Estratto dell'articolo di Benedetta Perilli da “la Repubblica”
riccardo noury foto di bacco
«Nella vicenda della carcerazione in Belgio di Francesco Giorgi ed Eva Kaili c'è in gioco il principio non derogabile del migliore interesse del minore, la loro figlia di quasi due anni. È un principio sancito dalla convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza adottata nel 1989 anche dal Belgio.
Che il minore debba stare almeno con uno dei due genitori è indiscutibile, lo suggerisce il buon senso ancor prima del diritto internazionale». A parlare è Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che esprime il parere dell'associazione per la difesa dei diritti umani sul caso della figlia della coppia coinvolta nell'inchiesta Qatargate.
EVA KAILI
Attualmente la bambina è stata affidata al nonno materno, quali altre soluzioni potrebbero essere adottate?
«L'Italia ha una situazione legislativa migliore di quella del Belgio perché consente ai minori di non perdere i contatti soprattutto con la genitrice. Se questa si trova in prigione i minori possono stare con la madre tenendo in considerazione però la raccomandazione del Consiglio d'Europa: in presenza di un ambiente incompatibile con la salute del bambino, devono essere trovare misure alternative».
Ovvero?
«In questo caso la soluzione più ovvia è quella dei domiciliari, ma non è che Amnesty debba suggerire alla magistratura belga quale misura adottare. L'invito è quello di tener conto dell'interesse superiore della bambina rispetto persino a un eventuale danno che potrebbe arrivare alle indagini se venisse adottato un provvedimento diverso dal carcere. Altrimenti si crea un paradosso».
Quale?
FRANCESCO GIORGI EVA KAILI
«Quello di un'inchiesta che nasce da un'azione corruttiva svolta per mettere a tacere il dramma dei diritti violati, che poi produce una violazione dei diritti di una singola persona. Di diritti violati in Qatar mi sono occupato negli ultimi dodici anni, scrivendoci anche un libro, e chiedendomi come nessuno ne parlasse.
Ora la risposta è arrivata: c'era gente pagata perché si dicesse tutto il bene possibile sul Qatar. Ma se poi l'inchiesta in questione produce, tra i mille aspetti positivi, anche una situazione di violazione dei diritti fondamentali, tra l'altro di un soggetto vulnerabile e che secondo il diritto internazionale è meritevole di un'attenzione speciale, allora c'è qualcosa che non va» […]
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