandato a inizio 2022, l'uno per una possibile ascesa al Quirinale, l'altro per l'insidioso appuntamento che lo attende con le urne francesi, in primavera. Premier e presidente alla testa dell'Europa mediterranea serrano i ranghi e esortano al cambio di passo: «Già prima della pandemia la disciplina fiscale Ue aveva bisogno di essere riformata. È troppo oscura ed eccessivamente complessa. Ha limitato l'azione dei governi durante le varie crisi e sovraccaricato la risposta di politica monetaria».
sergio mattarella emmanuel macron mario draghi
IL NUOVO CORSO Roma e Parigi vogliono scongiurare un ritorno all'austerità e per questo - scrivono Draghi e Macron - invitano a far tesoro della lezione della pandemia e dell'esperienza del debito comune inaugurata con il Recovery Plan: «Spesso l'Europa è accusata di fare troppo poco e troppo tardi di fronte alle crisi. Invece, la nostra risposta collettiva all'emergenza Covid-19 ha dimostrato il potere di un'azione coraggiosa presa per tempo e il beneficio del coordinamento fra Paesi e istituzioni». Sul Patto, Draghi e Macron sono convinti che «non c'è dubbio che dobbiamo ridurre gli attuali livelli di indebitamento.
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Ma non possiamo aspettarci di farlo attraverso tasse più alte o tagli non sostenibili alla spesa sociale. In Italia e Francia abbiamo già realizzato riforme ambiziose, e abbiamo raggiunto risultati tangibili. Adesso è tempo di andare oltre. Dobbiamo accompagnare le riforme e le trasformazioni in corso con investimenti su grande scala in ricerca, infrastrutture, digitalizzazione e difesa.
Abbiamo bisogno di una strategia per la crescita nel prossimo decennio e dobbiamo essere pronti a sostenerla attraverso investimenti comuni e migliore coordinamento. Non solo durante le crisi». L'editoriale a doppia firma non fornisce indicazioni concrete, ma delinea un metodo: conciliare disciplina dei bilanci con crescita e investimenti.
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Le proposte che mettono d'accordo Roma e Parigi sono note: passano dalla golden rule per scomputare dal calcolo del deficit gli investimenti per sostenere la doppia transizione ecologica e digitale al cuore del Recovery Plan (su cui si è riversata la doccia fredda del vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis due giorni fa, proprio sul Financial Times), e da regole più soft sui tempi per il rientro dal debito. È però dietro un link che si cela la vera materia del contendere, che tira in ballo il dibattito sul Recovery permanente osteggiato dalla Germania e dai frugali come Paesi Bassi, Austria e Finlandia: Draghi e Macron rimandano a una lettura tecnica, un dettagliato documento scritto da quattro economisti, due dei quali consulenti di Palazzo Chigi ed Eliseo, che propone anche la creazione di un'agenzia Ue per l'acquisto dei titoli del debito nazionale. La contesa al cuore dell'Europa non è che all'inizio.
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